La lettura risale a troppo tempo fa per essere sicuri della citazione. Forse era il manzoniano Don Ferrante che negava la peste perché, non essendo né sostanza né accidente, non poteva esistere. E di peste morì. I fatti sono più forti dei ragionamenti. Leggiamo ora che Antonio Ingroia si lamenta perché “il Paese va a rotoli” e “sui giornali e in tv non si fa altro che riportare dichiarazioni sui guai giudiziari di Berlusconi” (link). E questo è inammissibile: “ci sono talmente tante emergenze da affrontare”, mentre Berlusconi “è stato condannato con sentenza definitiva e ormai la sua vicenda andrebbe messa definitivamente da parte”. Il parallelo con Don Ferrante è perfetto. Nelle carte c’è scritto che Berlusconi non esiste più e il fatto che esista non ha importanza. Eppure l’ex magistrato potrebbe spingere la fantasia fino ad immaginare che se il Pdl si ritirasse dal governo si aprirebbe una crisi spaventosa. E poiché quel partito obbedisce ancora a quel signore cancellato dalla realtà, ciò che egli deciderà è di importanza capitale per la nazione. Prodezza non indifferente, per un uomo messo “definitivamente da parte”. Ingroia non comprende che gli attori sulla scena sono tre e fra essi non c’è la Cassazione. Il primo è il Pd, da un lato preoccupato che il governo cada, dall’altro obbligato a rispondere ai desideri dei suoi elettori, che da sempre vorrebbero vedere il Caimano espulso dalla politica. Ora il partito ha l’occasione di espellerlo dal Parlamento e, se lo sostiene il Cavaliere, perderà moltissimi consensi; se non lo sostiene potrebbe innescare la crisi di governo. Forse è per questo che ne parla tanto. Il secondo attore è il Pdl. Qui la maggior parte dei protagonisti, per non rischiare il cadreghino, sarebbe lieta di veder sparire in silenzio la causa di tutti questi problemi. Ma non può nemmeno permettersi di dirlo. Perché il Capo è ancora oggi la calamita dei voti e se scomunicasse qualcuno lo farebbe sparire dalla politica. Chiedere informazioni a Gianfranco Fini. Dunque, che gli piaccia o no, i pidiellini sono costretti ad obbedire a Berlusconi e a fare quello che comanda lui: se dice che si esce dal governo e si apre la crisi, si esce dal governo e si apre la crisi. Se poi per Ingroia un singolo signore che ha questo potere è solo qualcuno che non esiste perché condannato dalla Cassazione, abbiamo una diversa idea dell’esistenza. Il terzo attore è naturalmente Silvio Berlusconi personalmente. Dal momento che hanno voluto assassinarlo politicamente, alcuni pensano che lui farebbe bene ad assassinare questa coalizione. Muoia Sansone con tutti i filistei. Ma altri, come si diceva, pensano soprattutto al prezzo che pagherebbero essi stessi e dunque sarebbero lieti di un diverso comportamento: magari di un umile “passo indietro”, in nome del Paese, dell’Europa e anche di Padre Pio da Pietrelcina. Ma le loro idee non hanno nessuna importanza perché la decisione dipenderà dal lato dal quale penderà la bilancia sotto i pochi capelli dell’uomo di Arcore. Ed è comprensibile che a questo punto della sua vita egli pensi solo a sé stesso. In questo senso i suoi proclami di resistenza ad oltranza non promettono nulla di buono. Attaccato a morte dall’Italia Ufficiale, potrebbe rispondere come risponde qualunque animale che combatte per la propria sopravvivenza. Che poi la sua decisione sia effettivamente in linea con i suoi interessi, quelli del suo partito o dell’Italia, è cosa che non possiamo sapere. Ecco ciò che Ingroia, intento a guardare il dito e non la luna, sembra non capire. Se tanti si occupano del problema Berlusconi non è per amore dell’uomo o per semplice pettegolezzo: è perché dal suo comportamento potrebbe dipendere il futuro degli attuali politici; il futuro dell’Italia; e infine, quantité négligeable, il futuro di tutti noi (piaccia o meno - ndr).
Gianni Pardo |
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