Ieri sera sono stata a L’Aquila, sono tornata in città dopo più di un anno. La trovo brutta, non per il terremoto che ne ha devastato l’essenza, per le sue persone, macchiate da un bisogno di apparenza inutile. A Teramo, siamo ancora genuini, paradossalmente più liberi con il nostro carico di ignoranza. Mi sentivo soffocare, e per la prima volta in vita mia, ho sentito il peso delle montagne cadermi addosso come fossero muri insormontabili. Mi sono sentita libera nel momento in cui, al ritorno, in piena notte, ho superato la lunga galleria del Gran Sasso, quando ho recuperato la visuale e l’apertura del profondo. Anche le stazioni radiofoniche trasmettevano musica felice, il cielo era leggero e ampio, sentivo l’aria commovente di casa arrivare a proteggermi. Il resto è passato, come l’ingente pagamento al casello che distanzia il legame tra città di una stessa regione.
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