Sull’erto sentiero d’arbusti e di sassi,
al finire del giorno, un uomo
con fatica procede, se dietro lasciando
sudore e pensieri.
Giù oltre lo spoglio pendio,
il secco ruscello, e i campi assetati.
Ostile terra fatta di massi, di rovi ,
di fratte con spini, terra senza certi domani.
Arranca quell’uomo a fatica,
sotto un cielo di rossi colori.
L’ombre si destano aspettando la notte.
Il casolare solitario e silente,
è lassù che l’aspetta. Sulle spalle ricurve,
una vanga, una zappa, e la mano provata
che stringe una cesta.
Una donna dal viso segnato, con un accennato
sorriso e sommesse parole, l’accoglie
con amore di moglie, mentre un bambino,
tenta placare la fame con un tozzo di pane raffermo.
Nel camino che arde, pende un paiolo,
in cui forse stanno cuocendo fagioli o patate.
Sulla tavola nuda, zuppe fumanti,
e una pagnotta di pane, per la misera cena.
V’è quiete e speranza nonostante la pena.
Ma la terra è laggiù che aspetta il domani.
E’ laggiù, odiata ed amata, secondo l’annata.
La terra è laggiù che pretende sudore e fatica,
con i suoi solchi, i suoi stenti, e avarizie.
La terra è laggiù, racchiusa nel cuore.
Poesia candidata al Premio internazionale di poesia Piccapane