Muses è il mio 13esimo libro, quindi – a regola – dovrei essere abbastanza abituato a tutto il processo editoriale. Dall’idea, all’editing, all’uscita in libreria. Sì, dovrei.
Manco per sogno. Forse perché Muses ha avuto una genesi così lunga e complicata, non so spiegarlo, ma come avete notato ieri non ho scritto nessun post. Silenzio, in attesa dei primi riscontri.
Riscontri che sono arrivati. Su IBS, Anobii, anche per SMS e Twitter.
Qui trovate una prima recensione firmata il mondo racchiuso nei libri. Sono contento che il romanzo sia piaciuto, giusta ricompensa per il tempo e denaro spesi dal lettore. Ma, soprattutto, sono contento che la protagonista Alice abbia centrato – almeno secondo questa opinione – l’obiettivo che mi ero prefissato. Perché, a prescindere dalla storia e dal genere di un libro – ciò che più conta in un romanzo è l’onestà. L’onestà con cui viene mostrato un personaggio, la sua coerenza, la verità. Il desiderio che sia qualcosa di tridimensionale, reale. Che agisca e parli secondo una propria identità.
Un processo affatto facile, specialmente quando – come nel caso di Muses – si tratta di un personaggio complicato, angosciante, a volte claustrofobico a volte tagliente con la sua ironia. Una protagonista che segue una precisa evoluzione nel corso della storia. Un “dramma” che segna delle fratture, ma che comunque deve sempre ricondurre a quella che è l’indole di Alice. Nei suoi gesti, nelle parole, nel linguaggio a volte non proprio “politically correct”. Senza che l’autore calchi la mani, o la sfrutti in modo becero per esprimere le proprie idee o filosofeggiare distruggendo la trama. L’autore c’è sempre, ovvio, ma rimane dietro, nell’ombra di ciascun personaggio.
Ci sono riuscito? A voi la parola. Io, per arrivare a questo obiettivo, mi sono impegnato per quattro anni.
Vi allego infine la cartolina della prossima presentazione, a Grosseto.
PS: Ok, lo confermo. Domani uscirà il terzo e ultimo Contest su Muses.
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