In un post di poche settimane fa, abbiamo mostrato come anche i massimi analisti del FMI stessero facendo retromarcia sulle politiche d’austerity imposte ai Paesi colpiti dalla crisi del debito nel UE.
Sebbene l’austerity sia stata indicata da tutti i maggiori economisti mondiali come fallimentare, nella recente campagna elettorale praticamente nessun politico, eccezion fatta per Beppe Grillo, ha evidenziato in maniera decisa il fallimento delle politiche economiche imposte dalla Troika e dalla Germania al nostro Paese. Nessuno ha inserito nel suo programma un piano per rinegoziare a livello europeo queste misure; in molti, invece, si sono affrettati ad assicurare l’UE, e la Germania in particolare, che una volta al governo avrebbero mantenuto la linea economica proseguendo le misure di austerità.
Paul Krugman
L’ultimo giorno di campagna elettorale il premio nobel per l’economia Paul Krugman ha scritto un editoriale sul New York Times interamente dedicato alle elezioni nel nostro Paese. Partendo da una riflessione apparsa sul The Economist al momento delle dimissioni del Governo Monti (“La campagna elettorale a venire sarà, prima di tutto, una prova della maturità e del realismo degli elettori italiani.”), il dott. Krugman, sostenendo che la maturità invocata si traducesse in un nuovo mandato per Mario Monti, si è chiesto: “Che cosa ha fatto di buono quello che viene correntemente passato come maturo realismo in Italia e in UE nel suo intero?”
L’analisi del premio nobel è lapidaria: “Per il signor Monti, il proconsole installato dalla Germania per imporre l’austerità fiscale su un’economia già in difficoltà, era la volontà di perseguire l’austerità senza limiti che è ciò che definisce la rispettabilità nei circoli politici europei. Questo andrebbe bene se le politiche di austerità avessero effettivamente lavorato, ma non è così. E lungi dal sembrare sia maturi o realistici, i sostenitori dell’austerità suonano sempre più petulanti e deliranti”. Esattamente come nostri politici in campagna elettorale, i dirigenti dell’UE sono travolti da una fase di diniego dei fallimenti delle misure di austerità: “Così nel gennaio 2011 Olli Rehn, vice presidente della Commissione europea, ha elogiato i programmi di austerità della Grecia, Spagna e Portogallo e ha previsto che il programma greco, in particolare, avrebbe prodotto “ritorni duraturi”. Da allora la disoccupazione è salita in tutti e tre i Paesi ma, abbastanza sicuro, nel dicembre 2012 il signor Rehn ha pubblicato un editoriale con il titolo “L’Europa deve mantenere la rotta dell’austerità.”
Concludendo, Krugman sottolinea come il risultato delle elezioni italiane preoccupi molti osservatori esterni, che vedono un ritorno di Berlusconi o una vittoria di Grillo poco raccomandabili; ma ai risultati di queste elezioni, che tutti oramai conosciamo, Krugman, quasi prevedendoli, dà un significato e un monito ai politici europei: “E la ragione per cui questo accade è che gli “europei rispettabili” non ammettono che le politiche che hanno imposto nei confronti dei Paesi debitori sono un fallimento disastroso. Se questo non cambia, l’elezione italiana sarà solo un assaggio della pericolosa radicalizzazione di qui a venire.”
Il monito del premio Nobel è chiaro e lo potremmo facilmente rigirare a tutti i nostri politici che ancora non si spiegano i risultati elettorali. Il successo di Grillo continuerà finché i nostri politici non ammetteranno il fallimento delle politiche di austerità perpetrate fino ad ora e non prospetteranno un deciso cambio di agenda economica, sia in per quanto riguarda l’Italia, che per quanto riguarda l’Europa.