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ATLANTIDI di Marina Moretti – recensione di A.D.

Creato il 17 dicembre 2010 da Viadellebelledonne

ATLANTIDI di Marina Moretti – recensione di A.D.

 ATLANTIDI di Marina Moretti con le immagini di Sergej Glinkov, ediz. Ellerani│Editore

Lo spirito del tempo emerge, come scrive Enzo Santese, alla superficie del presente dopo un’indagine di scavo e di approfondimento che Marina Moretti, archeologa di formazione, insegnante di liceo oggi e poetessa triestina con la sua sensibilità non comune, va a prelevare negli scaffali di una storia brulicante di intrecci e filtra alla luce dell’attualità di fronte ai suoi occhi.
Atlantidi sono allora quei luoghi che, come l’omonima isola di Platone sommersa nella decadenza, invocano nuove prospettive di rinascita e di splendore. Nella coscienza della poetessa, Trieste, punto di snodo esistenziale e il Mediterraneo con le sue civiltà, sepolte ma non cancellate, non silenziose anche se sembrano immobili, ha una prospettiva inscritta nell’idea che tutto il processo evolutivo della realtà è una combinazione di slancio e di ripiegamento, di tensione e di quiete. La città è assunta come epicentro di un moto irradiante e dissolvente, che affiora e ritorna in se stesso ma diventa altresì paradigma di tutto un mondo, quello occidentale, sottoposto alle logiche della storia. Il dato poetico si deterritorializza e diventa universale e coinvolgente, potente nei rimandi dove l’abilità della poetessa recupera ogni dettaglio rimasto a lungo senza voce attraverso il “diluvio del tempo” e “l’angoscia del futuro” come ha scritto il prof. Enzo Santese. Lo scatto critico si muove sull’onda di un’ironia che graffia senza lasciare segni e dunque capaci di incidere le lande dell’anima. Non è un caso che Roberto Mussapi, uno dei più grandi poeti italiani viventi, scriva in una sua nota di aver letto con calma Atlantidi e di aver trovato la raccolta convincente e retta da una linea di poesia “forte”. Un filo diretto si dipana fra la poetica di Marina Moretti e le immagini pittoriche di Sergej Glinkov, architetto e pittore che vive a Trieste, come se i versi avessero acceso sulle superfici del pittore ucraino dei nuclei generatori attorno ai quali fluttua la dinamica figurale e l’energia cromatica. Le immagini non sono didascalie ma forza di condivisione di concetti strappati all’invisibile. Il libro è allora una perfetta fusione di immagini e di versi in cui gli archetipi diventano simboli e segnali per una ricostruzione dell’anima meglio di ogni altra disamina possibile attraverso i linguaggi non poetici. Non solo, nelle immagine di SergejGlinkov, attinti con condivisione dai versi di Marina Moretti, si stagliano possibili archetipi di una triestinità che nel “cliname” del suo passato più o meno recente, nelle sue pieghe cioè, vorrebbe riproporre. Ma quella contemporaneità che fa rarefare la figura umana, ovvero la persona come entità capace di minacciare una identità contortamente immaginata nella compulsione del desiderio della società contemporanea. Atlantidi esce nella collana “poesia sin pureza” – una innovazione eccezionale – a ricordarci il percorso di una poesia non recintata dalla letteratura ma compromessa con la vita che non lascia facili estraniamenti e abbandoni dell’Altro come ben scrisse Pablo Neruda nel 1935 e che l’editore Ellerani propone come novità assoluta in collaborazione con lo spirito dell’associazionismo culturale interpretato, nella fattispecie da Marina Moretti in qualità di direttrice della sezione letteraria dell’associazione Iniziativa Europea.
a.d.

 

Atlantidi

 Di noi gli Atlantidi

dicono che c’è stato un tempo

sì, c’è stato un tempo

- che eravamo magnifici

   potenti

servitori dell’impero

le nostre navi bruciavano il cielo

il blu dell’aria colorava i vetri

dei nostri palazzi

la nebbia è ormai calata

da un secolo

   il porto

inabissa in urti di ombre

su moli sgangherati

nei magazzini putrefatti

si preserva aria archeologica

e l’esteta in visita si compiace

di respirazioni impossibili.

Forse risorgerà ?

   E’ il sogno

- dei sopravvissuti

nella balbuzie del futuro

anche un solo paradisino

   da operetta

con statue asburgiche

e flamingo road

palme posticce e champagne.

Tutto un museo la città?

Dove si può si costruisce

il cenotafio di noi stessi

per farsi ricordare

   per ricordarsi.

   **

…ma per me qui è il solo porto

solo da qui parte l’euforia del vivere

     e la paura

verso confini terribili e mirabili

le mie navi sulle rotte dei battelli bianchi

per le isole di luce

 - anche per due sole settimane di luce

e dopo i fuochi di saluto

qui è la pietra lavata e la vita sempre altrove.

     **

Sperano di ritornare

   magari tropicali

con la bora

sperano nelle mutande

colorate dei bazar del corso

nei panfili dei magnati russi

nella vasca a cuore coi giochi d’acqua.

Vorrebbero la città un’urna

per pesci rossi

purché ci sia becchime

e sicurezza dal gatto

sempre giri in tondo.



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