Mark Coddington dell’ University of Texas ad Austin ha condotto la ricerca: “Building Frames Link by Link: The Linking Practices of Blogs and News Sites”.
Lo studio, come lascia intuire il titolo, ha preso in esame l’utilizzo, in termini di frequenza e modalità, dell’ipertesto da parte dei siti d’informazione, dei blog e di quelli che Coddington chiama ““j-bloggers”, acronimo di journalist-bloggers, giornalisti che tengono un blog all’interno dei siti dei quotidiani per i quali lavorano.
Per quanto riguarda le testate giornalistiche sono stati analizzati i siti di: «The New York Times», «The Washington Post», «The Wall Street Journal», «CNN», «ABC News» e «TIME» magazine. Sia per queste testate che per le altre due tipologie prese in considerazione sono stati selezionati random, casualmente, 5 articoli per un totale di 6474 delle tre categorie analizzate. L’analisi quantitativa è stata integrata da una parte qualitativa grazie ad interviste di persona a giornalisti e bloggers con un questionario semi strutturato.
Come mostra la tabella di sintesi dei risultati sottoriportata, i mainstream media sono quelli che più di tutti non utilizzano i link per l’arricchimento dell’informazione e per la citazione delle fonti. Soprattutto emerge come nel 91% dei casi quando viene inserito uno o più links all’interno dell’articolo rimandi ad una fonte interna.
Un’autoreferenzialità, già emersa dalle prevalenti modalità di utilizzo dei social media da parte del comparto dei media, che conferma la grande distanza che, salvo rarissime eccezioni, separa ancora la teorizzazione di buone pratiche dalla messa in atto effettiva delle stesse.
Giornali in affanno, concentrati prevalentemente sulle perversioni dell’effetto auditel che omettono o almeno trascurano, citazione delle fonti, apertura e socialità dell’informazione. Scelte che si autodefiniscono, in ogni senso.