Magazine Fotografia

Autoscatti

Da Andreapomella

Kubrick autoscattoQui il mondo è pieno di fotografie, al punto che ci penso spesso se ci sono più fotografie o più mondo. Nelle fotografie ormai sanno tutti come posizionarsi, che smorfie fare, come contrarre le guance e mettere in risalto i denti, come essere buffi o misteriosi. Grazie a Dio ci sono pure certi anziani che invece fanno ancora le facce sbilenche dentro le fotografie, e sono i più degni, i veri spiriti angelici di questo tempo. Io non sono fotogenico, credo di non esserlo neppure fuori dalle fotografie. Non sono fotogenico in termini generali. L’altro giorno in ufficio ho incontrato una tizia che faceva avanti e indietro lungo il corridoio, parlava al telefono con delle auricolari bianche, poi ha aperto la porta del bagno e mentre continuava a parlare nelle auricolari del telefono si è messa a posto la chioma nebulosa davanti allo specchio. Quando ha finito la telefonata, pensando di non essere vista, si è fatta un autoscatto. Io l’ho vista perché aveva lasciato la porta dell’antibagno aperta, io stavo nell’altro antibagno, quello degli uomini, anche lì c’era la porta aperta, mi stavo lavando le mani, e dallo specchio ho visto lei che si faceva l’autoscatto, due porte più in là. Ho capito che il suo problema immediato era assicurarsi di non essere vista. Il problema per lei era il gesto, l’atto del fotografarsi. Non la fotografia scattata nel cesso dell’ufficio, non questa cosa in sé. Voglio dire, se la gente oggi ha ancora un po’ di pudore ce l’ha nel momento in cui si mette in posa, nei minuti di santa pace in cui si intrattiene con l’obiettivo della fotocamera del cellulare. In quel momento vuole esser sola. Poi, be’, poi si dà la fotografia in pasto al mondo, e quello dà una spinta al meccanismo dell’evoluzione, al rito collettivo.


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