Le prime foto dei militanti di questi gruppi armati, creati per combattere il cartello dei Caballeros Templarios e usciti allo scoperto il 24 febbraio 2013, hanno destato curiosità e preoccupazione. In effetti, i soggetti apparivano, almeno in una prima fase, incappucciati e armati fino ai denti, a bordo di pick up enormi e in uniforme, con indosso una maglietta con la scritta “Per una Tepalcatepec Libera”. Si presentavano come disposti ad attaccare, ad allargare la loro zona d’influenza “liberata” dai criminali. C’è chi li ha visti come degli eroi, necessari e opportuni, difensori delle proprie famiglie e proprietà, oppure chi li voleva identificare con i criminali che dicono di combattere, come fossero un altro narco-cartello, o con i paramilitari dell’esperienza colombiana.
Negli anni della narcoguerra (2006-2014), viste le necessità di controllo locale dinnanzi all’inerzia dello stato, i comuni coinvolti nel Guerrero sono aumentati e ora la loro presenza s’estende a tredici cittadine, difese da circa 1500 poliziotti comunitari. La base giuridica per la loro esistenza si ritrova nella dichiarazione dell’ONU sui popoli indigeni, alla Convenzione 169 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro e ad alcune norme dello stato del Guerrero che ne giustificherebbero le attività. All’inizio del 2013 furono decine le polizie comunitarie che, armate di machete e fucili, s’alzarono nella zona della Costa Chica, a sud di Acapulco, e nella sierra centrale dello stato del Guerrero. Anche la polizia comunitaria di Cherán, nel Michoacán, sorta nel 2011, prende esempio dalla CRAC e il suo fondamento giuridico si trova in alcune leggi sull’autodeterminazione dei popoli indigeni risalenti al 2007.
Dalla pax mafiosa alle autodefensas. Nel Michoacán il supporto di imprenditori e coltivatori danarosi e la presenza di narcos agguerriti, messianici ed egemonici, invisi alla maggior parte della popolazione, come i Caballeros Templarios (Cavalieri Templari), spiegano la reazione così decisa, unitaria e ben organizzata dei gruppi di autodifesa. Non è sempre stato così, perché fino al 2010 regnava una “pace narca” o “pax mafiosa” che, dopo la cacciata degli Zetas dalla regione attuata dal cartello della Familia Michoacana, aveva offerto una relativa stabilità. Quando la Familia, nel marzo 2011, si scinde, nascono i Templarios. Questi ottengono l’egemonia, ma nel frattempo peggiorano le condizioni del traffico internazionale di metanfetamine e altre droghe e aumenta la repressione militare dello stato, per cui le organizzazioni criminali diversificano le loro “aree d’affari”. Passano a terrorizzare sempre più la gente comune e le imprese, a stuprare le mogli e le figlie dei piccoli proprietari terrieri che espropriano o minacciano. Si dedicano ai sequestri e al racket, s’introducono nel business agricolo, controllando le “commissioni” per l’esportazione di frutti come il limone e l’avocado, e nelle redditizie attività minerarie.
Per tutto il 2013 la Polizia Federale ha trovato un modus vivendi con i vigilantes organizzati, i cui membri erano lasciati liberi di circolare armati nelle rispettive comunità e nelle loro trincere difensive, ma non potevano farlo nelle autostrade e strade statali. Quest’accordo tacito è vacillato in alcuni momenti e ci sono stati incidenti, tensioni e scontri, senza vittime, tra le forze comunitarie e quelle governative. Non ci sono conteggi precisi sulle vittime dello scontro tra Templarios e autodefensas, anche se alcune testimonianze dal campo di battaglia parlano di duecento morti per ognuno dei due bandi in un anno di combattimenti.
Il ripiegamento dei Caballero Templarios. Il dato certo è che i Templari hanno dovuto ripiegare, hanno perso plazas e combattenti. Le autofensas sono armate con mitragliatori e fucili automatici, introdotti illegalmente dagli USA o sottratti ai rivali, e addestrate da chi, nelle diverse comunità, era stato nell’esercito o nella polizia. Questi gruppi hanno “riconquistato” località e territori per tutto il 2013, in qualche modo hanno riempito i “vuoti di potere” lasciati dallo stato. Hanno frammentato e isolato i territori del “baronato templario”, bloccando le principali vie di comunicazione. La presa di alcune città comporta, però, l’inclusione di nuovi “soldati” alla causa dei comunitarios e una parte di questi provengono dalle file del nemico. Sono quindi narcotrafficanti e delinquenti riconvertiti alla causa dei vigilantes, in costante espansione nonostante gli “stop and go” del governo. Intanto il governatore del Michoacán, Fausto Vallejo, si diceva “contrariato” e il Procuratore Generale, Jesús Murillo Karam, dichiarava alla stampa che non “si sarebbero più tollerate le avanzate delle autodefensas”.
Ambiguità del governo. Il dibattito s’accende e le opinioni si polarizzano tra chi pensa che i vigilantes siano un gruppo puro, slegato dalla criminalità organizzata, e chi tema la deriva paramilitare o esige il loro disarmo immediato. Il governo e la polizia tollerano e collaborano, ma allo stesso tempo puntano il dito contro le violazioni alla legge e ordinano arresti, circa una novantina fino ai primi tre mesi del 2014. Oppure cominciano a denunciare collusioni di questi gruppi col cartello Jalisco Nueva Generación o infiltrazioni mafiose nel movimento. Se da una parte è vero che vari informatori e basi dei Templarios si sono progressivamente uniti alleautodefensas, dall’altra non è corretto né realistico identificare attualmente queste ultime come organizzazioni criminali, nonostante le infiltrazioni. Il confine è sottile ma i vigilantes, per ora, l’hanno rispettato.
A febbraio il governo invia 10mila soldati. In collaborazione con le autodefensas recupera la città di Apatzingán senza colpo ferire e costringe i Templarios a una ritirata strategica sulle montagne verso la costa del Pacifico. L’ex boss del cartello della Familia e capo dei Templarios, Nazario Moreno, alias “El más loco” (il più matto), viene ucciso dai marines messicani il giorno dopo aver compiuto 44 anni, il 9 marzo 2014, ma resta latitante il principale leader dei Templari, il mediatico e profetico Servando Gómez, alias “La Tuta”. La ritirata e probabile sconfitta, o riconversione ad altre “attività”, del narco-cartello templario implicherà probabilmente l’apertura di vuoti di potere e la concentrazione dell’attenzione sul destino dei gruppi di autodifesa e su un’eventuale legge di amnistia per il conflitto del Michoacán, sempre che la situazione prima o poi si “normalizzi”.
Il bastone e la carota. Il timore è che si trasformino in paramilitari al soldo di impresari o di cartelli del narcotraffico come il Jalisco Nueva Generación che, secondo le segnalazioni della Procura Generale della Repubblica, già avrebbero finanziato e armato alcuni di questi gruppi. Altri finanziamenti, nell’ordine dei 250mila dollari secondo fonti giornalistiche USA, sono arrivati dalle comunità di messicani residenti negli Stati Uniti che, compatibilmente con l’ideologia statunitense della “protezione della frontiera” e del “diritto a portare armi”, simpatizzano con la causa di questi “farmers” che difendono le loro “proprietà” e famiglie. Come visto, il governo ha provato a disarmarli e legalizzarli una prima volta nel mese di gennaio, proponendo la loro integrazione alle “guardie rurali” regolate da una norma del 1964, ma molti di loro non avevano i requisiti minimi e nemmeno la volontà di abbandonare a metà una lotta che ancora non aveva eliminato il problema per cui era cominciata. L’idea di una nuova “pax mafiosa” dopo la tempesta, magari sotto la supervisione dell’autorità centrale e non solo di quella locale, non era gradita alla maggior parte degli insorti delle autodifese e non costituiva una soluzione. Il 14 aprile il governo ha firmato un accordo di undici punti per legalizzare, coordinare e disarmare le autodefensas entro il 10 e 11 maggio e a cambio s’è compromesso a combattere i sequestri e gli altri delitti del crimine organizzato e a fondare il corpo della Fuerza Rural Estatal.
Divisioni nelle autodefensas. Dai primi di maggio la “scissione” in seno alle autodifensasdiventa un dato di fatto. Mireles non accetta il disarmo senza avere forti garanzie per la sicurezza nel Michoacán e il ristabilimento dello stato di diritto. Contemporaneamente le foto di Beltrán con un fucile a ripetizione in mano e l’uniforme della nuova Polizia Rurale indosso, affianco al commissario Alfredo Castillo, hanno conquistato le prime pagine dei giornali ed è servita al governo per mostrare i progressi della “pacificazione” nel Michoacán. Intanto il Dott. Mireles, sempre più in polemica col governo nelle sue interviste alla radio e per le riviste, è stato espulso dal Consiglio Generale delle autodefensas il 7 maggio. Il giorno prima aveva inviato un videomessaggio, dicendosi “temeroso per la propria vita” e chiedendo al presidente e al ministro degli intenri, Osorio Chong, un dialogo diretto.
Nel video riferisce anche del progetto, promosso con l’hashtag di twitter #YoSoyAutoefensa (#IoSonoAutodefensa), per la creazione di un Consiglio o Fronte Nazionale, non più solo del Michoacán, delle Autodefensas, in seguito al primo incontro tra lo stesso Mireles e a Città del Messico e un gruppo “trasversale” di attivisti, politici e giornalisti come Javier Sicilia, il Padre Alejandro Solalinde, Isabel Miranda de Wallace, il senatore del PAN Ernesto Rufo Appel, l’ex sindaco di García (nel Nuevo León) Jaime Rodríguez, gli opinionisti John Ackerman e Denisse Dresser, il regista del film “Presunto Culpable” Roberto Hernández, il generale francisco Gallardo e la deputata del PRD nel Michoacán Selene Vázquez. Ma il piano del governo, osteggiato da Mireles che ha annunciato future riunioni pubbliche di questo speciale coordinamento di autodefensas, prosegue.
Infatti, il 9 maggio il Commissario Castillo annunciato che sono aperte delle indagini sul dottore, implicato, secondo gli inquirenti e alcuni ex compagni come Beltrán “Papá Pitufo”, nella morte di cinque ragazzi che il 27 aprile difendevano una barricata in un villaggio della costa. L’accusa arriva puntuale, in concomitanza con il processo di riconversione dei vigilantes, realizzato in fretta e furia dal governo, e con le riunioni di Mireles nella capitale, volte a creare un’alleanza e delle proposte più condivise e strutturali per il problema della delinquenza e dei gruppi di autodifesa. Anche se, pochi giorni dopo l’avviso di garanzia, Mireles ha ricevuto un salvacondotto di un giudice federale che lo esenta da possibili arresti per delitti non gravi, il dottore resta sotto tiro, minacciato dai Templarios, snobbato da una parte dei suoi ex compagni e controllato da governo e potere giudiziario. Dal canto suo Mireles ha accusato il “Comandante 5” e altri vigilantes di essere collusi con la banda dei Viagras, un gruppo delinquenziale fuoriuscito dai Templarios e legato al cartello Jalisco Nueva Generación, per cui la trama si complica. Pochi giorni dopo l’uscita di prigione, Hipólito Mora e il suo gruppo si sono dichiarati disposti a integrarsi alla polizia rurale e anche Mireles s’è orientato verso questa scelta. Il “papà puffo”, portavoce della Nuova Forza Rurale, si dice fiducioso e sostiene che in questa fase di “riconversione” delle autodefensas ci sarà una depurazione degli infiltrati della delinquenza organizzata nel movimento che potrà operare alla luce del sole, armi in pugno, per “recuperare la pace nella zona”. La nuova forza rurale è già entrata in funzione a Tepalcatepec, Coalcoman e Buenavista, i comuni in cui erano nate e s’erano consolidate le primeautodefensas, ma le incertezze sono molte.
E la storia del Michoacán potrebbe ripetersi facilmente anche in altri stati che, nei primi mesi del 2014, stanno vivendo ondate di violenza, omicidi, estorsioni e sequestri molto più intensa come il Morelos, il Guerrero e il Tamaulipas. Insomma si tappa la falla, male, da una parte, e il problema riemerge da un’altra. Il 13 maggio il governo ha presentato una “nuova” strategia di sicurezza per il Tamaulipas che aspira a “disarticolare la composizione e le operazioni delle organizzazioni criminali, chiudere le vie del traffico illecito di persone, sostanze, armi e denaro, e garantire istituzioni locali di sicurezza sufficienti, efficienti e affidabili. Lo stato sarà diviso in quattro zone con “alti funzionari della marina e del Ministero della Difesa al comando di ciascuna” e si prevede il rafforzamento “delle risorse umane, tecniche e d’intelligence” impiegate. In pratica si tratta della stessa strategia di sempre, quella della narcoguerra (2006-2012) dell’epoca del presidente Felipe Calderón. Da CarmillaOnLine
*Questo testo fa parte del progetto “NarcoGuerra. Cronache dal Messico dei cartelli della droga” e riprende il tema dei gruppi di autodifesa in Messico di cui abbiamo parlato su Carmilla nell’articolo “Il popolo in armi contro i narcos in Messico”, pubblicato il 24 agosto 2013