Il fenomeno del momento, in campo editoriale, è l’autopubblicazione o, per chi inglesizza tutto, il self-publishing. Così come qualche tempo fa tutti parlavano dell’EAP (editoria e a pagamento) soprattutto per dichiarare la propria contrarietà, oggi sono in tanti a disquisire di quest'altro fenomeno.
Vorrei premettere che io non sono affatto un’esperta in questo campo, mi trovo nella fase in cui sto cercando di farmi un’idea dell’autopubblicazione, di valutarne pro e contro, di informarmi leggendo articoli, di ascoltare chi esprime un’opinione in merito. Come ho detto spesso soprattutto a chi mi scrive, non sono in grado di dare un parere definitivo né di consigliare quali piattaforme usare, anzi presto ospiterò chi ne sa più di me e vuole condividere queste sue conoscenze.
Fatta questa premessa, quindi, le mie sono solo riflessioni.
Tra i tanti articoli letti ultimamente sull’argomento (e ne trovate molti sia a favore che contro), leggevo proprio oggi questo di Irene Vanni.
L’autrice si rivela dichiaratamente contraria all’autopubblicazione, e ci sono due punti del suo articolo che mi hanno portato a riflettere e che secondo me mettono a fuoco questioni importanti:
1) chi pubblica un libro con il self-publishing non passa attraverso la valutazione e la cura del testo di una casa editrice.
2) chi pensa di meritare di essere pubblicato dovrebbe aspettare di trovare una casa editrice, perché prima o poi, se il testo vale, otterrà la giusta attenzione.
1) Nel nostro paese il sogno di fare lo scrittore è altamente inflazionato, tutti scrivono e desiderano veder pubblicate le proprie opere, anche chi ha un vago ricordo delle regole grammaticali e chi ha tante idee quanto quelle di una mucca. Messa così, se la grande massa di questi aspiranti scrittori decide di autopubblicarsi, il mercato dei libri verrà inondato di tanta, tanta spazzatura. In parte condivido quindi la paura che chi si autopubblica non venga mai valutato, non riceva alcuna forma di editing, ecc. Come lettrice sono diffidente verso questi libri, così come lo sono verso chi ha usato un’EAP. Perché dovrei spendere soldi e tempo per un testo che potrebbe essere qualitativamente pessimo? Una casa editrice, almeno in questo senso, dovrebbe rappresentare una forma di garanzia. Ma ci sarebbe molto da dire anche sulla qualità delle pubblicazioni che hanno un marchio di fabbrica. Soprattutto negli ultimi anni, circolano opere edite da nomi editoriali importanti che dimostrano una scarsissima cura del testo e scelte di dubbio gusto. Senza scendere nei dettagli, non si può generalizzare dicendo “ciò che viene pubblicato da un Nome Importante è tutto oro”, come non si può dire “ciò che viene auto-pubblicato è sempre spazzatura”.
Per contro, penso che chi si autopubblica abbia il dovere di dare il massimo. Dovrebbe rivedere e rivedere ancora fino alla nausea quello che propone ai lettori, proprio perché lo fa senza l’intermediazione di un editore. Quando sento persone che si lamentano che le loro case editrici a pagamento non hanno fatto editing mi vengono i brividi. Sei uno scrittore, sei tu che dovevi presentare un libro perfetto, non puoi aspettare che qualcun altro corregga le tue virgole messe a casaccio!Se chi si autopubblica lo fa proponendo un'opera di scarsa qualità, non farà altro che perpetuare il presupposto che l'autopubblicazione è il rifugio di chi non sa scrivere.
2) Se hai scritto un buon testo prima o poi qualcuno ti pubblica: è vero. È vero che se non puoi arrivare ai Grandi Nomi a meno di passare per una raccomandazione o un’agenzia letteraria, puoi però accedere a nomi meno importanti. Ma quanto ne vale la pena?
Autopubblicarsi in questo senso presenta enormi vantaggi, perché permette l’indipendenza, permette di bypassare certe meccaniche editoriali, di non restare vincolati a contratti e di non regalare una enorme fetta dei diritti d’autore, e così via.
Tutto questo a patto di essere disposti ad accollarsi la gestione di una pubblicazione. A patto di non pensare che questo tipo di soluzione possa essere una soluzione facile. A patto di essere consapevoli dei problemi e delle sfide rappresentate dall'autonomia.
Non si deve pensare che siano tutte rose e fiori, questo appare evidente anche a chi non ha mai affrontato una pubblicazione fai da te, come me. Ma quello che è certo è che “aspettare l’occasione giusta” potrebbe non essere un’alternativa migliore rispetto all’autogestione. Lo è solo in un mondo ideale, nel quale l’editore ha una distribuzione degna di questo nome, fa una appropriata promozione, garantisce una buona fetta di diritti, non cerca di sfruttarti e basta. Ma non siamo in un mondo ideale.
In conclusione, penso che l’autopubblicazione presenti vantaggi e svantaggi, ma non per questo vada bollata negativamente. È un fenomeno negativo se lo si considera come il rifugio dei disperati, degli scrittori falliti, di chi non sa scrivere, ma vuole a tutti i costi pubblicare. Invece, può essere una buona opportunità per chi vuole svincolarsi da meccanismi editoriali troppo stretti, per chi non vuole fare le ragnatele aspettando che il proprio testo emerga tra la massa enorme dei manoscritti inviati.
E voi cosa ne pensate dell’autopubblicazione? Siete favorevoli o contrari?
Anima di carta