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Visto al cinema. Lo sceneggiatore di Buried amplia i suoi orizzonti e scrive una storia su tre tizi che rimangono rinchiusi in un bancomat aperto 24/24 perché fuori c’è un energumeno quietamente inquietante, adeguatamente grosso e fortemente violento. Sulla carta direi che è equiparabile al “Quarto potere” dei film girati in una stanza, dove al posto di Joseph Cotten c’è un omicida sadico dentro un woolrich.
Peccato che la realtà batta la teoria sul campo della noia. La colpa è proprio li dove doveva esserci il pregio maggiore; nella sceneggiatura. Il film si apre con 20 minuti netti di chiacchiericcio fra colleghi che non crea un background ai personaggio né aumenta l’empatia, mentre crea un terribile imbarazzo al pensiero che qualcuno deve aver scritto così tante banalità patetiche e senza scopo; crea anche una certa difficoltà a sostenere lo sguardo delle persone che hai convito ad accompagnarti al cinema...
Poi inizia la parte dell’assedio nel bancomat… ecco il bello di “Buried” è che pur essendo pretestuosa l’idea di base tutto veniva reso più o meno credibile (il tizio sotterrato, il cellulare che prende, che lentamente finisce la batteria, le foto ecc…), qui invece a fronte di alcuni presupposti poco accettabili (si fermano al bancomat perché uno fa i capricci; lasciano la macchina a 100 metri per dispetto, ecc…) la storia si svolge con una serie di reazioni da parte dei protagonisti solo in parte sensate; non scappano quando dovrebbero/potrebbero, si salvano a vicenda quando non dovrebbero/potrebbero, andando avanti una storia francamente sbagliata.
Il finale aperto è una buona idea e lo sbaglia di persona sono una bella idea, ma affogano in un mare di niente.
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