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Auto da guerra

Creato il 23 settembre 2015 da Albertocapece

211001571-a37dbc15-89c3-4576-9c3e-fec4573df962Il fatto è strano: da anni e con alterne vicende Volkswagen contende con Toyota il podio di primo costruttore mondiale e dunque il colpo ricevuto dopo la scoperta del software truffaldino sulle emissioni, con una più che certa flessione delle vendite, dovrebbe avvantaggiare i concorrenti. Invece ieri le azioni di molte case automobilistiche, in particolare quelle “forti” nel diesel, sono colate a picco con cali record da 6 a 9 punti e questo la dice lunga sul fatto che lo “scandalo” delle emissioni non riguarda certo la sola multinazionale di Wolfsburg. beccata a barare probabilmente nel contesto di un’offensiva contro l’industria europea dell’auto da parte di quella statunitense, di nuovo in procinto di crisi a  causa delle vendite subprime che ormai hanno raggiunto il 20 per cento.

Su quest’ultimo punto ci sono molti indizi e insisto perché è la chiave del discorso: il test condotto solo su auto tedesche, prodotte e vendute negli Usa, nasce paradossalmente dal responsabile europeo di una semisconosciuta organizzazione “indipendente” americana, ma anche lui tedesco, come se si volesse fin da subito replicare alle obiezioni su una scelta così parziale. Dopo gli inquietanti risultati, risalenti a più di un anno fa  non si è minimamente pensato di ripetere il test su vetture di altre marche quando invece sarebbe stata la cosa più ovvia, naturale e doverosa. Il test stesso si è svolto in condizioni di controllo totalmente assenti per cui esso poteva essere facilmente manipolato. E le multe annunciate sono totalmente fuori contesto viste quelle comminate a Gm e Toyota per fatti più gravi, anzi gravissimi per Gm con centinaia tra morti e feriti.

Dunque i risultati non sono veri? Affatto, sono forse esagerati, ma realistici e del resto indirettamente confermati dalla stessa Volkswagen: ciò che voglio dire è che ormai un brandello di verità può uscire fuori solo nel contesto di una battaglia di mercato. E’  evidente che tutti barano e che il sistema stesso è fatto per questo: le cifre dei consumi, come ognuno di noi sa, sono sballate, le prove vengono fatte in condizioni irreali e la stessa cosa avviene per le emissioni vista la facilità con cui si può intervenire su un motore, tanto che molte vetture offrono due o tre modalità di funzionamento dello stesso e quasi tutti i modelli vengono commercializzati con lo stesso propulsore, ma con livelli di potenza e coppia molto diversi tra loro.

Ed ecco perché gli altri costruttori europei non sono esultanti, ma preoccupati che la battaglia scoppiata dall’altra parte dell’atlantico e in procinto di riflettersi da noi, possa portare a svelare come il sistema scelto per limitare progressivamente le emissioni sia in buona sostanza un metodo per tenere alto il mercato e non certo un obbligo imperativo. Che le stesse tecnologie scelte a suo tempo per limitare l’inquinamento sono quelle che permettono non solo di mantenere le logiche di mercato e di profitto sull’auto, ma sono tali da decadere con facilità e nello stesso tempo facili da addomesticare ai controlli. In realtà si tratta di strade per ridurre al minimo gli investimenti in tecnologia di base facendo finta di voler salvare l’ambiente e che comunque è difficilissimo controllare davvero, anche ammesso che i poteri pubblici vogliano farlo. Ciò che si può imputare davvero alla VW, come rappresentante del complesso industriale tedesco, è di aver spinto, in una direzione che portava più ai rappezzi fatti pagare agli acquirenti, che a innovazioni vere e costose: di qui tutta una serie di teoriche severità e concrete complicità.

La stessa cosa avverrà, se non ci sarà alcuna capacità di controllo da parte del corpo sociale, con la rivoluzione delle auto ibride: a fronte di minori consumi e dunque emissioni più che altro nei percorsi cittadini ( anche questi dati vengono bellamente enfatizzati, talvolta in modo grottesco come la Golf da 67 km per litro)  va valutato l’impatto dovuto alla produzione di motori elettrici in combinazione con quelli termici e soprattutto alla produzione , smaltimento e riciclo delle batterie che non è cosa poco. Toyota la casa con più lunga esperienza in questo campo  per le sue ibride europee fa recuperare a una società belga cobalto, nichel e rame con tecnologie che vengono definite sostenibili. Anche ammesso che lo siano davvero si tratta di un’iniziativa unilaterale e di immagine, ma non è detto che venga seguita da altri. Bisognerebbe stabilire fin da subito regole comuni e pubbliche che vadano ben al di là dei soliti criteri euro 1 e via dicendo che sono capaci di favorire devastazioni  a fronte di qualche grammo di Co2 in meno che poi esiste solo sulla carta. Un modo per non dar fastidio al profitto e presentarsi con la faccia dei severi tutori dell’ambiente.

Tutto questo vale per qualsiasi settore in un mondo dove le regole sono tali solo per i sudditi, mentre per i forti, siano esse banche o padroni dell’acqua o petrolieri o fattorie informatiche o tycoon della produzione agricola sono molto elastiche quando non dettate da essi stessi alla politica subalterna. Lo scenario lascia trasparire qualche tratto del panorama solo quando le regole vengono usate per la guerra tra questi imperi del mercato, portando le vittime non a riflettere, ma per paradosso a partecipare al conflitto come pedine di un gioco che porta sempre allo scacco matto.


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