Autori sull’orlo di una crisi anemica. Una analisi sull’editoria di Iannozzi Giuseppe

Creato il 15 luglio 2011 da Iannozzigiuseppe @iannozzi

Una analisi sull’editoria

di Iannozzi Giuseppe

Su Il Corriere della Sera, Alfonso Berardinelli scrive: “Non credo che la poesia oggi in Italia sia meglio della narrativa. Si tratta di situazioni opposte. La narrativa è corrotta dal mercato, dal miraggio del best-seller, dagli editori, dai premi e dalla povertà culturale degli autori: ma chi scrive un romanzo sa di doversi confrontare con una realtà esterna alla scrittura. La poesia è corrotta invece da se stessa, dall’idea che ha di sé: fuga dalla comunicazione o libera espressione del già saputo. Chi scrive poesia crede di essere giustificato, qualunque cosa scriva, dal fatto che lo scrive al riparo di un’idea-valore, l’idea di poesia. Se ci si liberasse di questa idea consolatoria, si arriverebbe a guardare in faccia la realtà dei testi, e si potrebbe tranquillamente constatare che il 90% di ciò che si legge nelle collane di poesia e nelle antologie, è da dimenticare.

Tutto qui? Che cosa resta una volta messa da parte la poesia incomprensibile e quella noiosa? Restano una decina o poco più di poeti, che sanno di che parlare e sanno che cos’è un verso. Chi sono costoro? Per ragioni di cortesia, raramente i critici si decidono a dirlo, anche perché fra i non-poeti finirebbero parecchi «nomi» che negli ultimi vent’anni si sono conquistati, chissà come, un certo prestigio. Un prestigio convenzionale e diciamo pure editorial-mondano, fondato più sulla tenacia autopromozionale degli autori che sulla qualità dei testi. Ma anche quando i critici scelgono i loro poeti, non sono mai d’accordo, o l’accordo riguarda a malapena un paio di nomi.” – Alfonso Berardinelli

Purtroppo la letteratura, anzi la narrativa italiana degli ultimi anni è priva di qualsivoglia valore, poca o nulla sostanza; gli autori sono autoreferenziali, diaristici, e nello stile, anzi nel non-stile minimalisti. L’ultimo Strega andato a Edoardo Nesi con “Storia della mia gente” null’altro è se non un diario narrato. Non val neanche la pena di perdere del tempo per esporre una critica severa o no sù questo lavoro. Non è comunque che le precedenti edizioni del premio abbiano consegnato a critici e lettori dei capolavori o anche solo dei lavori leggibili: perlopiù romanzetti; e Tiziano Scarpa con “Stabat Mater” finisce in tribunale per la seconda volta con l’accusa di plagio. Abbiamo poi Antonio Pennacchi, Niccolò Ammaniti, Paolo Giordano, Margaret Mazzantini. Lavori che lasciano il tempo che trovano e che a mio avviso non era il caso di premiarli con lo Strega. Gli editori riempiono gli scaffali delle librerie con improbabili storie su vampiri e altre creature simili: ci sono bancali stracolmi di simili fesserie, che qualcuno legge (più che altro adolescenti)! Gli stereotipi adoprati sono sempre gli stessi, ma il lettore comune par che non se accorga, perlomeno sin tanto che non raggiunge il limite di saturazione. Va da sé che di simili pubblicazioni non resterà traccia alcuna nel giro di un anno o anche meno.

L’editore non punta alla qualità e alla sostanza, ma solo alla commerciabilità istantanea del prodotto; direi che questo è segno dei tempi, tempi bui, non c’è da farsi troppe illusioni.

Ci si lamenta che gli italiani non leggono: vorrei ben vedere, con quello che gli viene proposto c’è da farsi il sangue amaro e non poco. Per com’è oggi il catalogo di molti editori meglio è non leggere. Si è sommersi da storie di vampiri, di zombie, di improbabilissime storie sulle Brigate Rosse oltreché sulla Mafia, sul fondamentalismo, etc. etc. La criminalità viene trattata dagli autori con un piglio così tanto libero da inibizioni da risultare irreale e non poco fantasiosa. instant book su BR e Mafia è impossibile contarli. Unico lavoro veramente meritevole d’una attenta lettura è “Strage” di Loriano Macchiavelli. In questo caso, e in pochissimi altri, è possibile parlare di Letteratura. Il resto è paccottiglia studiata per essere un mero prodotto e non altro.

Il libro deve essere non solo un prodotto, deve essere capace di resistere nel tempo e di vendere nel corso di più generazioni. Questo significa far Letteratura. Scrivere tanto per scrivere e immettere sul mercato instant book modaioli è darsi la zappa sui piedi; in un primo momento il lettore si lascia (purtroppo) catturare dal prodotto, dalla moda, ma c’è un limite a tutto. Il mercato è saturo di simili prodotti editoriali di nessun valore; e il lettore, anche quello più ostinato, ad un certo punto dice ‘basta, non ne posso più della solita solfa’.

In sostanza sì, sono d’accordo con Alfonso Berardinelli. Editori e autori sarebbe bene che ci pensino sù, con molta serietà.

Sono anche d’accordo con Valter Binaghi quando dice “è uscita in molti casi cattiva letteratura, cioè sociologia d’accatto, compresa molta di quella che i Wu Ming chiamano New Italian Epic”: questa buffa cosa che sarebbe la NIE – che per nostra somma fortuna non ha avuto una presa rilevante o degna di nota – ha imbastardito la narrativa, di certo quella dei WM e di pochi altri che hanno dato credito la NIE. Per dirla in maniera un po’ brutale, la NIE è riuscita solamente a far inalberare qualche critico, ma in ogni caso di poco, difatti la NIE se la sono mangiata con quattro parole (di contorno), non di più. Ha purtroppo rovinato altri autori vicini ai WM: ad esempio gli ultimi lavori di Valerio Evangelisti proprio non riesco a leggerli, e l’ultimo capitolo su Eymerich l’Inquisitore è rimasto intonso o quasi: dopo venti pagine non ho retto più e l’ho abbandonato.

In ogni caso troppi autori, famosi e non, si credono Dio in persona e guai a far della critica costruttiva su i loro lavori: alcuni sono capaci di spararti addosso, a vista. E che dire di Antonio D’Orrico romanziere? Un libro impossibile, di certo tra i più brutti che abbia mai letto. C’è di che piangere sul serio.


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