Anna Lombroso per il Simplicissimus
Una flotta di barchini, topi, caicci, sandoleti, pelate, (n.d.r. tipiche imbarcazioni veneziane), ma anche gommoni, gondolini, motoscafi avrebbe dovuto imbarcare oggi un piccolo esercito e muoversi lungo il Canal Grande, verso il Bacino di San Marco, proprio come per la festa del Redentor, quando si equipaggia qualsiasi imbarcazione piccola e grande di bigoli in salsa, pevarada, fiaschi e angurie, la si addobba co le luminarie e i balonsini, accogliendo amici e sconosciuti.
Avrebbe dovuto, perché invece il dissenso sia pure ruspante, festoso e irridente, lo sberleffo del corteo acqueo contro il gigantismo ottuso delle grande navi, devono essere parsi minacciosi, pericolosi e ostili ai pensierosi componenti del Coordinamento delle forze di polizia, che, dopo un lungo confabulare, per bocca del Prefetto di Venezia ha motivato il suo divieto alla manifestazione, facendo riferimento a un “previdente” provvedimento del 2009 di ordine pubblico, anzi “liquido”. Sarebbe infatti raccomandabile limitare certe manifestazioni, per “ tutelare il sito del Canal Grande ritenuto patrimonio di altissimo valore storico culturale e ambientale e consentire la fruizione libera e piena di popolazione e turisti”.
A dimostrazione che il Coordinamento avrà paura di molte cose, ma non certo del ridicolo.
Il corteo, infatti, promosso dal Comitato No Grandi Navi, era stato indetto per protestare contro l’abuso quotidiano
compiuto ai danni della città, delle sue acqua, della sua bellezza, della sua integrità e del suo ambiente, dalle grandi navi, 8 delle quali sono attese proprio tra oggi e domani. Grandi navi a più piani che non solo fanno l’inchino, ma passano in Bacino di San Marco sfiorando le fondamente e lambendo l’isola di San Giorgio, per vomitare poi migliaia di avidi e indifferenti visitatori mordi e fuggi, spietatamente estranei, inevitabilmente disorientati e implacabilmente “pesanti” nelle calli, nei vaporetti, nei bar per una rapida e irriverente liturgia. Quella di chi è stato abituato a pensare che è opportuno guardarla per un momento questa città, sfiorarla, portarsene via un’immagine colta col cellulare, chè tanto è condannata: sprofonderà, si polverizzerà, si sacrificherà come è doveroso per un mito letterario, come è auspicabile succeda a uno stereotipo tanto abusato, per corrispondere a una luttuosa e punitiva aspettativa planetaria, quella dell’apocalisse della Serenissima.Il fatto è che l’interdizione del prefetto, che ha dichiarato di non volere guai, al dissenso dei veneziani e alla loro protesta corrisponde proprio allo spirito del tempo. Crea una gerarchia perfino nell’impatto ambientale: i barchini dei dimostranti più inquinanti delle navi da crociera; nei diritti: quelli dei turisti più legittimi di quelli degli indigeni; nell’economia: il profitto immediato più desiderabile dell’investimento in bellezza, arte, cultura; nella democrazia: l’interesse di pochi prioritario rispetto al volere e al benessere della cittadinanza.
Sempre di più si conferma il sospetto che una classe dirigente ottusa , incolta, indifferente e conservatrice, rapace e avara, chiusa in un egoismo castale, odi i cittadini, ne disprezzi le aspirazione, voglia annichilirne le speranze, che la loro storia fatta di conquiste, creazioni, paesaggio, memorie, sa ancora suscitare. Gli stessi che vantano l’arbitrario potere di annientare il lavoro e i suoi valori e i suoi diritti, senza dare ascolto alle parti sociali, perseverano nell’affronto all’ambiente, nelle ferite al territorio, nell’impoverimento dell’istruzione, nella privatizzazione della società.È paradossale e offensivo l’oltraggio che si compie ogni giorno ai danni di Venezia e terribilmente simbolico dell’ingiuria che si compie contro la democrazia. Venezia ha rappresentato la vocazione realizzata all’illuminato governo: della natura non sempre benigna, dell’acqua e della terra, piegate a un disegno razionale, dei cittadini, indirizzati verso il progetto politico di una sovranità solidale, e laboriosamente e lealmente impegnati nella costruzione di uno Stato forte e autorevole. Quei corpaccioni stolidi che la oltraggiano sono la mostruosa raffigurazione teatrale e drammatica della violazione della nostra sovranità di popolo, del ragionare e colloquiare insieme nell’armoniosa e bella democrazia.