Ci sono autori e autori, alcuni di talento, altri meno. Ma un certo tipo di autori vanno seguiti con maggior interesse: costoro sono quelli che credono di essere i migliori ed esprimono il loro “valore” compiendo gesta epiche, di enorme coraggio.
Come chiedermi l’amicizia su Facebook e, un minuto dopo, mandarmi un messaggio (assolutamente privato) per chiedermi di poter visionare la propria opera. Io, sempre gentile tanto quanto sono pirla, fornisco la mail giusta per garantire alla mia nuova “amica” l’opportunità di inviare alla CIESSE il proprio lavoro in modo da poterla valutare.
Leggo con attenzione il suo lavoro: è un saggio.
La ricontatto, le chiedo perché ha scelto me e la CIESSE, ho bisogno di capire con chi ho a che fare, non la conosco, per me è un indefinito utente della rete, non so nemmeno se esiste per davvero, non è la prima volta che incontro dei “falsi profili” per la strada ‘facebookkiana’. Mai avuto a che fare prima con lei, noto solo che conosce altri nostri autori, per questo ho pensato positivo. Magari, parlando fra loro, hanno discusso della CIESSE, immagino positivamente visto che mi ha contattato.
Invece no, la mia domanda, esternata per lo più per capire chi mi sta chiedendo di investire su di lui/lei e perché dovrei farlo, viene interpretata quale richiesta di… “lecchinaggio“, fino al punto di degenerare con provocazioni che mi fanno capire che sono caduto in una trappola, ove io sono il brutale e cattivo editore che sfrutta il mondo dell’editoria a proprio uso e consumo e che degli autori me ne fotto alla grande.
Mi scrive che Dio non esiste, quindi IO non esisto. Follia pura che mi induce a interrompere qualsiasi dialogo, ma ormai la frittata è fatta e io, da PIRLA, gliel’ho servita su un piatto d’argento.
L’autrice mi aggredisce scrivendomi che devo pensare solo a quel che ha scritto e non sapere chi è lei (sottolineo che mi è arrivata una scheda sintetica, non il testo completo). Non contenta, mi precisa che io dovrei credere in lei per come scrive e basta.
Le dico di NO! Il motivo mi sembrava chiaro ed evidente, ma non a lei che insiste nel chiedermi spiegazioni, asserisce che detiene il diritto di conoscere il motivo del mio diniego. Per carità, di motivi ne avrei un migliaio, considerando com’è andata la “discussione”, ma cerco di mantenere il controllo e le dico la verità:
“Non mi piaci come persona!“.
Apriti cielo… ho toccato il “nervo” dell’ “egocentro autorale!“.
La tizia pubblica sul suo blog l’intera conversazione, in spregio alla privacy e nell’illegalità più assoluta (ma non me ne frega nulla, che faccia pure), poi apre la discussione sulla sua pagina Facebook ove evidenzia con forza come, nella chat, io non usi correttamente i congiuntivi mentre lei, prima di pubblicare copiaincollando l’intera conversazione, si prodiga a revisionare quel che ha scritto correggendo tutti i SUOI errori. Ma non importa, va bene così!. Le risponde un unico tizio, lui sì che appare in piena attività “lecchinatoria” dandole ragione a man bassa.
Comunque il tutto finisce lì. Perché, allora, scrivo questo articolo?
Perché, oltre che PIRLA, mi sono sentito “violato” nella mia privacy e, soprattutto, perché da oggi diffido di tutti coloro che non conosco (cioè la maggior parte di chi mi chiede di venire pubblicati), anche quelli che meriterebbero il meglio del meglio. In pratica, questa storia mi ha peggiorato, non certo migliorato.
Ecco il motivo di questo articolo. E pensare che tutto era iniziato da una mia disponibilità e gentilezza… incredibile!