Auschwitz, poesia, analisi e commento del testo di Salvatore Quasimodo

Creato il 18 gennaio 2015 da Yellowflate @yellowflate

Salvatore Quasimodo (1901-1968) figura tra i maggiori interpreti della condizione dell'uomo moderno. Nella sua opera letteraria egli rivelò il suo carattere pensoso e profondamente umano e nello stesso tempo giunse, attraverso un itinerario ricco di svolte e di approfondimenti, a soluzioni originali e ricche sul piano intellettuale ed artistico. Anche Quasimodo nei suoi scritti descrive lo sterminio e la Shoah, ecco di seguito testo ed analisi di Auschwitz.
Laggiù, ad Auschwitz, lontano dalla Vistola,
amore, lungo la pianura nordica,
in un campo di morte: fredda, funebre,
la pioggia sulla ruggine dei pali
e i grovigli di ferro dei recinti:
e non albero o uccelli nell'aria grigia
o su dal nostro pensiero, ma inerzia
e dolore che la memoria lascia
al suo silenzio senza ironia o ira.
Da quell'inferno aperto da una scritta
bianca: " Il lavoro vi renderà liberi "
uscì continuo il fumo
di migliaia di donne spinte fuori
all'alba dai canili contro il muro
del tiro a segno o soffocate urlando
misericordia all'acqua con la bocca
di scheletro sotto le doccie a gas.
Le troverai tu, soldato, nella tua
storia in forme di fiumi, d'animali,
o sei tu pure cenere d'Auschwitz,
medaglia di silenzio?
Restano lunghe trecce chiuse in urne
di vetro ancora strette da amuleti
e ombre infinite di piccole scarpe
e di sciarpe d'ebrei: sono reliquie
d'un tempo di saggezza, di sapienza
dell'uomo che si fa misura d'armi,
sono i miti, le nostre metamorfosi.

Sulle distese dove amore e pianto
marcirono e pietà, sotto la pioggia,
laggiù, batteva un no dentro di noi,
un no alla morte, morta ad Auschwitz,
per non ripetere, da quella buca
di cenere, la morte.

E' questa una delle più struggenti poesie di Quasimodo ed è forse l'unica dedicata allo sterminio e alla Shoah. Una forte descrizione di Auschwitz, lontano dal fiume Vistola. Nella poesia Quasimodo sembra voler rivolgersi a qualcuno (amore) qualcuno a cui Quasimodo vuole descrivere la crudezza e la freddezza di quell'angolo di mondo dove lo sterminio è praticato. Nel testo Quasimodo si rivolge ad un soldato immaginario chiedendo e mai le ritroverà nella sua vita trasformate in fiumi, in animali secondo un'antica leggenda; ma forse quel soldato è morto anch'egli nel rogo: "o sei tu pure cenere d'Auschwitz?" (confesso che questa parte del testo mi è tuttora oscura; d'altronde è proprio del poeta ermetico dare al lettore suggestioni, immagini e non un testo chiaro).
Poi Quasimodo analizza quel che rimane dello sterminio ( lunghe trecce chiuse nelle urne di vetro, piccole scarpe e sciarpe di ebrei), le reliquie della storia. La poesia, che conteneva un'altra strofa che ho "tagliato" essendo risultata particolarmente difficile da "interpretare", è divisa in tre strofe di diversa struttura; il verso è libero e non vi sono rime.

Il componimento evoca i sentimenti più profondi del poeta di fronte al massacro compiuto ad Auschwitz e negli altri campi di concentramento tedeschi. Sembra quasi di vedere quelle scene di migliaia di donne ammassate nelle baracche e spinte a forza verso la morte per fucilazione o per asfissia. Le bocche delle donne sono scheletrite per le sofferenze e per i patimenti subiti, sembra di sentire le loro urla di misericordia, di vedere quei corpi che hanno portato quelle scarpe e quelle sciarpe.

Il poeta è addolorato nel raccontare questi avvenimenti, la memoria di queste cose è la sola cosa che rimane insieme al dolore, alle reliquie di uomini, alla cenere.

Persino la scritta bianca, l'irridente: "Arbeit macht frei - Il lavoro vi renderà liberi" sembra una spietata ironia simile alla sensazione che si ha di quei luoghi di tortura leggendo libri o guardando film sull'argomento. Ciò che rimane di quegli avvenimenti sono reliquie di un tempo di sapienza, di saggezza (forse qui il poeta pensa ai filosofi, ai poeti, agli scrittori ebrei e non ebrei uccisi, un patrimonio perduto in nome delle ideologie di un uomo e di chi lo ha seguito.

La strofa finale esprime tutta la rabbia del poeta per tali avvenimenti: un no deciso ad altri fatti del genere: non si possono scordare questi fatti per non ripeterli mai più.


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