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Atto V - Morte

Creato il 30 dicembre 2011 da Mikdarko
Libro I "Genesi" - Capitolo 1 "Preludio"
2 giugno 1994, ore 3.45  Disteso sul letto d’ospedale, nella camera immersa in un profondo silenzio, illuminata da soffusi raggi di luce blu proveniente dal corridoio, di certo un colore che rilassa, tranquillizza, riduce la pressione sanguigna; luce che ammalia, affascina e mi conquista… quale potere la luce, fonte di tutte le forme di vita, poiché proprio nella luce hanno origine i colori che ci circondano in natura. 
È notte fonda.  Il caso ha voluto che i restanti letti della stanza siano vuoti… meglio, in fondo dormire con degli estranei nella stessa camera non è certo molto confortante, cosi, crogiolandomi in questa debole consolazione, scivolo nel mondo onirico, osservando un cielo grigio. Non riesco a muovere il collo, anzi sono completamente paralizzato, irrigidito in una strana posizione supina. 
Una vigorosa raffica di vento mostra danzanti e squamose foglie di cipresso che si adagiano sul mio corpo, poi la prospettiva del mio sogno cambia, ed è come se stessi in piedi. Vedo gente attorno a me: facce anonime e lugubre, affogate in un’innaturale quiete, sprofondate in un tangibile dolore. Sembra quasi una veglia, di quelle funebri, ma di chi? 
Ho uno strano presentimento, si, ho paura di voltarmi, di dar credito ad un angoscioso presentimento.  Mi giro ed alle mie spalle una macabra visione: un feretro aperto contenente il mio corpo privo di vita.  Turbato e confuso rimango impietrito dinanzi a quella visione funesta; partecipare al proprio funerale… quale orrore più assurdo. Una situazione irreale ma che al contempo mi incuriosisce 
Comincio a riconoscere alcune persone venute a darmi l’estremo saluto e lentamente, riconosco alcuni volti amici, parenti, persino persone con cui non ho mai legato, ma nessuna lacrima, nessuna parola, solo un silenzio bislacco che riecheggia in quell’attimo onirico sospeso nel tempo indefinito 
Ma vedo qualcuno… si è un ombra. Un’oscura presenza accanto alla mia bara, ha addosso un saio nero e un cappuccio a punta come un sacco ripiegato di quelli indossato nei tempi andati dai contadini e dai pastori per ripararsi dalle intemperie; mi ricorda molto l’iconografia occidentale nella rappresentazione della morte vista qualche tempo fa in una carta dei tarocchi, un sinistro mietitore, ma privo della sua falce fienaia. 
All’improvviso il tenebroso mantello viene spazzato via dalla impetuosa apertura di possenti ali scure: No! Ancora l’Angelo Nero! 
L’essere senza volto che compare ripetutamente nei miei incubi più tetri. 
Chi o cosa sei? La morte? 
La morte furiosa, la morte sicura. La morte che dona splendore e paura. La morte che viene con il suo dolore. La morte che è cieca all'odio e all'amore. La morte regina senza scettro e corona. La morte. La morte. La morte in persona. ("Totentanz" di Tiziano Sclavi). 
La tachicardia nuovamente mi sopraggiunge e il cuore inizia a picchiare più forte che mai; il guaio è che sono sveglio ma l’incubo non mi ha mai lasciato. Questa volta non ci riesco a rilassarmi. Cosa fare?... urlo. 
Arrivano due infermieri che iniettano qualcosa nel mio braccio, solo allora precipito nuovamente nel sonno, ma stavolta in un luogo senza percezione dei sensi. 
Finalmente.
Copyright 2011 "Angelo, tra Cielo e Terra" scritto da Michelangelo De Bonis - Tutti i diritti riservati.

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