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Attacco alla francia

Creato il 14 novembre 2015 da Conflittiestrategie

Sedicenti terroristi islamici hanno fatto fuori 150 persone a Parigi. Dopo Cherlie Hebdo un’altra ondata di massacri travolge i cugini transalpini. Lo sfondo sembra quello dello scontro di civiltà ma l’occhio attento non si ferma alle misere apparenze, benché il melting pot francese sembri terreno fertile per seminare zizzania etnico-religiosa. Ma non ci sembra questo il caso, poiché le difficoltà di assimilazione dei nostri vicini, avendo a che fare con immigrazione atavica, sono più di tipo economico che (solo) culturale.
Ergo, la propaganda degli uni e degli altri non esaurisce la diatriba storica che ha preso il davanti della scena sui media, occultando i veri dilemmi della fase. Come scrive Caracciolo, violenza e fanatismo religioso non sono fini in sé (lo sono per i “militonti”), e noi condividiamo. L’Intelligence d’oltralpe sta dimostrando tutta la sua inadeguatezza in questi tragici episodi, eppure se ci si espone all’odio per interventismo ed ingerenze all’estero bisognerebbe alzare la guardia. E di molto.
La Francia si è fatta trascinare dagli Usa, col peso del suo passato colonialista, negli scenari ribollenti medio-orientali e africani, laddove l’islamismo radicale prolifera e si fa manipolare dagli stessi occidentali, con effetti collaterali che si moltiplicano sfuggendo ai laboratori degli scienziati pazzi della cosiddetta civiltà superiore. Ma l’Eliseo non è la mente delle operazioni e perde di vista molte sfumature che gli si ritorcono contro.
Gli ultimi eventi di sangue ne sono un’altra macabra testimonianza. Col fuoco ci si può bruciare, soprattutto se i fili del discorso restano saldamente nelle mani degli unici che hanno veramente chiaro tutto il piano geopolitico da attuare, mentre agli alleati viene chiesto di aderire all’inevitabile finta reazione dei giusti, poiché senza una fiducia piena nell’Impero del bene si finisce catalogati in quello del male. Chi non è con noi è contro di noi, questa è la logica imperiale, ma dovendo in ogni caso accollarsi dei rischi dalla scelta obbligata, restare indietro mentre la democrazia avanza (rimorchiando amicizie sbagliate) potrebbe essere ancora più pericoloso. Ci si espone al fuoco incrociato di amici e nemici.
L’invasamento islamico, da fenomeno resistenziale locale, contro governi autoctoni corrotti e asserviti allo straniero, è divenuto pericolo globale. I talebani si erano distinti per questo, per aver scacciato i signori della guerra armati dalla solita manina forestiera, prima di essere accusati di dirottare aerei nei cieli americani ed essere disprezzati mondialmente. Non sarebbe stato più opportuno lasciarli impelagati nelle loro arcaiche faccende quotidiane piuttosto che proiettarli a forza nel XXI secolo? Dunque, la causa primordiale di tanto astio non è sicuramente di origine metafisica bensì di provocata originalità epocale. Dopo l’11 Settembre gli Usa hanno invaso Afghanistan e Iraq e poi hanno finanziato, sponsorizzato e guidato le primavere arabe inseguendo volutamente il caos per mettere disordine nelle teste degli altri. Come riferisce un Generale russo, se i soldati dell’Is si muovono bene è per merito di ufficiali iracheni, i quali non si sono schierati con il Califfo per osservanza coranica ma per amor di patria perduta. Sta di fatto che ovunque l’Alleanza Atlantica metta piede per portare libertà e democrazia accade esattamente il contrario. Ovviamente, non si ammette neanche l’errore perché l’orrore è quanto meno calcolato. I disguidi fanno parte del gioco e permettono di pesare la fedeltà dei partner. Meglio la violenza generalizzata e l’instabilità diffusa che una fetta di territorio ceduta ad un vero nemico strategico o potenzialmente tale che si affaccia nel mondo multipolare. Bisogna colpire gli interessi altrui sul nascere per non rischiare di compromettere la propria proiezione egemonica. Ed infatti, se ci pensate bene, un nuovo Stato di teste calde (Is), nel cuore del Vicino Oriente, confinante con altri stati di teste calde, ognuno con la volontà di prendere il sopravvento nell’area (dalla Turchia, all’Iran, senza dimenticare Israele) non sempre disposti alla ragionevolezza – di cui gli statunitensi sono custodi, sia in senso diplomatico che militare – è un buon modo per far venire tutti a patti. Dietro questo grande guazzabuglio ci sono ottimi scenografi che non parlano le lingue del posto ma si fanno capire. Eccome si fanno capire. Anche da chi finge di non capire. Forse i francesi hanno pestato il piede sbagliato o si sono spinti dove non avrebbero dovuto. Del resto, non è un segreto che essi, insieme a turchi, inglesi, americani e sauditi hanno finanziato lo Stato Islamico. Ricontrollino le fatture dei versamenti per cercare qualche indizio dei loro guai. Muoiono molti innocenti per governi indecenti.


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