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ATM – Trappola Mortale

Creato il 20 febbraio 2012 da Mistersimpatia @mistersimpatia

ATM – Trappola MortaleMentre tornano a casa dopo una festa aziendale, tre colleghi si fermano a un bancomat per ritirare dei soldi. All’improvviso, fuori dalla cabina in cui stanno facendo il prelievo, compare un uomo incappucciato che, immobile, li guarda a distanza. Le sue intenzioni diventano chiare quando lo vedono uccidere a sangue freddo una persona a passeggio con il proprio cane. Di notte e alle rigide temperature di dicembre, bloccati dietro al vetro della piccola stazione, David, Corey ed Emily cercano di sfuggire ai continui attacchi dello sconosciuto per avere salva la vita.
Dopo venti minuti di start up in cui descrive personaggi e loro peculiarità, l’esordiente David Brooks entra nel vivo di una situazione da manuale come può essere quella dell’assedio in cui lo spettatore sa già che conoscerà una sola location fino alla fine della pellicola. Thriller da camera e racconto di tensione dalle evidenti aspirazioni sociologiche, ATM – Trappola mortale non è solido quanto possa sembrare a una prima sbadata visione, benché in più di qualche passaggio riesca a dare qualche buon brivido.
Si tratta, probabilmente, del tipico racconto in cui l’esiguità della storia non lascia spazio a irreparabili errori di messa in scena, ma dove si ha comunque il reiterato sospetto che manchi sempre qualcosa. Forse c’è tutto quello che ci si aspetterebbe da una produzione del genere, ma non nelle giuste dosi: a tratti prolisso, infatti, difetta in più punti della dovuta gradazione claustrofobica, anche quando riporta in auge il vecchio topos dell’acqua che sale in una ambiente chiuso. Più che alla sceneggiatura, in quanto concatenazione di scene e sequenze, la lacuna più vistosa è comunque da imputare agli scialbi dialoghi, incapaci di far emergere davvero le tensioni tra i tre reclusi; i migliori esempi del filone, infatti, si reggono quasi sempre sul continuo specchiarsi tra l’orologeria della messa in scena e le repressioni di personaggi che, di fronte ad una situazione limite, si rivelano diversi da come li credevamo.
Solo abbozzata nello script di Chris Sparling – autore anche del copione di un altro, ma più risuscito, lavoro/scommessa come Buried-Sepolto – la loro rottura psicologica, qui, è tutta affidata alla gestualità, al dato fisico. Deludente solo per chi si aspetta una rivelazione ad effetto, il buon finale rimanda al tema del controllo e della supposta invulnerabilità della vita quotidiana, scardinando pezzo per pezzo una sicurezza che siamo portati ormai a dare troppo per scontata: c’è, insomma, il tentativo, in parte riuscito, di mostrare il lato potenzialmente terribile dell’ordinario.

Link utili del film, in basso al post…

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