Il castello di sabbia messo in piedi da Napolitano negli ultimi tre anni è ormai aggredito dalla marea: la ridicola terza repubblica di Palazzo è sgretolata dalle onde dell’aventino Pdl e asciugata dal sole di S&P , rendendo evidente la futilità di una presunta pacificazione che garantisce solo le caste italiane ed europee, ma non mette in gioco la politica e la necessità evidente di un nuovo patto sociale dopo venticinque anni di errori e di declino. La Cassazione, cercando di evitare prescrizioni, ha combinato un bel guaio al Pd che tra qualche mese dovrà presumibilmente scegliere se votare a favore della decadenza di Berlusconi da parlamentare o salvarlo: nel primo caso salterebbero le larghe intese, nell’altro imploderebbe il Pd. Ma anche il nuovo declassamento dell’Italia da parte di Standard & Poor, nei limiti di ciò che vale, è una mazzata formidabile che arriva dopo le ciance da bottega del caffè sulle improbabili ripresine e sulle inesistenti vittorie europee: il governo Letta e la maggioranza che lo sostiene, i temporeggiamenti e i mercati della vacche sulle tasse, le ossessioni ideologiche di cui sono prigionieri, rivelano sempre di più la loro drammatica impotenza a manovrare efficacemente per uscire dalla corrente greca. Le larghe intese del resto non sono una nave, ma un’arca per ripararsi dal diluvio al quale sono sottoposti gli italiani.
Infatti, se un significato va attribuito al declassamento, esso non sta tanto in conti che seppure nascosti a fatica proprio non tornano, quanto in quel ribadire la logica infernale dell’austerity, nel seguire passo passo la via crucis riservata ad Atene, ma questa volta in forma grottesca, dopo anni nei quali i presupposti dei diktat imposti alla Grecia sono stati spazzati via e in qualche caso ridicolizzati. Bisogna fare qualche cosa, ma il sistema politico è incapace di tutto salvo muoversi scompostamente per salvare se stesso attraverso la manomissione della Costituzione.
Il disegno oligarchico di Re Giorgio, giorno dopo giorno, si sfascia : invece di salvare il Paese salva tutti i presupposti della sua disgregazione morale ed economica. Tenta di dare a Berlusconi un salvacondotto, tenta di sottrarre il Pd dalle sue contraddizioni, tenta di escludere chiunque non sia gradito a Bruxelles (nome in codice per Berlino), largheggia nei confronti di tutti i potentati, i clan, gli apparati il cui destino si è sempre intrecciato alla cosa pubblica. Ma soprattutto ha mandato al confino il dibattito politico, sostituendolo con le parole d’ordine contenute nello stupidario del terzo millennio: prima fra tutte la necessità. Però è solo dal dibattito e dallo scontro politico vero e dagli uomini in grado di affrontarlo che si potrà rifondare il Paese: adesso è solo un museo delle cere con grandi vecchi e giovani mortaccini che pensano di aver fermato il tempo del loro declino, nella penombra si scambiano il testimone e sussurrano ciò che io fui, tu sei, ciò che io sono, sarai .
Mancano solo i lumini. Ma gli avvenimenti incalzano, la temperatura sale, e ormai si vedono le gocce di cera che cadono a terra. Che aspettano?