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Atto I - Non ho sonno

Creato il 26 settembre 2011 da Mikdarko
Libro I "Genesi" - Capitolo 1 "Preludio"  24 maggio 1994, ore 22.06
Non ho sonno. Preferisco restare ancora un po’ qui sul balcone della mia stanza… guardare il cielo stellato, lontano dal mondo, da ogni pensiero, immerso nella mia amata solitudine. La notte è orfana di nuvole, ma i tuoni in lontananza ed un vento in crescendo sembrano voler minare il soffitto stellato, questa oscura coppa rovesciata, sconfinata e pressante; osservarla mi dà un senso di piccolezza ed ansia, al punto tale che sento il battito cardiaco accelerare e pulsare come se fosse la cassa di risonanza del ritmo dominante dell’universo.
Atto I - Non ho sonno
Tutto sembra muoversi, tutto sembra vibrare, in un’eterea danza senza origine e fine… mirabile potenza e soave armonia… mi sento rapito dal turbine dei miei pensieri persi nell’indefinito spazio. Ed ecco, giungere come una carezza, folate di vento che mi destano dal sogno ad occhi aperti. Un profondo respiro. Il caos dei pensieri cessa. Mi ancoro alla realtà, pronto ad approdare nel porto sicuro della vita.
Mi chiamo Angelo, ho 13 anni ed abito in un paesino di montagna. Non ho molti amici, anzi, credo di non volerne, o forse è più semplice dire che sto bene con me stesso; potrebbe sembrare atipico come pensiero, ma il problema è che non vivo in una grande città. Lì si è liberi di pensare per sé… o anche di non pensare; di essere “strani” o di essere “normali”: nessuno ti punta il dito per marcare la tua diversità. Milioni di visi in uno sguardo, ma che non si conosceranno mai. Qui, invece, tutti sanno di tutti. Vivi, o meglio sopravvivi, perennemente con gli occhi puntati, in un labirinto fatto di orecchie, lingue, occhi… dov’è l’uscita?
Mi rannicchio a terra, finalmente posso piangere. Con gli occhi ancora annacquati dalle lacrime mi viene spontaneo alzare lo sguardo verso coloro, che senza giudicarmi, ascoltano il mio pianto: stelle che sussurrano antiche e dolci nenie, capaci di leggere i pensieri reconditi del mio cuore.
Ora è tutto più chiaro. Non sono mai stato solo… anzi.
Saettanti draghi lucenti con il loro violento boato attraversano l’enorme massa nera carica d’acqua e di energia, nuvole oscure sono sopra il mio cielo, sinonimo di un fato ostile, interrompono la mia ritrovata quiete mentre la pioggia inizia a irrorare il mio viso esaltando, attraverso la luce dei fulmini il naturale pallore.
So di non avere paura ma questa prepotente forza mi pervade. Sento la sfida lanciata dalla natura, un guanto che mi schiaffeggia e che non fa altro che accrescere ed alimentare un indole nascosta, forte, furiosa e terribile, che spazza via la pace dalla mia anima. Come è sottile il confine tra l’armonia ed il caos, tra l’amore e l’odio, tra la vita e la morte, tra il cielo e la terra.
La pioggia diventa sempre più fitta e con rammarico rientro nella stanza, chiudo la porta del balcone rintanandomi nel mio rifugio per salvaguardare il mio cagionevole corpo; la malattia è un lusso che non posso concedermi, e così scivolo nel tepore delle mie coperte, deciso a raggiungere quella sterilità di pensiero che isola i sensi permettendo di raggiungere le braccia sicure e custodi di Morfeo.
No! Non si tratta del dio del sonno!
È l’Angelo Nero che con la sua falce lacera il mio petto.
Che strana sensazione, non provo dolore, ho solo l’impressione che qualcosa o qualcuno devi la mia mente. I sensi si risvegliano e si acutizzano, soprattutto l’udito con il quale riesco a percepire ogni pulsazione del cuore.
Apro gli occhi… mi guardo attorno.
La pulsazione dietro lo sterno diventa sempre più forte ed insopportabile. L’ansia mi assale e fatico persino a respirare. Osservo l’ambiente circostante e tutto ruota attorno a me. Ho perso il controllo del corpo e comincio a tremare. Non riesco a smettere. Frenetici sussulti delle braccia e gambe, quasi innaturali, mi conducono ad un movimento che non voglio! Non voglio che il mio corpo faccia così! Voglio controllarmi! L’ultimo ricordo è lo sforzo che compio per gridare e chiamare i miei genitori.
Mi risveglio e sono in ospedale. L’ambiente mi è purtroppo familiare e ciò mi tranquillizza. Il mio cuore sembra essersi calmato e questo mi consola. Posso finalmente riposare.
Sono al sicuro.

Copyright  2011 "Angelo, tra Cielo e Terra" scritto da Michelangelo De Bonis - Tutti i diritti riservati.




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