Un’immagine artistica di AU Microscopii. Crediti: NASA/ESA/G. Bacon (STScI)
Proprio in questa stagione, volgendo lo sguardo a Sud e guardando bassi sull’orizzonte, si nota una piccola e debole costellazione situata tra il Capricorno e il Sagittario, la costellazione del Microscopio. Nella zona di cielo da essa occupata, a una distanza relativamente piccola da noi (30 anni luce), c’è AU Microscopii (AU Mic), una stella molto giovane, attiva e contornata da un disco di polveri e detriti che da diverso tempo è oggetto di studio da parte degli astronomi. Infatti, fin dalle prime osservazioni, AU Mic ha mostrato strutture asimmetriche lungo il piano mediano del disco alla distanza di circa 20 unità astronomiche dalla stella (a una distanza cioè pari a 20 volte la distanza della Terra dal Sole). Grazie allo strumento SPHERE (Spectro-Polarimetric High-contrast Exoplanet REsearch) montato sul Very Large Telescope dell’ESO che utilizza la tecnica dell’imaging ad alto contrasto, gli astronomi hanno avuto conferma di una serie di strutture nella regione a sud-est del disco di AU Mic, già osservate con l’Hubble Space Telescope nel 2010 e 2011.
SPHERE è, infatti, uno strumento in grado di rilevare deboli pianeti nelle immediate vicinanze di stelle diverse dal nostro Sole, attraverso tecniche in grado di isolare la luce proveniente dal pianeta oscurando quella della stella centrale. In questo modo è possibile ottenerne una vera e propria immagine diretta del pianeta. E l’analisi dei dati di SPHERE assieme a un riesame accurato delle osservazioni del telescopio spaziale Hubble ha confermato che tutte le strutture presenti nelle riprese del 2010 e 2011 sull’ala sud-est del disco si sono allontanate dalla stella in maniera coerente, diventando più deboli e larghe, e avvicinandosi sempre più al piano del disco.
Tali dischi di detriti sono ciò che resta del disco da cui si è formata la stella centrale e, come sappiamo oggi, anche eventuali pianeti. Essi mostrano spesso delle asimmetrie sia morfologiche sia di luminosità che possono essere il risultato delle perturbazioni gravitazionali indotte dai pianeti presenti.
L’immagine a fianco riporta solo un lato del disco dal quale è stata inoltre rimossa artificialmente gran parte della sua componente formata da detriti, per far risaltare le strutture alle tre epoche (2010, 2011 e 2014). In questo modo si è evidenziato il progressivo allontanamento delle strutture dalla stella centrale (posta all’estremità di destra della figura) a una velocità che va dai 4 ai 10 chilometri al secondo, suggerendo traiettorie altamente eccentriche o addirittura iperboliche, cioè non legate alla stella centrale. Crediti. Boccaletti et al.
Secondo Massimo Turatto, direttore dell’INAF – Osservatorio Astronomico di Padova e co-investigator dello strumento SPHERE «le immagini ottenute con SPHERE permettono di avere la visione di tutto il disco con un dettaglio senza precedenti. Nella parte sud-est del disco, vicino alla stella centrale si possono vedere le strutture ad arco già identificate da Hubble nel 2010 e 2011. Il disco è chiaramente visibile fino a 0.17 secondi d’arco dalla stella centrale (1.7 Unità Astronomiche) con una qualità addirittura superiore a quella di Hubble. La cosa più sensazionale è che, dal confronto temporale tra le nostre immagini e quelle di Hubble, si è potuto notare che tali strutture si muovono. Le loro velocità sono molto elevate tanto che le strutture più esterne sembrano muoversi di moto non-Kepleriano, associato al disco. Estrapolando le osservazioni indietro nel tempo sembra di poter trovare un’origine di tali strutture circa 15 anni fa».
Per saperne di più:
- il comunicato stampa INAF
Fonte: Media INAF | Scritto da Caterina Boccato