Français : Atiq Rahimi, écrivain afgano-français et prix Goncourt 2008, le 10 décembre 2010 à la FNAC Odéon, en compagnie du photographe Reza Deghati, pour le livre de photos de Reza : Derrière l’objectif de Reza. (Photo credit: Wikipedia)
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Atiq Rahimi, Maledetto Dostoevskij, Einaudi
Rassul ha deciso: ucciderà la vecchia usuraia che costringe la fidanzata a prostituirsi. Ma proprio quando abbassa l’ascia sulla testa della donna, è folgorato da un pensiero: sta replicando i gesti del protagonista di Delitto e castigo del suo amato Dostoevskij! Ma non siamo nella Russia dell’Ottocento, siamo nella Kabul di inizio anni Novanta, ancora scossa dagli ultimi fuochi della guerra civile tra comunisti e mujaheddin. Dando vita «al suo» Raskòl’nikov, Atiq Rahimi si interroga sulla morale e la libertà in una società presa in ostaggio dalla giustizia tribale e dalla violenza di una guerra senza fine.
Rassul, da poco tornato dall’Unione Sovietica, dove ha studiato e conosciuto le opere di Dostoevskij, vuole aiutare la sua ragazza: decide perciò di uccidere la vecchia usuraia che costringe Sophia a prostituirsi. Ma quando sta per abbassare l’ascia sulla testa della vecchia è folgorato da un’improvvisa consapevolezza: sta replicando le gesta di Raskol’nikov, il protagonista di Delitto e castigo! Preso dal panico, si allontana dal cadavere e si dà alla fuga in una città resa allucinata e surreale dai tormenti della coscienza. Ma da chi sta fuggendo Rassul? La polizia sembra indifferente a risolvere un omicidio di cui, tra l’altro, è sparito il cadavere; mentre le autorità religiose, che finita la guerra con i sovietici stanno trasformando il paese in una teocrazia, arrivano al punto di giustificare il crimine. Ben presto Rassul si rende conto che lui è l’unico a cercare un castigo per il suo delitto, l’unico, cioè, a sottostare a una qualche legge, a conservare la memoria di un’etica in un paese in cui ogni legge, ogni etica, è sospesa, mistificata, violata. Una consapevolezza che nasce anche dalla lettura dei romanzi, e primi fra tutti quelli del «maledetto» Dostoevskij. Sarà proprio questa unicità di Rassul a dare scandalo, ad attirare addosso al giovane il risentimento della comunità fino a farne una sorta di capro espiatorio collettivo.
Come sempre nei romanzi di Atiq Rahimi, il suo Afghanistan è un palcoscenico estremamente concreto, storico (che sia la Kabul dei mujaheddin o quella, dieci anni dopo, dei talebani in guerra con gli americani) e allo stesso tempo universale: il suo Afghanistan è, cioè, ogni paese, ogni epoca in cui la sospensione della legge lascia l’uomo e la sua libertà in balia di un potere né umano né libero.
Qui sotto un piccolo estratto del libro
«Dostoevskij, sì, è stato lui! Con il suo Delitto e castigo, mi ha folgorato, mi ha paralizzato. Mi ha impedito di seguire il destino del suo protagonista Raskòlnikov: uccidere una seconda donna – innocente; portare via il denaro e i gioielli che mi avrebbero ricordato il mio delitto…diventare preda dei rimorsi, sprofondare nel baratro del senso di colpa, finire ai lavori forzati…
E allora? Sempre meglio che scappare come un coglione, come uno stupido criminale. Con le mani insanguinate, ma le tasche vuote.
Che assurdità!
Che Dostoevskij sia maledetto!».