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Cominciamo dai fatti più noti. Sappiamo che Lucio Domizio Enobarbo, ovvero Nerone, nacque ad Anzio il 15 dicembre 37 da Agrippina Minore e Gneo Domizio Enobarbo, e che fu il quinto ed ultimo imperatore della dinastia giulio-claudia. Suo padre apparteneva ad una famiglia di nobiltà “plebea", cioè recente, mentre la madre era di ben più nobile lignaggio in quanto non solo era figlia di Germanico, il condottiero nipote di Marco Antonio, Agrippa e Augusto, ma anche sorella dell'imperatore Caligola e nipote di Claudio.
Agrippina era una donna ambiziosa che per la sua sete di potere congiurò addirittura contro Caligola. Durante il suo periodo di esilio nell'arcipelago Pontino cominciato nel 39, durante il quale Nerone visse con la zia Domizia Lepida, Caligola venne assassinato. Era il 41 e Nerone aveva ormai quattro anni: Agrippina ritornò a Roma, affidò il figlio a due precettori greci e sposò suo zio, l'imperatore Claudio. In seguito ottenne dal marito la revoca dell'esilio del filosofo Seneca, che volle come nuovo precettore del figlio, e inoltre, gelosa dell’affetto che Nerone provava per la zia Domizia Lepida, la fece accusare di complotto contro l'imperatore, come si usava all’epoca, e condannare a morte.
Nerone si sposò con la cugina Claudia Ottavia, figlia di Claudio; il matrimonio, considerato incestuoso, finì comunque anzitempo perché Nerone volle risposarsi, nel 62, con la bellissima Poppea, della quale si era invaghito. Nerone dapprima aveva ripudiato Claudia Ottavia per sterilità, ma poi alcune manifestazioni popolari in favore della donna lo convinsero della necessità di assassinarla, cosa che fece “legalmente” con la solita accusa di tradimento... Dopo la morte di Poppea, nel 66, Nerone si sposò per la terza volta con Statilia Messalina.
Nerone intraprese delle campagne militari in Armenia, Britannia e Spagna, e in diverse occasioni dovette usare la forza per reprimere tentativi di rivolta. Il 19 luglio del 64 avvenne l’incendio che distrusse gran parte della città di Roma ed egli, cavalcando il sentimento di ostilità che il popolo nutriva per i cristiani, li usò come capri espiatori, accusandoli di avere appiccato il fuoco. Per punizione, due o trecento di essi furono messi a morte dopo essere stati sottoposti a spettacolari supplizi, come testimoniato dallo storico romano Tacito negli “Annali”: “Dunque, per primi furono arrestati coloro che facevano aperta confessione di quella credenza, poi, su denuncia di questi, ne fu arrestata una gran moltitudine, non tanto con l’accusa di aver provocato l’incendio, quanto per l’odio che avevano contro il genere umano. E a quanti morivano s’aggiunse lo scherno, sicché, rivestiti di pelli ferine, perivano sbranati dai cani, o appesi alle croci e dati alle fiamme venivano bruciati vivi, al calar del sole, come torce per la notte. Nerone aveva messo a disposizione i suoi giardini per quello spettacolo, e aveva allestito giochi circensi, partecipando mescolato alla folla in vesti di auriga o in piedi sul carro. Perciò, sebbene fossero gente colpevole e meritevole di quegli originali tormenti, si generava un senso di pietà, perché erano sacrificati non per il comune vantaggio, ma alla crudeltà di uno solo” (Annali, XV, 44, 4-5).
Le persecuzioni anticristiane di Nerone culminarono con la crocifissione di San Pietro e la decapitazione di San Paolo. Sembra ormai accertato che Pietro morì nei giardini di Nerone presso il Vaticano proprio durante la persecuzione scatenata dopo l’incendio, anche se la tradizione data la sua morte al 67, come quella di Paolo. Di tutti questi martirii – quelli di sconosciuti cristiani e quelli di Pietro e Paolo - dà conto anche papa Clemente I nella prima “Lettera ai Corinzi”, databile attorno al 95-96.
Nel 65 venne scoperta la congiura pisoniana (dal senatore Gaio Calpurnio Pisone, che la capeggiò) e i cospiratori, tra cui Seneca, vennero costretti al suicidio. Nel 67, mentre Nerone viaggiava fra le isole della Grecia a bordo di una lussuosa galea, a Roma Ninfidio Sabino, prefetto del pretorio e capo della Guardia pretoriana, congiurava con pretoriani e senatori per deporlo.
Quando il governatore della Gallia Lugdunense, Gaio Giulio Vindice, si ribellò, l’imperatore, nel frattempo rientrato a Roma, cercò di costringere lui e gli altri suoi oppositori al suicidio. Ma essi si appellarono al Senato ed al popolo romano disconoscendo la sua autorità. Il Senato lo depose e Nerone si suicidò il 9 giugno 68 nella villa del liberto Faonte (si narra che si pugnalò alla gola con l'aiuto del suo segretario).
Il suo corpo fu cremato e le sue ceneri deposte nel Mausoleo dei Domizi Enobarbi, sotto l'attuale basilica di Santa Maria del Popolo.
Un fatto appurato è che, a dispetto di quanto comunemente si crede, non c’è nessuna prova che Nerone avesse problemi mentali, né che fosse affetto da saturnismo (ovvero intossicazione da piombo causata dal consumo di vino conservato in otri di piombo). Si dice che fu Nerone a far assassinare sua madre Agrippina, e che uccise personalmente Poppea, incinta del suo secondogenito, sferrandole un calcio. Pare invece che fu Poppea la “mandante” dell'omicidio della madre di Nerone: Agrippina avrebbe tramato un colpo di stato contro Nerone, come già aveva tentato con Caligola prima e Claudio poi, e a questo punto sarebbe stato lo stesso Seneca a consigliarne l'eliminazione; quanto a Poppea, sarebbe morta per complicazioni insorte durante la gravidanza (ma, secondo Svetonio, Nerone l'avrebbe ripudiata per sposare Statilia Messalina e Poppea, ritiratasi nella sua villa di Oplontis, sarebbe morta nel 79 durante l'eruzione del Vesuvio).
Riguardo la spietatezza di Nerone nei confronti dei propri nemici, bisogna ricordare che all’epoca gli omicidi, anche preventivi, erano la prassi nella casata imperiale, e Nerone sotto tale aspetto non fu certo peggiore dei suoi predecessori e successori, che pure hanno sempre goduto di miglior fama…
A tal proposito, nel capitolo XX delle “Antiquitates Iudaicae” (Antichità Giudaiche), dello scrittore e storico romano di origine ebraica Flavio Giuseppe, ai versi 148-156 si legge:
Dopo tredici anni, otto mesi e venti giorni di regno, Claudio Cesare morì. Ci fu chi diceva che era stato avvelenato dalla moglie Agrippina; il padre di lei era Germanico, fratello dell'imperatore, il precedente marito era Domizio Ahenobarbo, uno dei personaggi più illustri della città di Roma.
Alla morte di Domizio rimase vedova per lungo tempo, fino a quando Claudio la sposò; lei portò con sé il ragazzo Domizio, che portava il nome del padre, Claudio aveva ucciso per gelosia la precedente moglie, Messalina, dalla quale aveva avuto due figli, Britannico e Ottavia; egli aveva già avuto una figlia, la primogenita, Antonia, natagli dalla prima moglie, Petina. Poi egli promise Ottavia a Nerone; perciò l'imperatore lo chiamò più tardi Domizio, quando lo adottò come figlio.
Agrippina, temendo che Britannico, fattosi uomo, potesse ereditare l'ufficio di suo padre, e desiderando prevenire questo carpendo l'impero per il proprio figlio, a quanto si dice, escogitò la morte di Claudio.
Immediatamente lei mandò Burro, prefetto della guardia pretoriana, e con lui i tribuni militari e i liberti più influenti a condurre Nerone al campo per acclamarlo imperatore.
Succeduto al trono in questo modo, Nerone cospirò la morte di Britannico col veleno, mantenendo pubblicamente il segreto; non molto tempo dopo uccise apertamente la propria madre; questa fu la ricompensa che le diede non solo perché lei gli aveva dato la vita, ma anche perché fu grazie agli accorgimenti di lei che aveva ottenuto il trono dell'impero romano; mise a morte anche Ottavia, alla quale era sposato e così pure molti uomini illustri, con l'accusa di cospirazione contro di lui.
Tralascio di scrivere oltre su questo argomento. Molti sono gli storici che scrissero la storia di Nerone: alcuni, per gratitudine, essendo stati da lui trattati bene, non ebbero cura della verità; altri, per odio e rabbia verso di lui, hanno mentito, senza riguardo, dicendo falsità e meritano censura.
Non mi sorprendo di quanti hanno mentito su Nerone, visto che scrivendo dei suoi predecessori non si sono attenuti ai fatti storici; certo, non avevano odio per quegli imperatori, dato che vissero molto tempo dopo di loro.
Chi non ha cura della verità, scriva come gli aggrada, perché così gli piace.
Secondo i revisionisti furono i suoi nemici, in particolare il senatore Tacito e gli storici cristiani, a tramandare di Nerone un’immagine peggiore di quanto non sia stata in realtà.
Storicamente Nerone viene considerato il responsabile delle prime persecuzioni contro i cristiani e dell’omicidio di San Pietro, San Paolo e moltissimi altri martiri. Tuttavia le persecuzioni contro i cristiani potrebbero essere state motivate dal fatto che non fossero cittadini romani, e che le agitazioni messianiche tipiche in seno alla loro comunità creassero seri problemi sociali, piuttosto che dalla loro religione di per sé.
Del resto anche altri imperatori (tra cui Domiziano e Traiano) perseguitarono i cristiani, e però non furono condannati dalla storia per questo.
Le persecuzioni cominciarono con l’Editto di Nazareth (conosciuto anche come Iscrizione o Lapide di Nazareth), il primo provvedimento che puniva i cristiani in quanto tali e che fu attribuito, appunto, a Nerone. Si tratta di una stele in greco, trovata a Nazareth e oggi conservata nella Bibliothèque Nationale di Parigi, con inciso un editto imperiale che comminava la pena di morte a chi si fosse macchiato di “tymborykhia”, la profanazione di tombe, atto che in precedenza veniva punito solo con una multa. L’editto era espressamente rivolto ai discepoli cristiani, colpevoli di essere “asebés”, empi, per aver rimosso il cadavere di Gesù dal suo sepolcro affermando così che fosse risorto, e per il fatto di adorare un essere umano invece che coltivare il culto imperiale.
Nonostante l’iscrizione sia in greco, secondo alcuni studiosi la sua redazione deriva da un originale latino. Eppure non tutti concordano che si tratti effettivamente di un editto imperiale, né che sia da attribuirsi a Nerone e non a Tiberio o Claudio. Qualunque sia la verità, ironicamente questa stele viene da alcuni considerata una prova storica dell’esistenza di Gesù e della sua resurrezione, e quindi avrebbe contribuito alla diffusione del Cristianesimo invece che ad affossarlo...
Come sappiamo, Nerone è considerato il responsabile materiale dell’incendio di Roma e anche l’arte (incluso il cinema) ha contribuito a diffondere la diceria che vi avesse assistito, divertito, suonando la cetra. Questo è certamente falso, perché allo scoppio dell’incendio egli si trovava nella sua villa di Anzio ed anzi partecipò in prima persona allo spegnimento del fuoco ed ai soccorsi, aprendo i giardini della sua reggia ai senzatetto. E oltre a ricostruire Roma a seguito dell'incendio, con un impianto urbanistico di nuova concezione, sul quale è tuttora fondata la città, realizzò altre opere pubbliche tra cui due, notevoli, quali il taglio dell'istmo di Corinto e la costruzione di un canale lungo la costa dall'Averno a Roma. Inoltre cercò di attuare una riforma fiscale che, nei suoi intenti, avrebbe dovuto colpire i ceti abbienti a favore del popolo.
La prova che non fosse un mostro ce la dovrebbe fornire il fatto che, accanto a coloro che si rallegrarono della sua morte, ci furono molti che invece, per lungo tempo, tennero vivo il culto di Nerone recandosi sulla sua tomba per onorarlo: questo avvenne fino al XII secolo, quando papa Pasquale II fece demolire il Mausoleo dei Domizi Enobarbi.
Scavando a fondo, la storia ci restituisce l’immagine di un uomo sì spietato con i propri nemici e disposto a grandi nefandezze per il potere, ma anche amante dell’arte: musica, canto, poesia, pittura e scultura, non c’era campo in cui non dimostrasse delle abilità artistiche.
Non lo nego, in fondo a me Nerone è simpatico, soprattutto da quando ho scoperto che addirittura per lungo tempo lo si ritenne l'Anticristo. E perché, poi?
Principalmente perché le lettere che compongono le parole "Cesare Nerone" in lingua ebraica, tradotte in numeri e sommate darebbero 666, il numero della Bestia citato nel libro dell'Apocalisse.
Inoltre, è credenza diffusa che profezie indicherebbero Nerone quale Anticristo e il distruttore di Gerusalemme; tra di esse quelle contenute in più capitoli (e in particolare del V) degli Oracoli Sibillini, opera che secondo gli studiosi contiene più di un parallelo con la “Rivelazione” di Giovanni Battista. Per dovere di cronaca devo dire che non sono ancora riuscito a reperire il testo originale di quest’opera, ma solo una traduzione in inglese di cui riporto qui pari pari un brevissimo estratto, che si riferirebbe appunto a Nerone: "There will come to pass in the last time about the waning of the moon, a war which will throw the world into confusions and be deceptive in guile. A man who is a matricide will come from the ends of the earth in flight and devising penetrating schemes in his mind. He will destroy every land and conquer all."
Comunque, Nerone morì nel 68 e il mondo – e il Cristianesimo con esso – gli sopravvisse. Al giorno d’oggi nessuno, spero, crede più che sia stato l’Anticristo.
Sappiamo bene quanto l’interpretazione dei testi antichi possa essere complessa ed opinabile, soprattutto se sono profezie e come tali scritte in un linguaggio criptico. Il fatto che poi essa sia stata fatta da storici o altre personalità famose del passato non è necessariamente garanzia di obiettività…
Non dimentichiamo che la Palestina fu per lungo tempo soggetta al dominio romano, e alla luce di questo non deve stupire che i sui abitanti fossero malvisti e che quindi proprio tra le loro fila si cercasse l'Anticristo, la Bestia dell’Apocalisse destinata a soccombere per mano di Cristo al momento della sua seconda venuta. Per estensione, si potrebbe dire che l’Anticristo fosse lo stesso Impero Romano, coacervo di ogni vizio e nefandezza.
Ma l’aspetto più interessante, secondo me, è l’uso della gematria per associare il nome di Nerone all’Anticristo. La gematria, come avrete intuito, è lo studio numerologico delle parole scritte in lingua ebraica.
Questo argomento non si esaurisce certo qui. Ci ritornerò su, prima o poi. A modo mio.
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