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Autoimprenditorialità: il 70% degli italiani è favorevole. E le donne?

Da Smconsulenzaweb

Agli italiani piace sempre di più l'idea di fare impresa. Il 70% è infatti favorevole al fenomeno dell'autoimprenditorialità, con un picco del 78% nella zona del Nord-Est, considerata dunque la più ottimista. Chi pensa però a mettersi in proprio e si sente pertanto realmente pronto è il 53% degli italiani, con una prevalenza degli uomini rispetto alle donne, differenza confermata anche a livello europeo. Fra le donne italiane solo una quota pari al 31% si immagina effettivamente imprenditrice. Andiamo a vedere quali sono i motivi.
Questi dati sono emersi da una ricerca sull'autoimprenditorialità in Europa, con focus sulla situazione italiana e sul lavoro femminile, presentata ieri mattina presso la Sala del Refettorio, Biblioteca della Camera dei deputati, da Amway, azienda leader mondiale nella vendita diretta, e condotta da Gfk Eurisko in 12 Paesi, su un campione di 13.606 persone. Hanno partecipato alla tavola rotonda Monica Milone, direttore Relazioni esterne di Amway Italia, la senatrice Maria Ida Germontani, e Marisa Montegiove, vicepresidente di Manageritalia servizi e responsabile Gruppo donne manager. Il moderatore è stato Fabio Bistoncini, amministratore delegato di Fb&Associati.
Quali sono i motivi che spingono ad avviare un’impresa? Dalla ricerca emerge che al primo posto vi è l’indipendenza. "E' curioso vedere come la criticità maggiore di mettersi in proprio è anche l'aspetto che attira di più, forse per il fatto di non doversi sentir dire come, quando e cosa fare", commenta Milone. Al secondo posto, si classifica la possibilità di realizzare se stessi, per il 46% degli intervistati europei e per il 43% degli italiani. Solo al terzo posto troviamo la conciliazione di impegni familiari e lavorativi, anche se per il 68% degli italiani la conciliazione è ritenuta molto importante.
Se il fenomeno è visto con positività, per quale motivo le persone non si sentono pronte? La Milone ha spiegato che lo scopo della ricerca è proprio la necessità di valutare come venga percepita l’opportunità di fare impresa nei vari paesi europei. Ed è emerso un dato interessante: il 40% degli europei, pur guardando al fenomeno con positività e ritenendo l’opportunità estremamente interessante, pensa di non avere le basi e le nozioni economiche per riuscire a gestire un’impresa. Il dato sale al 44% nel nostro Paese. Tale consapevolezza si traduce poi in una lamentela per la mancanza di programmi pubblici di formazione ed educazione finanziaria. E se in Europa il 58% del campione evidenzia tale mancanza, in Italia la quota percentuale sale al 69%. “Gli italiani, in particolare, non si sentono preparati non solo perché non ci sono programmi specifici, ma perché non c'è informazione su quei pochi che esistono”, spiega ancora Monica Milone.
La situazione femminile- La fotografia sull'autoimprenditorialità femminile presenta un quadro che, nonostante le difficoltà, lascia spazio a varchi importanti. Come detto all’inizio, meno di un terzo delle donne italiane favorevoli al fenomeno si sente preparato ad affrontare l'avvio di un'impresa e si vede quindi effettivamente come imprenditrice. Le donne, inoltre, sentono maggiore necessità di formazione e considerano particolarmente importante coniugare gli impegni lavorativi con quelli familiari.
Difficoltà a raggiungere i vertici- Come spiega Montegiove, vicepresidente di Manageritalia servizi, nel suo contributo al dibattito, le donne hanno difficoltà a raggiungere i vertici delle aziende. E questo, oltre che uno spreco, è indice di poca intelligenza da parte delle aziende. Se si considera poi che il 58% dei laureati è rappresentato da donne e con risultati molto soddisfacenti, si riesce a percepire bene quanto le donne rappresentino una risorsa spesso trascurata.
Gap salariale tra uomini e donne- Tra uomini e donne, inoltre, esiste un gap salariale, e il divario è sentito soprattutto ai livelli più bassi. La vasta fetta di donne favorevoli all'imprenditoria però è intenzionata a superare tale divario, sia riguardo alle differenze retributive, sia per la conciliazione casa-lavoro. Dai dati della ricerca emerge anche un altro aspetto: se nelle piccole e medie imprese le donne manager sono pochissime, nelle multinazionali la situazione è anche più critica: "I vertici aziendali sono legati a una presenza femminile di 'figlie d'arte'; e, agli apici, di manager donne che hanno fatto la gavetta ce ne sono pochissime", ha spiegato Montegiove. Una tendenza negativa che deve essere combattuta con "informazione e formazione capillare, come fa la nostra associazione attraverso progetti mirati", ha puntualizzato la vicepresidente.
Formazione, riforma del lavoro e accesso al credito- E’ la senatrice Germontani, infine, a porre l'attenzione sull'importanza di formazione e accesso al credito per giovani e donne. "C'è un dato che mi fa riflettere particolarmente: il fatto che ci sia una forte richiesta di formazione e la consapevolezza di non essere preparati; cosa che, soprattutto per le donne, coinvolge il concetto di autostima", ha commentato la senatrice. "Il tema centrale è dare occupazione e in questo la scuola può aiutare, passando da una fase in cui era 'scuola-maestra di vita' a una fase in cui è in grado di creare il passaggio al mondo del lavoro; così come possono aiutare le aziende, con percorsi formativi professionali mirati".
Accanto alla formazione, però, Germontani auspica il cambiamento e una riforma del lavoro che coinvolga sia il lavoro dipendente che imprenditoriale. Inoltre, anche le banche devono fare la loro parte, e sottolinea la necessità di prendere serie e tempestive iniziative per l'accesso al credito di imprese guidate da giovani e donne: “stiamo già affrontando provvedimenti concreti, calati nella realtà di tutti i giorni", ha concluso la senatrice.
Gli investimenti che favoriscono l’autoimprenditorialità sono estremamente importanti quanto necessari in un periodo di crisi economica come quello attuale. Il settore che potrebbe garantire i migliori risultati è rappresentato senza dubbio dalle politiche attive del lavoro finalizzate ad aumentare i tassi di occupazione femminile e giovanile. L’Italia è, come sappiamo, fra le nazioni dell’Ocse che registrano i più bassi tassi di lavoro femminile e giovanile, con il Mezzogiorno fanalino di coda. Se donne e giovani sono la grande risorsa inespressa del nostro Paese, come abbiamo visto, ora è davvero giunto il momento di metterli a sistema.

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