Attento al potere della storia

Da Marcofre

Immaginiamo che ci sia un dialogo tra il protagonista e un personaggio. Quest’ultimo ha assistito a un piccolo reato e a un certo punto afferma:

- (…) io ho visto chi l’ha presa, e forse posso aiutarti.

Tutto bene?

Per nulla.

Il protagonista potrebbe replicare: “Ma perché non lo hai fermato, in qualche modo?”. Invece il dialogo procede, come se nulla fosse. Ma procede male.

Questo è un classico caso, nel quale si sacrifica l’efficacia per motivi ignoti. Un dialogo efficace non può conservare al suo interno degli aspetti poco logici. Non parlo di verosimiglianza come si vede, ma proprio di efficacia. Che vuol dire agire in modo che il lettore non abbia l’impressione che l’autore forzi la mano, e costringa a una certa direzione la storia. O peggio ancora, che sia distratto.

Ho già parlato, credo, del potere ammaliante della storia. Del furore che coglie chi scribacchia. Ecco: una bella doccia fredda aiuta a sbollire. Saltare in groppa a un mustang e lasciarsi guidare da lui (ammesso che si riesca a salirci sopra) è un’esperienza esaltante, forse. Non ho alcuna esperienza in merito; ma un po’ tutti sanno che un simile animale deve essere domato.

Idem per la storia.

Un lettore poco attento non avrebbe badato a questo. Avrebbe proseguito.

Un lettore attento se ne sarebbe accorto e si sarebbe chiesto per quale motivo chi scrive debba essere così poco attento… alla vita.

La mancanza di efficacia confina con la scarsa dimestichezza con la realtà. E con un eccessiva frequentazione di televisione, ma di serie C. Io per esempio amo molto la serie “Law & Order”, la considero una buona scuola per chi vuole conoscere certi meccanismi della narrazione. E se si osserva bene, e poi si legge per esempio Charles Dickens, si scoprirà che nonostante la distanza temporale, i punti in comune tra queste due realtà tanto distanti, sono in realtà parecchi.

La morale? La vera amica di chi scribacchia è l’ascia. Tagliare è necessario, quindi non fare quella faccia.


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