Se siete approdati a questo articolo alla ricerca di righelli e dintorni conviene che chiudiate immediatamente la pagina. Non è quello l’argomento, mi spiace.
“Snow Fall”, storia di grande successo di una terribile valanga sulle Cascade Mountains realizzata recentemente dal «The New York Times», ha riaperto il dibattito su le opportunità offerte, sia sotto il profilo giornalistico che economico, da quello che viene definito longform journalism, termine la cui miglior approssimazione in italiano è giornalismo narrativo.
Ma quanto viene effettivamente adottato questo format dai giornali e quale è la tendenza di questo tipo di proposte informative? Ed ancora, è sensato ricercare una correlazione tra lunghezza degli articoli e qualità dell’informazione?
A queste domande ha cercato di dare una risposta «Colombia Journalism Review» che ha analizzato gli articoli di lunghezza superiore alle 2mila parole pubblicate su «The New York Times», «The Wall Street Journal», «The Washington Post» e «The Los Angeles Times», dal 2003 al 2012.
Come mostra il grafico di sintesi dei risultati il numero di articoli con una lunghezza maggiore alle 2mila parole si è ridotto per tutte le testate prese in considerazione. Calo che complessivamente nell’arco temporale considerato è stato dell’86%.
Se, come specifica sin dall’inizio l’articolo pubblicato su CJR, non vi è una diretta corrispondenza tra lunghezza del pezzo giornalistico e qualità dello stesso, certamente vi sono argomenti complessi, quali la crisi finanziaria o altro, che richiedono di essere articolati in maniera ampia per poter essere compresi dal pubblico.
Tutti i responsabili delle testate coinvolte nell’indagine hanno dichiarato che ricercare una correlazione tra qualità dell’informazione e lunghezza non è corretto. Tra questi Sara Blask del «The Wall Street Journal» che afferma:
The number of words in an article has never been the barometer by which the quality of a publication or its value to readers should be measured. Every article is reported with unique facts and anecdotes that are needed to best tell the story. We consider those factors, while respecting our readers’ busy lives, when determining the length of an article. Our very strong circulation numbers suggest that readers think we’re doing a good job.
Uno studio condotto dall’ University of Bristol e dalla School of Journalism della Cardiff University su 498 diverse fonti d’informazione online in lingua inglese [USA & Regno Unito] per un arco temporale di dieci mesi analizzando 15 principali aree di informazione, argomenti, i cui risultati sono stati pubblicati a dicembre 2012, ha evidenziato un deficit di leggibilità e chiarezza proprio per i temi di maggior spessore, di maggior valore in termini di contributo alla formazione di conoscenza e consapevolezza che un’informazione di qualità, un buon giornalismo, dovrebbe fornire.
Se certamente una correlazione tra qualità dell’informazione e lunghezza degli articoli andrebbe esaminata in maggior profondità, è indubbio che il declino sia evidente per tutti i giornali esaminati ad esclusione del «The New York Times» che invece vede crescere la quota di articoli di tale lunghezza sul totale di quanto pubblicato.
La domanda resta aperta, la preoccupazione anche.