La scelta della band marchigiana di debuttare con un lavoro registrato live (non durante un concerto, ma in presa diretta e al di fuori di un canonico studio di registrazione), unita al più meno volontario tributo all’album dei Pink Floyd Atom Heart Mother nella scelta del nome, fornisce i primi indizi utili per comprendere la natura di un disco che ha come sua forza motrice una spiccata voglia di perdersi nei suoni senza alcun preconcetto o forma predefinita. Il tutto possiede di certo un forte retrogusto psichedelico, ma c’è in realtà una malcelata voglia di unire post-rock, ambient, prog e persino post-metal e drone in un magma sonoro al cui interno, più che la molteplicità di ingredienti, prevalga il fluire lento del tutto. Questo lavoro di cesello sugli incastri rende possibile il convivere di singole parti e persino interi brani in apparenza distanti tra loro, dunque la giovane formazione difficilmente avrebbe potuto presentarsi con miglior biglietto da visita, proprio perché, nonostante le inevitabili imperfezioni di ogni opera prima e di ogni realtà in crescita, Border Of Human Sunsets dimostra una cura e una ricchezza sonora da far invidia a molti nomi più blasonati. La lunghezza delle tracce e la necessità di smarrirsi dentro di esse, così come quella di lasciar fluire l’intero lavoro per poterne godere appieno, rendono l’ascolto ancor più intrigante e vanno ad aggiungere punti a una piccola scheggia con cui gli Atom Made Earth fanno capolino nel panorama musicale odierno e chiedono il permesso di poter fare la propria cosa, con la dovuta calma e la passione che si percepisce tra le pieghe della scrittura. Da qui in poi si tratterà di aggiustare il tiro, decidere cosa tenere e cosa lasciare, quale spezia utilizzare per creare un proprio tratto distintivo e quanta di questa lucida schizofrenia lasciare inalterata, ma di sicuro si potrà partire da una base solida e da un primo vagito di tutto rispetto. Se il buon giorno si vede dal mattino…
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