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Attualità e anacronismo dei proverbi

Creato il 25 febbraio 2012 da Trinat
Attualità e anacronismo dei proverbiSfogliando la Rivista "Il Monaco Santo", del Dicembre 2011, ho trovato un articolo di Giampaolo Colavita, altre volte citato nei miei articoli, il cui titolo "Attualità e anacronismo dei proverbi" anticipa in un certo senso la pubblicazione della raccolta di Stefano Monterosso " Dissuru l'Antichi", di cui ho parlato nel mio post del 15 u.s. La differenza tra  Colavita e Monterosso è che, mentre il primo si riferisce ai proverbi della sua terra: la Puglia, Monterosso raccoglie nel suo libro modi di dire calabresi e bagnaresi, in particolare, ma sia gli uni che gli altri portano in sé la memoria del tempo passato e quindi la storia di una realtà che non c'è più, ma che  rappresenta una ricchezza culturale da conservare e tramandare alle future generazioni.Le diverse espressioni della cultura popolare non fanno altro che interpretare gli usi e i costumi di un periodo storico, ormai lontano, e di luoghi, paesi e borgate di diverse regioni ( nello specifico Puglia e Calabria) che nel corso dei decenni si sono evoluti socialmente e culturalmente, per cui hanno fatto perdere attualità ai loro modi di dire o proverbi, che, appunto perché testimonianza di un passato, vale la pena ricordarli. Colavita nel suo articolo riporta alcuni proverbi pugliesi che anche se lessicalmente diversi si avvicinano di molto ai nostri modi di dire. Ecco un esempio: " Falle cumme u prèute dice né comme u prèute fà" = "Segui ciò che il prete dice e non quello che egli fa". La saggezza popolare con questa espressione voleva invitare ( e vuole ancora oggi ) a distinguere tra la parola di Dio e il comportamento degli uomini, anche se si tratta di uomini di chiesa. E' una raccomandazione che si fa ancora oggi a chi evidenzia le contraddizioni che a volte si possono verificare nei comportamenti di chi è preposto a predicare e diffondere la parola di Dio.Un altro proverbio recita così: " Chi vò fela, file pure c'u cippere" = " Chi vuol filare, fila pure con un ceppetto" che vuol dire "chi è animato di buona volontà nel fare una cosa  trova sempre il modo di riuscire anche se ha pochi mezzi". Qui il termine "filare" ha il significato di lavorare con impegno ed è rivolto a tutti, anche se filare è un lavoro tipicamente femminile.Ed infine " U porce, quanne jè sazje arrammòcche u tròcche "= "Il maiale quando è sazio rovescia il truogolo". Il truogolo, di pietra o di legno, è il piatto dove il maiale mangia e poiché  non è un animale raffinato quando è sazio rovescia il piatto vuoto.Questo significa che una persona, alla quale si  fatto del bene, anziché essere riconoscente, disprezza quello che ha ricevuto.Simili comportamenti li troviamo anche ai giorni nostri, tanto è vero che molto spesso leggiamo nei giornali fatti di cronaca nera che mettono in evidenza omicidi di figli che uccidono i genitori o di volontari in terre di missione uccisi dai destinatari stessi della  loro opera umanitaria.Come si può evincere da quanto sopra detto, i modi di dire o i proverbi del nostro passato, anche se anacronistici nel loro lessico, sono attuali nel loro significato e per questo meritano di essere ricordati. 

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