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Cosa dire? Non sono un avvocato, né un’addetta ai lavori. Sono una cittadina aquilana, una dei tanti. Non conosco le regole della Giustizia, non conosco i cavilli legali. Posso aspettare di leggere le motivazioni della sentenza che ha assolto in appello gli scienziati della Commissione Grandi Rischi. Anche lì, potrò applicarmi per capire, ma resto solo una vittima, una delle settantamila. Una che ce l’ha fatta a salvare la vita. Una che avrebbe potuto morire, quella notte.
Non mi permetto di giudicare la sentenza, non ho le armi per farlo. Ma posso dire che, ancora una volta, la verità è stata sconfitta. Perché la verità è una ed una sola e nessuno meglio delle vittime può conoscerla.
La rassicurazione c’è stata e c’è stata in seguito ad una riunione frettolosa che voleva giungere solo a quella conclusione: le continue scosse scaricano, non c’è motivo di allarmarsi. Chi ha rassicurato, il capro espiatorio di tutta la vicenda, Bernardo De Bernardinis, funzionario della Protezione Civile, ha veicolato ciò che gli scienziati avevano detto, o ha inventato il tutto di sana pianta? Se ha inventato, o travisato, perché gli esimi scienziati non lo hanno smentito? Ma il fatto, per la Corte, non sussiste. Sono scienziati, non comunicatori. Lo ha deciso una Corte d’Appello, ribaltando la sentenza di condanna a sei anni, pur non essendo riuscita ad acquisire alcuna nuova prova, né elemento aggiuntivo a quanto già emerso in prima istanza. Per noi digiuni di Legge, quasi una sentenza già decisa, all’origine. Una sentenza che ristabilisce l’importanza dei forti, lo Stato, contro la nullità dei deboli, le vittime.
Mi domando come si sentano i parenti delle vittime, quelli che, sopravvissuti, recano il carico della responsabilità di aver tenuto in casa in loro congiunti, rassicurandoli, perché loro stessi si erano sentiti rassicurati. Mi domando come si possano sentire, loro, già così tanto provati dalla vita, nel sapere che nessuno è colpevole, fra quei luminari della scienza che, al termine di una riunione di venti minuti, frettolosa, superficiale, infruttuosa, hanno lasciato la nostra città, dimenticandola. Dimenticandoci.
So come ci sentiamo noi cittadini sopravvissuti: ancora carta straccia, ancora vittime, ancora soli.
Restano le parole di Guido Bertolaso, al telefono con Daniela Stati, restano come pietre : “…la cosa importante è che adesso De Bernardinis ti chiama per dirti dove volete fare la riunione. Io non vengo, ma vengono Zamberletti, Barberi, Boschi, quindi i luminari del terremoto d’Italia. Li faccio venire all’Aquila o da te o in prefettura, decidete voi, a me non frega niente, di modo che è più un’operazione mediatica, hai capito? …. Così loro, che sono i massimi esperti di terremoti diranno: è una situazione normale, sono fenomeni che si verificano, meglio che ci siano 100 scosse di 4 scala Richter piuttosto che il silenzio perché 100 scosse servono a liberare energia e non ci sarà mai la scossa, quella che fa male. Hai capito?”
Parole non valutate dalla Corte, parole defalcate. Eppure dirimenti, chiare. Inesorabili.
Restano quelle 309 vittime. Nel nostro cuore come pietra, sulle loro coscienze. Possono non sentirle, sulle loro coscienze, gli scienziati, se riescono a non conservare umanità, ma ci sono.
Inesorabili.
Anna Pacifica Colasacco, aquilana. Terremotata
Fonte: Cuore di pietre | L'Aquila da ricostruire
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