Questo è il terzo giorno in ospedale ed ecco finalmente il primario che, onorandomi della sua presenza, si degna di informarmi; percepisco immediatamente una sorta di indifferenza, seccato com’è dalla routine lavorativa, abbassa gli occhiali per poter leggere meglio la mia cartella clinica, alza lo sguardo su di me, un leggero ma fastidioso ghigno, e poi: «Angelo vero?... Beh, sembrerebbe che sei in ottima forma!» Hai detto bene – “condizionale” -, quindi? Spiegami cosa mi è successo tre notti fa idiota, ho bisogno di risposte certe. «Credo che l’attacco di - tachicardia - è stato provocato dallo stress, comunque, nulla di preoccupante, devi solo riposarti e svagarti un po’.»
Credo. Sembra. Questo presunto laureato in medicina, per lo più anche primario, mi ha appena detto che quella bruttissima esperienza, quel tremare frenetico, quella sensazione di esplosione del mio petto è dovuto solamente al solo stress?! Quando non si è certi delle diagnosi ogni bravo dottore che si rispetti dà la colpa allo stress; il 70% dei malati è affetta da stress! Ma poi cos’è lo stress? Devo solo riposare? Devo svagarmi? Con espressione sardonica e con la lingua completamente paralizzata, rimango immobile seduto sul letto, mentre il primario e la sua squadra passano al paziente accanto, diagnosi? Stress! Vorrei urlare.
Vorrei sbattergli quella maledetta cartella in faccia e costringerlo ad ammettere che in realtà sta brancolando nel buio e che quello che mi è successo non ha nulla a che fare con lo “stress”; c’è qualcosa che non va nel mio corpo, qualcosa di pericoloso, di cattivo, lo sento. Un momento. Forse gli esami? Tra qualche settimana dovrò affrontare i famigerati esami di scuola media. È possibile che… quello sia lo “stress”.
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