Dopo la pausa estiva, riprendono gli appuntamenti musicali con i lettori dell’Undici per i quali, ogni fine mese, RCB sceglie 11 dischi da (ri)scoprire. Per voi, con l’arrivo dell’autunno, 11 consigli musicali sempre in bilico tra presente e passato,tra rock e classica, senza dimenticare la musica italiana. E’ la musica che propongo tutti i giorno agli ascoltatori di RCB, la webradio che trasmette solo buona musica ad ogni ora del giorno e della notte. Ascoltala adesso con iTunes, Windows Media Player, Winamp o Real Player, se hai un iPod, un iPhone o un iPad scarica l’App ufficiale di RCB. In ognuno di questi casi buon ascolto!
Leonard Cohen – Old Ideas
Alla soglia degli ottant’anni, cosa si può chiedere di più a Leonard Cohen che 10 splendide canzoni? L’artista in giacca, cravatta e cappello ritratto in copertina (decisamente bella!) ricicla “vecchie idee” per parlare con humor (nero) dei temi di sempre: amore, decadenza, sesso, abbandono, religione, vita, morte. Le canzoni di Old Ideas sono essenziali, scarne, ormai spoglie di tutti quei suoni che hanno appesantito alcune produzioni precedenti di Cohen. Il disco però non è freddo come si potrebbe pensare, la sensazione finale dopo l’attento ascolto è di un calde penetrante. E’ il piacere di aver ascoltato qualcosa di bello che prevale, il gusto di aver apprezzato tutte le sfumature che questo inquieto elegante signore è ancora capace di creare, l’aver percepito il senso della sua scrittura poetica unita alla ricercata melodia. Un disco così Leonard Cohen era tanto che non lo faceva, non c’è da stupirsi, ma solo da applaudire un artista che, dopo aver ritrovato il suo pubblico nei concerti dal vivo, ha pubblicato uno dei suoi album più belli di sempre.
Zaz
Zaz è lo splendido disco che ha lanciato Isabelle Geffroy, in arte Zaz, suo soprannome fin da bambina, ma soprattutto simbolo che rappresenta per lei l’inizio e la fine di ogni cosa, come la a e la z, che sono l’inizio e la fine dell’alfabeto. Oltralpe Zaz, oltre ad essere considerata la più bella rivelazione della musica pop francese degli ultimi anni, è stata spesso paragonata ad Edith Piaf per aver ricreato con molto eleganza quelle atmosfere tipiche della rive gauche del lungo Senna e quei suoni caldi e notturni dei Bistrot del Quartiere Latino. La musica di Zaz affonda le sue radici direttamente nel jazz e nella tradizione culturale e musicale francese, accogliendo segni di modernità e lasciando trapelare un enorme senso di libertà. Basta ascoltare Je veux per capire chi è Zaz, musica e parole non lasciano dubbi sulle qualità di questa ragazza. Consigliatissimo!
Adriano Celentano – Facciamo finta che sia vero
Per le nove canzoni di Facciamo finta che sia vero il molleggiato ha chiamato alla sua corte un bel po’ di gente brava e che stimo: Giuliano Sangiorgi in Non ti accorgevi di me, Pacifico in Ti penso e cambia il mondo, Franco Battiato e Nicola Piovani in Facciamo finta che sia vero, Jovanotti in Fuoco nel vento e in La cumbia di chi cambia, Raphael Gualazzi in La mezza luna. Il disco raggiunge il punto più alto con Non so più cosa fare dove sotto il ritmo incalzante di Manu Chao passano in rassegna Jovanotti, Franco Battiato e Giuliano Sangiorgi, tutti graditi ospiti che sposano la causa del molleggiato, portavoce di tutte le generazioni dei problemi del nostro paese. Non tutto gli riesce perfetto in questo disco in cui si fa carico della rabbia dei cittadini verso i disastri che la politica ha provocato all’Italia, ma i messaggi che partono sono in gran parte buoni e recepibili, segno che anche in mezzo alla sofferenza c’è sempre spazio per l’amore e i sentimenti.
Meshell Ndegeocello – Weather
Michelle Lynn Johnson, in arte Meshell Ndegeocello, è una brava. Il nome d’arte che ha scelto è per noi decisamente complicato e impronunciabile, ma in lingua sawhili ha un bellissimo significato che si può tradurre con “libera come un uccello”. Scrive le sue canzoni, le canta (bene) e ci suona anche il basso (molto bene). Dopo dieci nomination per il Grammy alla carriere (che non ancora vinto) Weather è il suo nono disco. Prodotto dal bravo Joe Henry, è un lavoro più cupo, intimo e riflessivo rispetto ai suoi precedenti dischi. Le classiche sonorità jazz e soul a cui Meshell Ndegeocello ci ha abituato rimangono tutte, ma spesso e volentieri si mischiano con l’elettronica creando situazioni nuove ed emozionanti. In definitiva, Weather è l’ennesimo gran bel disco di un’artista per me straordinaria e sempre più interessante.
Laura Veirs – Tumble Bee
Sottotitolo: Sings Folk Songs for Children. Dopo l’uscita dell’ottimo July Flame, Laura Veirs è diventata mamma e ha iniziato a pensare di registrare un album per bambini che potesse piacere anche ai suoi amici. “Practically speaking, it was great to have new songs to sing to our son, too.” Tumble Bee è nato con queste buone intenzioni che ha perfettamente mantenuto e chissà quante volte mamma Laura avrà cantato le sue canzoni al suo piccolo (e quante volte i suoi amici ed estimatori l’avranno fatto a loro volta con i loro bambini). La scelta delle canzoni, pescate tutte nell’ampia gamma di filastrocche, ninnananne, scioglilingua della tradizione folk americana è ben riuscita e il disco, per come è stato pensato e realizzato, funziona benissimo. Per famiglie con bambini (e non!)
The Killers – Day & Age
Day & Age non verrà ricordato come il miglior album dei Killers, ma il fatto che contenga al suo interno il singolo Human gli dà sicuramente qualche possibilità in più. Il ritornello “Are we human or are we dancer?” è azzeccatissimo e dopo averlo ascoltato non c’è verso di toglierselo dalla mente, così come tutti i coretti di contorno che funzionano perfettamente. Molto pop, molti synth, molti “oh oh oh” “eh eh eh”, funziona tutto, ma al di là del singolo citato rimane solo una sensazione di piacevolezza che però, ripensandoci bene, non è poco. Sì, i Killers sono e rimangono una band divertente e decisamente piacevole. Non serve sempre gridare al miracolo, a volte basta accontentarsi di un buon disco con un gran singolo.
Tom Waits – Bad As Me
Rapito. Mi è capitato di nuovo, sono rimasto completamente rapito da Tom Waits. Il colpevole questa volta è Bad As Me, diciassettesimo album in studio di Tom uscito a ben 7 anni di distanza da Real Gone. Dentro a Bad As Me ho ritrovato tutte le anime di Tom, preferendo come sempre quella fumosa, notturna e jazz di Kiss Me. La carriera di quest’uomo è incredibile fino alla fine e la sua capacità di ammaliare e conquistare l’ascoltatore rimane intatta anche in Bad As Me. Credo non si possa rimanere indifferenti alla voce di Tom Waits, ai suoi suoni graffianti e ricercati, alla chitarra dell’immancabile di Marc Ribot e a quella occasionale di Keith Richards (presente in 4 brani). Ormai l’avrete capito, Bad As Me è un capolavoro, la migliore conferma che Tom Waits ci poteva dare a 62 anni e dopo 17 dischi. Immenso!
Willie Nelson – The Scientist
La leggenda del country Willie Nelson reinterpreta superbamente The Scientist, uno dei singoli più belli dei Coldplay. La chitarra prende il posto del piano e la voce roca e profonda di Willie Nelson fa dimenticare quella morbida e dolce di Chris Martin. La canzone rimane un capolavoro ed è forse uno di quei rari casi un cui la cover rischia di superare l’originale. Fa da colonna sonora al film corto Back to the Start del film-maker Johnny Kelly. Canzone e film sono entrambi commissionati dalla Chipotle Cultivate Foundation con l’intento di sensibilizzare il mondo sull’importanza di sviluppare un sistema alimentare sostenibile.
Joe Henry – Reverie
Raffinato. Colto. Elegante. Gli aggettivi simili a questi si sprecano per Joe Henry, nome rimasto sempre nascosto dietro alla produzione di eccellenti dischi di gente come Solomon Burke (nel suo più bel disco di sempre Don’t Give Up on Me), Jim White (nell’ottimo Drill a Hole In That Substrate and Tell Me What You See), Ani DiFranco (Knuckle Down), Aimee Mann (The Forgotten Arm), Bettye LaVette (I’ve Got My Own Hell to Raise), Elvis Costello / Allen Toussaint (The River In Reverse), Mary Gauthier (Between Light and Dark), Lisa Hannigan (Passenger), Me’Shell Ndegeocello (Weather). Molti dipingono Joe Henry come un parente di Tom Waits, altri pensano faccia dischi solo perchè è il cognato di Madonna. In realtà, seppure tutto questo sia vero e abbia a che fare con la carriera di questo straordinario artista, pochi sanno che produce anche i suoi dischi e che questi sono dei piccoli autentici capolavori. Reverie, ultimo arrivato, non è da meno: raramente si sente convivere folk, jazz e pop con così tanto savoir faire. E’ una meraviglia, come sempre!
Coldplay – Mylo Xyloto
Come definirei Mylo Xyloto? Stravagante, a partire dal titolo. Quello che ormai è riconosciuto all’unisono da stampa e pubblico come uno dei più grandi e importanti gruppo pop del pianeta arriva al suo quinto lavoro in studio tra discutibili duetti (Rihanna era proprio necessaria?), voci di scioglimento e versi che fanno molto eco ai soliti U2 (un po’ ovunque) e ai mitici Cure (Hurts Like Heaven). In mezzo a tale stravaganza troviamo sempre la sapiente mano di Brian Eno che co-produce l’opera e, pare quasi incredibile, anche qualche buona canzone in pieno stile Coldplay: il nuovo inno da stadio Paradise, la ballad anni ’80 Every Teardrop Is a Waterfall e la melodica Charlie Brown. I numeri per un album di successo ci sono tutti, eppure non mi convince fino in fondo. Rimango un po’ distante, questi non sono i Coldplay che preferisco!
R.E.M. – We All Go Back to Where We Belong – Single
Riconoscere che questo singolo è l’atto finale di una delle mia band preferite è dura, ma la musica e le immagini (rigorosamente non autocelebrative) aiutano come sempre a superare la tristezza del momento. We All Go Back to Where We Belong è un classico brano alla R.E.M. di quelli che piacciono a me. Evidentemente Michael Stipe e soci si sono voluti congedare dal loro pubblico alla grande, con un brano che non lascia dubbi sulle qualità artistiche del gruppo e con due video in bianco e nero interpretati da Kirsten Dunst e John Giorno che sono da gustare dall’inizio alla fine. E’ un peccato, ma apprezzo lo stile e l’eleganza con la quale i R.E.M. hanno deciso di spegnere i riflettori. Grandi fino alla fine!