L’autunno è arrivato anche a Torino. E insieme a questa nuova stagione inizia quella voglia sfrenata di bevande calde, come la cioccolata o il Bicerin, che mi accompagna fino alla fine dell’inverno. Non c’è niente di più bello per me, in questo periodo dell’anno, che passeggiare tra le vie della mia città e fermarmi in uno dei tanti Caffè storici per assaggiare le specialità che raccontano la storia di ogni luogo: spesso botteghe dal sapore antico in cui il passato non è poi così remoto.
L’austerità leggiadra della storica capitale sabauda emerge infatti in ambienti che ricordano salotti borghesi ottocenteschi e di inizio Novecento, i cui arredi e le cui vicende hanno contribuito a costruire il fascino della città. Dagli anni Trenta dell’Ottocento i centri di maggior interesse commerciale si spostano da piazza delle Erbe, oggi piazza Palazzo di Città, intorno a via Dora Grossa, ossia via Garibaldi, via Po e via Nuova, oggi via Roma. E proprio in questo periodo inizia un rinnovo dei caffé abbelliti con marmi, legni pregiati, stucchi e dorature e sempre più, soprattutto a inizio Novecento, si utilizzano gli stessi materiali e gli stessi disegni per gli arredi sia esterni che interni.
Un caso esemplare è quello di Baratti & Milano, caffetteria di piazza Castello che apre i battenti nel 1875 come sede di rappresentanza della ditta di dolciumi dei canavesani Ferdinando Baratti ed Edoardo Milano. Ma è poco distante da questo locale che nel 1907 si inaugura uno dei più piccoli caffé d’Italia: si chiama Mulassano ed è grande appena trentun metri quadrati. Qui, tra marmi e specchi nel 1925 è stato inventato il tramezzino, ancor oggi tra le specialità della casa. È stato invece Fiorio, situato all’angolo tra via Po e via Bogino a divenire, sin dalla sua apertura di inizio Ottocento, il luogo di ritrovo di intellettuali, diplomatici e aristocratici, circostanza che gli valse l’appellativo di caffé dei codini o dei Macchiavelli. Qui la tappa è d’obbligo per gustare il gelato, in primis gianduia, prodotto ancora oggi seguendo l’antica ricetta del 1920. Altra tappa nel gusto torinese è la Gelatria Pepino, locale aperto nel 1884 dall’omonimo gelataio partenopeo, conosciuto ed apprezzato per il celebre Pinguino, il primo gelato su stecco al mondo brevettato nel 1939 il cui cuore di crema, aromatizzato in differenti gusti, è ricoperto da una sfoglia di cioccolato fondente.
E se Platti è noto per essere uno dei ritrovi più cari alla “Torino bene”, tant’è che negli anni Sessanta i giovani più snob venivano chiamati “plattini”, il Caffé Elena, dove alla fine dell’Ottocento Giuseppe Carpano mise a punto la ricetta del suo Vermouth, è ancora oggi uno dei luoghi preferiti dalla movida locale per consumare il rito dell’aperitivo.
Restando in centro due sono i locali storici di piazza San Carlo: il Torino, piccolo gioiello di barocco piemontese sviluppato su tre piani davanti al cui ingresso un celebre toro porta fortuna è ripetutamente calpestato da superstiziosi passanti; il San Carlo, centro di incontro risorgimentale, ancora oggi scelto per l’ampia offerta di brioches, paste e per il rito del lunch.
Il mio locale del cuore è però Al Bicerin, situato di fronte ad un luogo particolarmente caro ai torinesi: il Santuario della Consolata. Aperto nel 1763, è un piccolo scrigno di poesia. Otto tavolini, qualche candela, gli arredi di un tempo e un unico grande protagonista: il Bicerin, questa bevanda a base di cioccolato, latte e caffè storicamente apprezzata da gente di tutti i ceti e di tutte le razze. Gustarla in un freddo pomeriggio d’inverno in questo locale è pura magia.
(Archivio Fotografico immagini interno locali: Turismo Torino e Provincia)