Cercando l’etimologia della parola arte vediamo che essa deriva dalla radice ar- che in sanscrito significa “andare verso”. Movimento, cammino e dunque creazione, produzione. Verbi che ben coniugano l’attività artistica e la vita di Augusto Daolio. Un musicista, un poeta, un pittore: in un’unica parola un artista. Nomade di etichetta, nomade nella vita e nell’anima. Un uomo sempre in cerca di qualcosa, con la voglia incessante di conoscere, scoprire e sapere. Egli stesso aveva dichiarato che «Quando non ho voglia di disegnare ho voglia di scrivere, quando non ho voglia di scrivere e non ho voglia di disegnare ho voglia di viaggiare». Una ricerca continua di spunti e desiderio di raccontare, attraverso le note, le immagini e le parole.
Era nato a Novellara il 18 febbraio del 1947 e nella stessa città si è spento il 7 ottobre del 1992. Sono passati vent’anni dalla sua scomparsa e da allora il suo nome non ha mai smesso di esistere ed essere protagonista di manifestazioni culturali a 360°. Il personaggio, quello che ha calcato le scene della musica italiana lo conosciamo tutti. Il pittore, disegnatore e poeta è una continua scoperta per molti. Nel Castello di Colloredo di Monte Albano a metà strada tra Udine e San Daniele del Friuli si ha la possibilità di conoscere la parte più intima dell’artista Daolio. Una mostra composta da 64 opere pittoriche e grafiche organizzata dall’associazione “Augusto per la Vita” che rimarrà aperta fino al 14 ottobre e visitabile gratuitamente. Alla guida dell’associazione c’è la compagna di tutta una vita Rosanna Fantuzzi, che con parole commosse descrive l’intento della mostra e soprattutto lo scopo ultimo di queste manifestazioni culturali. Infatti, grazie alle mostre e ai concerti in ricordo di Augusto Daolio l’associazione raccoglie fondi destinati a diventare borse di studio per medici oncologi.
L’esposizione che si tiene in un luogo definito “il castello degli scrittori e dei cantastorie”, quale cornice più adatta dunque, raccoglie una piccola parte della vastissima produzione pittorica del mai dimenticato frontman dei Nomadi. Lo spazio a disposizione non è vasto ma l’allestimento riesce a creare un filo logico e far dialogare le opere presenti creando un unico personale racconto. Olio, china e acquarelli, ancora una volta diversità e sperimentazione. Tele e disegni eseguiti con diverse tecniche su supporti differenti e di differente grandezza. Diversità nella produzione per un unico tema: la fusione tra corpo e natura. Una fusione tra essere umano e natura svolta in maniera fiabesca e allegorica non senza un pizzico di inquietudine. Volti che dialogano con la luna, corpi che diventano alberi, un percorso fatto di simboli e oggetti che mutano non solo la loro apparenza ma anche la loro essenza. Ciò che emerge dai quadri è un succedersi di pace e turbamento. Volti che si trasformano davanti gli occhi del visitatore alternando serenità e inquietudine, stupore e paura. Una danza tra conscio e inconscio che si esprime attraverso un tratto sottile e accurato. Ai colori tenui fanno capo immagini ben definite e oggetti nettamente riconoscibili. Al tratto morbido del pennello e del pennino corrisponde spesso un’immagine carica anche di dolore. Quel dolore che spesso si nasconde nella mano del demone artistico ed è forza propulsiva dell’espressione. In questo caso quel demone è fortemente riconoscibile e ben spiegato dalle parole dell’autore:
«Se quello che mi porta a disegnare è una sottile malattia morbosa, una piccola lesione, una devianza, uno strappo, desidero che ciò non trovi mai guarigione, anzi desidero considerare il disegnare come un lavoro, anche faticoso, di scavo, di confessione a volte anche dolorosa. È allo stesso tempo una fortuna umana, grandissima».
A intervallare l’esposizione di quadri e stampe troviamo dei manifesti che riportano alcune poesie di Daolio e omaggi di fan e persone vicine all’associazione e alla famiglia. Poesie che raccontano ancora una volta la vita, l’amore e le paure. Alcune di estrema attualità e altre che ci raccontano la parte più dura della sua esistenza, il periodo della malattia e l’avvicinarsi della fine della sua vita itinerante tra musica, parole e immagini. Una bella esposizione che ha permesso di aprire una porta in più sul personaggio, ma ancor meglio sulla persona Daolio. Un nomade della vita, un nomade dell’arte e di tutto ciò che è creatività.
«Sono stato fortunato: ho incontrato la musica, ho incontrato la poesia, ho incontrato l’arte, ho incontrato le parole. Voglio dire che non ho cercato niente».
Augusto Daolio