I due attentatori del museo del Bardo a Tunisi, costato la vita a 21 persone, sarebbero stati addestrati in Libia: lo ha dichiarato il segretario di stato tunisino per la sicurezza Rafik Chelly in un’intervista trasmessa dall’emittente Al hiwar Et tounisi.
“Si tratta di due elementi estremisti salafiti. Hanno lasciato il paese a dicembre scorso per rendersi in Libia, dove hanno sono stati introdotti a tecniche di guerriglia e uso delle armi”.
Chelli ha dichiarato inoltre che “non sappiamo dove, ma in Libia esistono campi di addestramento per tunisini a Sabratha, Benghazi e Derna”.
I due assalitori, uccisi dalle forze di sicurezza nel corso dell’assalto, sono stati identificati dalle autorità come Yassine Abidi e Hatem Khachnaoui.
Il primo dei due era stato arrestato prima della sua partenza per la Libia ma non è chiaro per quale motivo.
“Entrambi erano oggetti sospetti, appartenenti alle cosiddette cellule dormienti, formate da elementi presenti nelle città, conosciuti, sappiamo che sono dei takfir (empi, apostati), e sappiamo che possono mettere a segno delle operazioni, ma bisogna mettere insieme degli indizi, delle prove per poterli arrestare” ha sostenuto il rappresentante della sicurezza.
L’attacco è stato rivendicato dal cosiddetto ‘Stato islamico’ (Is). Dal 2011 la Tunisia è in lotta contro il gruppo estremista Falange Okba Ibn Nafaâ ritenuta una branca locale di Al Qaida nel Maghreb islamico (Aqmi), che finora ha causato decine di morti tra poliziotti e militari in combattimenti lungo la frontiera algerina.
Le dichiarazioni di Chelli confermano una percezione condivisa non solo in Nord Africa, che la Libia in piena guerra civile rischi di diventare baluardo dell’estremismo e fonte di instabilità per l’intera regione.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)