Intervenendo al congresso del Partito del Socialismo Europeo, Matteo Renzi ha sostenuto che occorre mettere a posto i conti non perché ce lo chiede Angela Merkel, ma “per i nostri figli”…
“Cercheremo di utilizzare il semestre di presidenza per un nuovo modello ma prima l’Italia deve adempiere ai propri compiti, mettere a posto il bilancio non perché ce lo chiedono le istituzioni ma per i nostri figli. I conti a posto non sono una richiesta di qualcuno fuori ma un impegno verso le nuove generazioni”
Il ragionamento andrebbe ribaltato. Mettere “a posto i conti” oggi significa continuare nella politica di austerità, la quale deprime i redditi oggi e rende più difficile così ripagare i debiti oggi e domani. Le economie, infatti, soffrono di quella che gli economisti chiamano “isteresi”. Vale a dire la depressione modifica il cammino della crescita futura, un po’ come una grave malattia che, se non adeguatamente curata, lascia il paziente più debole anche dopo la guarigione.
PIL Gran Bretagna 2000-2013
Di più: l’austerità, lungi dall’assicurare il risanamento dei conti pubblici, rischia al contrario di peggiorarli poiché i moltiplicatori fiscali fanno sì che tagliare un miliardo di euro riduce il reddito nazionale fino a 1,7 miliardi, facendo così aumentare il rapporto debito/pil.
A ciò aggiungiamo che la disoccupazione, quando diventa di lungo periodo, depaupera i lavoratori non solo del reddito corrente, ma anche della speranza di trovare un’occupazione in futuro. Lasciare le risorse produttive inoccupate, insomma, sia che esse siano macchinari o persone, riduce il potenziale produttivo futuro e quindi i redditi con i quali sarà possibile rimborsare i debiti.
Se quindi vogliamo fare il bene dei nostri figli, questo è proprio il momento in cui è meno opportuno preoccuparsi dei conti pubblici.
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