Quando gli ufologi affermano, in via ipotetica, che, esseri intelligenti tecnologici potrebbero essere già tra noi, svolazzando nei cieli, facendosi ogni tanto qualche nuotata nelle immense distese idriche del pianeta, vengono additati come fanatici, creduloni e abili ad influenzare, con tesi azzardate e pseudoscientifiche, le menti di persone facilmente manipolabili... Di Antonio De Comite
Ma quando queste affermazioni provengono da scienziati non ufologi, quelle stesse persone che avevano tacciato gli ufologi come pazzi e sensazionalisti, “spezzano una lancia” a favore di questi ricercatori che, seppur con tesi azzardate, portano ad ampliare la discussione sulla presenza di intelligenze tecnologiche aliene non solo nell’universo, ma anche qui presenti tra di noi. Che differenza quindi sussiste, a parte i curricula di tutto rispetto, tra gli ufologi e gli scienziati? Nessuna, in quanto tutti parlano della stessa speculazione: la presenza aliena intelligente e tecnologica tra di noi. Una dovuta autocritica dovremmo però farla anche noi ufologi, colpevoli di “dimenticare” troppo in fretta quelle informazioni e quelle ricerche, provenienti dal mondo accademico, che potrebbero portare, senza dimenticare ovviamente il metodo scientifico, ad una accettazione definitiva della tematica ufologica in seno alle università e al mondo accademico in genere. Dopo questa dovuta premessa introduttiva, passiamo ora ad analizzare quelle due ricerche che, recentemente, hanno “rianimato” indirettamente l’ufologia, tematica per taluni in via d’estinzione per mancanza di fatti oggettivi recenti di un certo spessore. La prima risale all’anno 2011. Jacob Haqq-Misra, scienziato ricercatore presso lo Blue Marble Space Institute of Science (BMSIS) di Seattle, ipotizzò che – a nostra insaputa – oggetti artificiali alieni potrebbero essere presenti nel nostro sistema solare. Nel documento, scritto assieme al suo collega ricercatore Ravi Kopparapu, dal titolo On the likelihood of non-terrestrial artifacts in the Solar System, si afferma che “se esistesse nella galassia una vita intelligente e tecnologica, risulterebbe allora concepibile che una tale civiltà possa imbarcarsi in una strategia d’esplorazione. Civiltà extraterrestri intelligenti (ETI) possono decidere nel perseguire l’astronomia e la ricerca di pianeti orbitanti attorno ad altri sistemi stellari e, anche, decidere, di inseguire alcuni di questi obiettivi attraverso lo schieramento a distanza di astronavi esplorative“. Inoltre il documento afferma che “se delle civiltà extraterrestri intelligenti si trovassero nelle vicinanze ad osservare il sistema solare e decidessero di perseguire ulteriori esplorazioni, la prova di una presenza di una tecnologia ETI può essere rappresentata nella forma di tali sonde esploratrici“. I due ricercatori hanno anche speculato sulle dimensioni di queste astronavi e dove esse possano essere localizzate. Secondo Haqq-Misra e Kopparapu, “sonde esploratrici destinate per un altro sistema stellare sono verosimilmente di piccole dimensioni (meno di dieci metri di diametro)“, e ciò porta a credere che “qualsiasi oggetto artificiale non terrestre, presente nel nostro sistema solare, sia rimasto probabilmente inosservato“. Mentre Haqq-Misra e Kopparapu tendono a ipotizzare che queste sonde aliene possano essere localizzate nella fascia degli asteroidi, nella “cintura” di Kuiper e nelle orbite stabili intorno ad altri pianeti del sistema solare, non escludono inoltre che possano trovarsi “negli oceani profondi della Terra e nel sottosuolo lunare“. Pur non avendo prove tangibili di ciò ipotizzato, Haqq-Misra e Kopparapu sostengono comunque che essendo questi luoghi ancora, in gran parte inesplorati, non è anti-scientifico pensare che il sistema solare sia colmo di tali mezzi artificiali non terrestri. Come abbiamo visto da questa ricerca, non c’è alcuna differenza da ciò che ipotizzano da tempo molti ufologi e le teorie, plausibili scientificamente, di questi ricercatori accademici. La seconda e ultima ricerca, in ordine di pubblicazione, che sembra fantascientifica, ma la logica presuppone invece che non lo sia, è stata pubblicata nell’anno 2013. Questa volta due matematici e ricercatori dell’Università di Edimburgo, Duncan Forgan e Arwen Nicholson, nel documento dal titolo Slingshot Dynamics for Self Replicating Probes and the Effect on Exploration Timescales hanno ipotizzato che sonde spaziali extraterrestri abbiano già raggiunto il nostro sistema solare. Sembrerebbe la stessa tesi di quella proposta dai ricercatori Haqq-Misra e Kopparapu nell’anno 2011, con una sostanziale differenza: le sonde sarebbero robotiche e “auto-replicanti“. La loro teoria, pubblicata su Journal of Astrobiology e su arXiv, parte dal presupposto che tali sonde potrebbero essere così hi-tech che sarebbero invisibili agli esseri umani. Secondo il calcoli effettuati da questi due matematici, le ipotetiche sonde aliene avrebbero solo bisogno di viaggiare ad un decimo della velocità della luce, al fine di esplorare, in 10 milioni di anni, ogni parte della nostra galassia. Ma come sarebbero arrivate sin da noi? Forgan e Nicholson ipotizzano che razze aliene possano aver usato la gravità delle stelle e permesso alle sonde di “fiondarsi”, guadagnando velocità. Inoltre, flotte di sonde non terrestri potrebbero “auto-replicarsi” e costruire nuove versioni di se stesse, tramite gas e polveri, durante il viaggio attraverso lo spazio. Seppur trattandosi di ricerche puramente speculative, entrano comunque di diritto nel discorso, tanto caro a noi ufologi, del cosiddetto “cambio di paradigma” tanto auspicato e ricercato. E se il famoso “UFO Disclosure” arrivasse, non tanto dagli stessi ufologi, ma dal mondo accademico? A ben leggere sopra, l’ipotesi non è proprio improbabile o improponibile.
Fonte: ufoedintorni.wordpress.com