Una settimana fa a quest'ora le contrazioni che già avvertivo dalle 4 di mattina cominciano ad essere più regolari e dolorose. Sono quasi le 16.00. Chiedo a Giacomo di poterlo accompagnare per andare a prendere Davide a scuola. Ho bisogno di svagarmi e soprattutto di camminare perchè appena mi siedo la situazione si blocca. Sono riuscita a stento a ritornare a casa. Ormai le contrazioni sono ogni 6-8 minuti. Forse è l'ora di andare in ospedale.
Arriviamo ed alla visita il medico del pronto soccorso ci comunica che la dilatazione è già di 3 cm e che dopo il monitoraggio mi porteranno in sala parto. Non possiamo crederci! Siamo alla vigilia della quarantesima settimana e tra pochissimo potremo abbracciare la nostra bambina!
Dopo il monitoraggio esco ad attendere il mio turno nel corridoio del pronto soccorso. Ora le contrazioni sono ogni 2-3 minuti. Dolorose e davvero troppo ravvicinate. Un'ostetrica di turno si propone di accompagnarmi in sala parto. Ci arriviamo a piedi con 4-5 soste intermedie necessarie per farmi riprendere il fiato. Mi fanno entrare lasciando Giacomo fuori ad attendermi. Il tempo di farmi sistemare nella mia stanza. Cominciano a farmi mille domande su di me e sulla mia gravidanza, domande alle quali con grande difficoltà riesco a rispondere. Ora il dolore diventa davvero duro da gestire. Respiro piano, a fondo. Visualizzo dentro di me immagini felici, gioiose ma il solo pensiero di dover arrivare a 10 cm di dilatazione sopportando tutto questo dolore mi incute una paura pazzesca, soprattutto ricordando tutte le ore che richiesero il parto del mio primo bambino. Chiedo all'infermiera l'epiderule. Ne ho bisogno! Prima però deve arrivare l'ostetrica a visitarmi. Ora le contrazioni mi lasciano davvero senza fiato. Mi sento drogata dal dolore. Non riesco a connettere eppure il mio corpo è vigile, è attento, si muove assecondando ogni singola contrazione. L'ostetrica mi comunica che sono a 7-8 cm di dilatazione e che con qualche spinta la bimba è fuori. Ora non mi importa più niente dell'epidurale. Voglio solo veder nascere la mia bambina. Vedo la meta vicina! Chiedo che facciano entrare Giacomo che ormai è già da un'ora che aspetta fuori.
Spingi! E urlo. Ho dolore ed ho paura. Penso che non riuscirò mai a far nascere questa bambina. L'ostetrica mi dice che se urlo la spinta esce dalla bocca invece di convogliarsi nella giusta direzione. Trattengo il respiro e spingo. Sento il mio corpo aprirsi. E' una sensazione spaventosa eppure continuo a spingere ed ad ogni spinta, ad ogni contrazione, l'intento diventa più convinto, nonostante tutto. Basta farmi sentire con la mano la testina della piccolina che ora il desiderio supera ogni dolore, ogni paura.
La testa. La spalla. E poi a sgusciare via è tutto il corpo. La mia bimba piange. A pieni polmoni grida "Io ci sono!" alla vita. Ora è sul mio seno ancora sporca di sangue e vernice caseosa. La guardo negli occhi e subito di lei m'innamoro. E' bella. E' bellissima la mia bambina. La osservo da lontano mentre la lavano e la vestono con i primi indumenti di questo nuovo mondo. Poi Giacomo viene verso di me e mi sussurra "Aurora!". Io non capisco gli chiedo "Aurora cosa?". E lui "Aurora, il suo nome, Aurora!".
Abbiamo atteso nove mesi per offrirle un nome. Ora è tutto così ovvio Aurora è sempre stato e sarà il suo nome. Sorridiamo felici! Aurora è la nostra bambina.