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Autoimpreditorialità: la ricetta a metà di Renzi

Creato il 18 settembre 2015 da Propostalavoro @propostalavoro

512px-Recycling_lead_in_a_lead-acid_battery_recovery_facilityIl lavoro, si sa, non se la sta passando molto bene: non parliamo solo di dipendenti che vengono licenziati, ma anche di imprenditori medio-piccoli, costretti a chiudere bottega, sia per la spietata concorrenza estera, sia per la stretta al credito, operata dalle banche.

Ecco perchè, specialmente nel corso degli ultimi anni, i vari Governi sono intervenuti sia sul lavoro dipendente, sia sull'imprenditorialità: nel primo caso, riscrivendo le regole del gioco (Riforma Fornero e Jobs Act); nel secondo, invece, limitandosi, soprattutto, a distribuire incentivi ed agevolazioni per favorire a nascite di nuove imprese. Una prassi a cui non sono sfuggiti nemmeno Renzi e i suoi.

Ai primi di settembre, infatti, è stato pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale, il Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico n. 140 del 8 luglio 2015, che, recependo le direttive del Dlgs 185/2000, rende operative le regole per gli incentivi all'autoimprenditorialità, a cui potranno accedere quelle società, di qualunque forma sociale (cooperativa, srl, ecc.) e di recente costituzione (non più di 12 mesi), in cui la maggioranza dei soci è costituita da giovani - di età compresa tra i 18 ed i 35 anni – e/o da donne.

Le imprese, inoltre, dovranno operare nei settori della produzione di beni o servizi per l'industria e l'artigianato, nell'agricoltura, nel commercio o nel turismo (particolare attenzione, nel regolamento, viene data al turismo culturale); non dovranno aver ricevuto altri tipi di finanziamenti, poi bloccati per irregolarità, né potranno essere delle controllate.

Gli incentivi saranno erogati dallo Stato, sotto forma di finanziamenti a tasso zero, della durata massima di 8 anni e di importo non superiore al 75% della cifra che i soci desiderano investire, nell'avvio della propria impresa e che, in ogni caso, non dovrà essere superiore a 1,5 milioni di euro. Le spese, ammesse dal finanziamento, dovranno essere, ovviamente, funzionali all'attività imprenditoriale: acquisto di macchinari, ristrutturazione della sede produttiva, formazione professionale di soci e dipendenti, ecc.

Questo, in soldoni, il succo del decreto ministeriale, a cui, però, mancano ancora due tasselli fondamentali – sembra un vizio dell'attuale Governo, quello di emanare una legge e completarla in corso d'opera -: la copertura economica e le modalità di accesso ai fondi. Nel primo caso, tutto tace; nel secondo, invece, il Ministero dello Sviluppo Economico ha già comunicato che, entro le prossime settimane, pubblicherà le regole utili, per presentare le domande di accesso ai finanziamenti.

Insomma, nulla che non sappia di già visto. Ma il vero problema è che Renzi commette lo stesso errore dei suoi predecessori: ha le sementi e gli attrezzi, ma il campo non è pronto per la semina.

Fuor di metafora: come può una nuova impresa sperare, non dico di prosperare, ma anche solo di sopravvivere, nel marasma caotico del mondo del lavoro italiano? Mancano le norme di semplificazione della burocrazia, mancano i progetti e gli investimenti nelle infrastrutture e nell'innovazione (che fine ha fatto, ad esempio, l'Agenda Digitale?), manca una fiscalità più equa e semplice e via discorrendo.

Problemi non nuovi, a cui, però, nessuno ha ancora dato una soluzione. Ecco perchè la strada degli incentivi, ad oggi, non ha prodotto risultati granchè apprezzabili, risultando essere solo una ricetta a metà.

Danilo


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