Automatismo Meccanico – Cap.9 – di Daniela Barisone e Marika Davoli

Creato il 13 agosto 2011 da Queenseptienna @queenseptienna

Con un gemito si mise seduto e si passò le mani sul volto, ripensando, con un crescente senso d’ansia, a ciò che era accaduto in quella stessa stanza poche ore prima.
Sì, aveva intrattenuto il proprio robot nei propri appartamenti per tutta la notte. Aveva copulato con un androide. Aggiungendoci anche l’atto di sodomia c’era di che finire dritto dritto sulla forca, nonostante il proprio status di Pari del Regno.
Ma era davvero un reato avere un amplesso con un umanoide? In fondo, visto che non si trattava di un essere umano, non si poteva considerare sodomia vera e propria… oppure era il gesto in sé che veniva punito, a prescindere dall’essere con cui lo si era compiuto?Quindi anche se avesse sodomizzato un cavallo, il suo nobile collo sarebbe stato comunque da spezzare?
Forse era il caso di smettere di porsi domande idiote e deliranti.
Scosse la testa e realizzò che per vestirsi avrebbe necessitato del proprio maggiordomo.
E quel maggiordomo era Billie.
Si fece forza e suonò il campanello, tanto valeva tagliare la testa al toro ed affrontarlo subito e direttamente. Dopo qualche secondo Billie sbucò dalla porta, nel suo solito confusionario modo di fare, ma impeccabile come sempre nella sua elegante livrea.
Michael deglutì a vuoto e lo fissò negli occhi – Aiutami a vestirmi. -
- Sì, padrone. -
Il conte si domandò se a Billie importasse qualcosa di ciò che avevano condiviso la notte precedente o se lo avesse già cancellato dalla propria memoria. Avrebbe voluto chiederglielo, ma era terrorizzato dalla possibile risposta.
Così, preso da tutti quei dubbi, si lasciò abbigliare in silenzio, pur avvertendo una certa tensione nell’aria, visto che Billie non era mai stato tanto perfetto e collaborativo.
Proprio lui, il robot più scansafatiche del mondo!
Alla fine, dopo aver deciso d’infilarsi da solo almeno le scarpe, il conte prese il coraggio a due mani ed esordì con tono fermo.
- Billie. -
- Sì, padrone? -
- Billie… tu… tu rammenti qualcosa di ieri sera? -
L’androide arricciò la bocca morbida, in quella che era palesemente una manifestazione di fastidio – Signore, io ricordo qualunque cosa mi sia accaduta intorno, possiedo un disco rigido di memoria da… -
- Sì, Billie, lo so. -
- Allora, se lo sa, cosa me lo chiede a fare? –
- Perché sei un automa supponente, ecco perché! – sbottò Michael accigliandosi. A quanto pareva, l’impertinenza di quel pezzo di latta non era stata nemmeno intaccata dalle emozioni vissute insieme.
- Bene, visto che dici di ricordarti tutto, che impressione ne hai avuta? -
A quel punto l’altro lo fissò con un’espressione che si poteva definire solo stupefatta. Ed anche un po’ idiota.
- Signore, io… – farfugliò stentatamente il robot.
Ah ah! Sei in difficoltà adesso, bastardo! Pensò il conte con intima soddisfazione.
- Signore, io non so cosa dire, a parte che… lei è molto bravo, ecco. – mormorò con cautela. Quello era un discorso potenzialmente pericoloso, sia per l’integrità del proprio involucro che per l’ego smisurato del proprio padrone.
Michael alzò le sopracciglia.
- Bravo?! – ripeté scettico – Come fai ad affermare che io sia bravo? L’avevi forse già fatto con qualcun altro? – chiese indispettito e sospettoso.
- No, assolutamente! – si affrettò a rispondere l’umanoide, agitando le mani – No, no, è che… Insomma, a me…cioè è stato…beh, mi è piaciuto… Moltissimo! – balbettò a raffica.
Il conte piegò la testa di lato, assottigliando lo sguardo. Quel diavolo di coso non gliela raccontava giusta.
Billie, da parte sua, riusciva a mantenere un’espressione impassibile solo perché non era programmato per sfuggire lo sguardo altrui, infatti, se solo avesse potuto, avrebbe voltato la testa arrossendo d’imbarazzo.
- Mi stai dicendo la verità? –insistette Mike.
- Assolutamente sì, padrone. -
- Allora ripetimelo: com’è stato? -
Billie fece una smorfia impercettibile e deglutì, anche se in realtà non era dotato di saliva da mandare giù.
- Me… meraviglioso, signore. Mai provato nulla del genere. -
Pritch lo fissò ancora di traverso, poi scosse la testa – Vieni, voglio fare colazione. – e detto questo uscì dalla camera, seguito da un Billie a capo chino, e con due occhi così sbarrati da sembrare che avessero visto scene definibili scabrose, anche dal più sfrenato dei libertini.
Quegli stessi occhi che in quel momento si erano fissati sul fondoschiena del suo padrone e non avevano nessunissima intenzione di schiodarsi da lì. Indubbiamente doveva essersi bloccato qualche circuito…
- Billie! – Il suo nome, ruggito da Michael, lo risvegliò di colpo, così sollevò la testa in tutta fretta pronto a scappare via.
- Signore? – replicò con un evidente tremolio nella voce.
- La colazione. – gli ricordò perentorio il conte.
- Sì, signore. La colazione. – ripeté l’automa come un pappagallo ammaestrato.
- Vai in cucina a prendere la colazione. – insistette il padrone di casa, con la pazienza ridotta ai minimi storici.
- Sì, signore. -
Mike si strinse forte la radice del naso – Mi sa che quello che è successo stanotte ti ha fatto diventare solo più stupido. -
Billie per poco non sbatté contro la porta che dava in cucina, e fu lì lì per investire la governante, rischiando di trinciarle i tentacoli con i piedi. Quest’ultima, ovviamente, non si fece sfuggire l’occasione di gridargli contro, lanciandogli qualsiasi improperio conoscesse ed inventandone addirittura di nuovi. Il povero Billie, stordito, per sfuggire a quel torrente d’insulti corse via, rischiando di fracassare il vassoio che aveva in mano e tutto il suo contenuto.
Tuttavia, alla fine, riuscì a servire una colazione pressoché integra al suo padrone, se non fosse stato per le uova che, a seguito di quel trambusto, sembravano un po’ più strapazzate del solito.
L’androide si sentiva strano, agitato, quasi come se qualcuno avesse infilato le mani nei suoi ingranaggi ed avesse rimescolato tutto quanto senza alcuna cura.
Se fosse stato umano, avrebbe potuto usare una vasta gamma di parole per descrivere le proprie sensazioni, cose molto romantiche del tipo “farfalle nello stomaco”, ma dato che invece era fatto di ferro, l’unica espressione che rendesse bene l’idea di come si sentisse era svalvolato.
Michael passò metà della mattinata a chiedersi se aver fatto sesso con il proprio automa non fosse stato un errore madornale, nel senso che quanto accaduto tra loro la notte precedente, sembrava aver mandato in tilt tutti i circuiti di Billie.
Quando si ritirò nel proprio studio per aprire la corrispondenza, Lord Pritch rimase in silenzioso ascolto dei rumori che provenivano dal piano superiore e che indicavano Billie che inciampava, Billie che fracassava in terra un vaso Ming, e Billie che calpestava i tentacoli di Miss Tender per l’ennesima volta, aggiudicandosi un’altra sequela di maledizioni. Insomma, quel robot fuori di testa stava vagando come un’anima in pena per tutta la casa, facendo danni a profusione.
Questa situazione mi sta sfuggendo di mano… Meditò il nobiluomo grattandosi la fronte, per poi alzarsi di scatto ed uscire in cerca di Billie, onde evitare che quel disastro ambulante gli distruggesse la dimora con la sua sbadataggine.
- Billie. – Lo chiamò una, due, tre volte prima di trovarlo, intento a lucidare i vetri di una cristalliera con un risultato piuttosto opinabile.
- BILLIE! – gridò esasperato.
- Signore! – esclamò questi colto alla sprovvista, urtando l’anta in vetro e rischiando di fracassarla.
Il conte avanzò verso di lui, ma non accorgendosi che il pavimento era stato appena incerato, scivolò malamente e finì con il sedere a terra, cosa di cui il suo osso sacro non fu affatto felice.
- Padrone! -L’automa gli si precipitò accanto, slittando a sua volta, e cadendogli addosso come un sacco di patate.
Michael sospirò paziente, cercando di controllare la rabbia che sentiva salirgli dentro per colpa di quell’imbranatissimo robot – Billie, ascolta. Oggi ti vedo particolarmente distratto e… -
- No! – replicò lui mettendosi in ginocchio con aria compita, ma imbarazzata – E’ stato solo un caso! -
- Non prendermi in giro, sei peggio di prima ed è tutto dire! – sbuffò il nobiluomo. Poi, prendendo un lungo respiro, guardò l’androide e gli sfiorò una guancia con la punta delle dita – Ora tirati su. – lo esortò a bassa voce, facendo altrettanto.
Billie miracolosamente ci riuscì senza fare eccessivi danni, a parte rompere in mille pezzi una biscottiera di cristallo, appartenuta ad una lontana ava di Lord Michael, che si trovava sul tavolinetto basso cui si era appoggiato per rialzarsi.
- Billie, tu sei davvero turbato! – esclamò Lord Pritch con convinzione.
- Ma no, signore, perché lo pensa? -
- Semplice. Perché fin’ora, svolgendo i tuoi compiti, ti eri limitato a distruggere solo mezza casa. Adesso invece stai tentando di distruggerla del tutto. Cosa c’é, Billie? Non ti è piaciuto quello che è successo tra noi ieri notte? Sei così in ansia per questo motivo? – l’interrogò il conte.
Il maggiordomo lo fissò con intensità, cercando di formare un discorso sensato nella propria mente, perché se avesse risposto d’impulso, avrebbe senza meno balbettato in modo incoerente.
- No. -
- Come no?! –sbraitò Michael del tutto spiazzato.
- No nel senso di sì! – si affrettò a chiarire l’automa – Non sono agitato perché non mi sia piaciuto, bensì perché mi è piaciuto molto! -
- E quindi…? – chiese il suo padrone, sempre più confuso.
L’androide, a disagio, distolse lo sguardo – Io non posso provare ciò che ha sentito lei, signore, e quindi non so se le emozioni che ho sperimentato l’altra sera possano essere considerate reali e veritiere come le sue. – spiegò il robot in un sussurro intimidito.
- E che t’importa di saperlo?! – ribattè il conte di getto, accorgendosi troppo tardi di come la propria frase potesse venire male interpretata, risultando completamente priva di tatto – No, scusa…mi sono spiegato male. Ciò che voglio farti capire è che non devi paragonare le tue sensazioni alle mie. Ciò che hai provato è tuo e solo TUO, fa parte di te, e solamente tu puoi sapere se ti abbia coinvolto o meno, se ti sia piaciuto e quanto, non esiste un termine di paragone unico, valido per chiunque. -
L’altro parve pensarci su un secondo, poi rispose piano – Allora, per quanto mi riguarda, è stata una cosa meravigliosa. -
Michael ghignò, posandogli un bacio lieve sulle labbra morbide –D’accordo, va bene così. Ed ora smettila di essere tanto agitato e vieni con me, andiamo da Lord Coole. -
- Da Lord Coole? – ripeté l’umanoide – Perché? -
- Sant’Iddio, Billie, Edward è il mio più caro amico, è ovvio che ogni tanto voglia andare a trovarlo! -
Il maggiordomo annuì compito, astenendosi dal fare ulteriori commenti, anche se, in realtà, non è che gli piacesse poi molto Lord Coole. Quel tizio non era né carne e né pesce, né robot e né umano, e soprattutto lo studiava come se fosse una prelibata vivanda da assaggiare.
Ciononostante non si rifiutò di accompagnare il proprio padrone, un po’ perché il terrore di essere disattivato, smontato, venduto o chissà cos’altro gli circolava ancora nei circuiti, un po’ perché non voleva contraddire chi gli aveva fatto toccare il cielo con un dito, semplicemente con uno sguardo.
Inoltre quello era un ordine a cui, nonostante il proprio spirito polemico, conveniva non ribellarsi, visti i disastri che aveva già combinato quella mattina e per i quali Lord Pritch non l’aveva neanche punito.
- Sì, padrone. – poté solo mormorare, mentre Michael, facendo un cenno di assenso, usciva dalla stanza con passo cadenzato.
Billie scosse la testa, quasi a rimescolare i propri ingranaggi. All’improvviso una strana sensazione si era impadronita di lui… Forse stava diventando pazzo? Possibile che gli battesse… il cuore? O si trattava di un black out di quell’ammasso di fili elettrici che aveva nel petto?
- Billie! -
- Arrivo padrone! – rispose avviandosi a passo svelto.
Una volta tanto si ricordò perfino dei suoi compiti da maggiordomo e si recò subito a far preparare la carrozza, ottenendo un’occhiataccia stizzita da Tanit, lo stalliere, che tuttavia, pur imprecando tra sé, eseguì quanto richiestogli. Billie aveva sempre avuto il sospetto che quel tipo ce l’avesse a morte con lui perché, povero piccolo robottino, se ne stava in casa, al caldo, con un’elegante livrea indosso, mentre a lui toccava infilare le braccia nello sterco di cavallo tutti i santi giorni.
Quando fu tutto pronto, Billie si premurò addirittura di posare, sullo strapuntino della carrozza, un plaid per coprire le gambe di Lord Michael in caso avesse avuto freddo.
Miss Tender, la governante, se ne accorse e non poté esimersi dal punzecchiarlo – Ah, finalmente ti decidi a lavorare! -
Lui non rispose, non aveva voglia di ribattere a delle stupide frecciatine e non aveva tempo da perdere.
- Certo che ieri notte hai fatto un chiasso immane…cosa avevi da agitarti tanto? Ti era entrata una vespa tra i bulloni? Spero proprio che Lord Pritch, una volta o l’altra, decida di spedirti a dormire nella rimessa. –insistette lei con tono acido.
La schiena dell’automa s’irrigidì di colpo. Il tramestio di cui cianciava la domestica era dovuto alla presenza di Lord Michael nella sua stanza, la sera prima… possibile che quell’arpia avesse capito tutto? No, sarebbe stato terribile!
- Eh già, può essere che lo faccia, prima o poi. – replicò a disagio, riemergendo faticosamente dalle proprie angoscianti supposizioni.
La governante lo squadrò da sotto i baffi che, nonostante fosse una mutante tentacolata, aveva lo stesso e che avrebbero necessitato dell’intervento di un barbiere.
Cosa mi sta nascondendo quel bastardello metallico? Si domandò Miss Tender furibonda.


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