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Autopsie narrative

Creato il 02 maggio 2011 da Mcnab75
Autopsie narrative

Nelle ultime settimane ho fatto un esperimento, paragonando alcune mie vecchie recensione a quelle di altri lettori, conosciuti e sconosciuti. Stessi romanzi e autori, con una lieve predominanza di scrittori italiani (diciamo 60 a 40).

Il risultato non poteva che essere estremamente eterogeneo, e infatti così è stato. I gusti, del resto, non si discutono. O, come preferisco dire nei miei giorni in modalità camionista, i gusti sono come gli orifizi anali: ciascuno ha il suo. Ed è giusto che sia così – pensate come sarebbe scomodo dover condividerne uno per tutta l'umanità! Idem per i gusti.

Tuttavia c'è una categoria di recensioni per cui la mia avversione cresce sempre di più, giorno per giorno. Sono quelle che Davide un giorno ha definito autopsie letterarie.

Attenzione: nessuno mette in dubbio la legittimità di bocciare un libro che non è piaciuto. Io stesso, lo sapete bene, non mi faccio problemi nell'indicare come “insufficiente” tutti quei romanzi che non ho gradito. È un ottimo modo per farsi molti amici, ma è anche l'unico modo decente di fare un minimo di critica onestà.

Tuttavia, immediatamente sotto la prima voce della mia black list (occupata dai lecchinatori di professione, quelli che non leggono MAI un brutto libro) ci sono i necrofori della narrativa. Per ironia della sorte questi figuri sono l'esatto opposto dei lecchinatori, ossia hanno la particolare abilità di non leggere MAI un libro esente da critiche, difetti e (spesso) sberleffi sarcastici.

La peculiarità del loro modo di recensiere è ben nota: articoli lunghissimi, a mio parere di una noia intrinseca spropositata, in cui si dilettano a tracciare una mappa di ogni singola virgola o parola che, nel loro superiore modo di intendere la letteratura, non rientra nella Perfezione con la P maiuscola.

Sono coloro che stroncano un romanzo di 800 pagine perché “Gli arcieri di Filippo il Bello indossavano dei calzari di pelle di capra, e non di cuoio come descrive quell'ignorante dell'autore.”

O per altre piacevolezze del genere.

Oppure scatenano strali e maledizioni perché questo o quel personaggio non agisce e non si comporta come vorrebbero loro. O perché in un dialogo di quattro pagine utilizza un termine inappropriato. “Brandon a un certo punto dice «Questa pietra sembra una palla da rugby.» Il che è un'immane cazzata, perché il romanzo è ambientato nel 1829, mentre William Gilbert ha inventato le prime palle da Rugby nel 1830! Questo libro non vale niente!

Insomma, ci siamo capiti.

Beh, io sarò sbagliato, ma odio questo modo di fare critica. Ammesso che di critica si tratti.

Pare che certi individui non si divertano a leggere, bensì cerchino in ogni modo una scusa per stroncare tutto ciò che capita sotto i loro malevoli occhietti. Si ammantano di cultura e di saccenza, ma ricordano sempre più gli appassionati di calcio da bar, quelli che fanno sempre meglio dell'allenatore in carica. Sono i tifosi che son più contenti quando la squadra del cuore perde, così possono trascorrere un'intera settimana a sacramentare contro i giocatori, contro il mister e contro la presidenza.

È un modo di vivere che sta infettando anche il mondo dei blogger e dei recensori. Forse si tratta di una reazione estrema nei confronti delle armate di lecchinatori senza spina dorsale che operano nel modo opposto. Comunque sia, è una reazione sbagliata e orripilante, come il fascismo era sbagliato come reazione alla mollezza indegna della classe politica italiana del post '15-'18.

La scrittura deve essere professionale, su questo non ci piove. E in Italia è ben lontana dal raggiungere questo requisito minimale.

Ciò non toglie che la scrittura produce lettura, che è una fonte di arricchimento ma anche di divertimento. Se non ci si diverte a leggere nulla, consiglio a lor signori di dedicarsi ad altro.

Al calcio, magari.

Troveranno moltissime soddisfazioni.

PS: Specifico, onde evitare incompresioni, che non ce l'ho con chi si occupa di tutto ciò con ironia o smaccato sarcasmo. Come fa per esempio l'amico Zweilawyer con la sua rubica fantatrash. Obiettivamente i titoli che Zwei fa a pezzi possono a malapena essere definiti libri, trattantosi di mere furbate editoriali pubblicate per attirare i lettori più giovani e inesperti.


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