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Avere un figlio

Da Cobain86
Giovane coppia (Baustelle_sussidiario illustrato della givonezza)

Giovane coppia (Baustelle_sussidiario illustrato della givonezza)

Avere un figlio oggi è una scelta coraggiosa, più che in passato. Tempi duri, poche certezze e l’unica garanzia (i genitori che si amano) non è nemmeno così scontata.
Buona lettura!

Eppure quando un padre e una madre vedono il fagiolino, frutto del loro amore, che sboccia, perdono la brocca: è un tripudio di emozioni, lo sconvolgimento totale, il vagito di una nuova vita che inizia. Si chiama fare l’amore perché nasce qualcosa che non c’era, una nuova vita, il prolungamento naturale di noi stessi verso l’eternità.

È la dimostrazione concreta che i giochi sono finiti, che questo esserino urlante dipende totalmente ed esclusivamente da te; è la responsabilità più grande che puoi assumerti.

Da piccola sono i pannolini, quando cresce la scuola, le maestre, gli amici, gli amori, quando matura l’università, il lavoro, le uscite con le compagnie, i pericoli sempre maggiori ed incombenti. E nonostante questo tu sarai lì, in prima fila, alla sua partita di calcetto o al suo saggio di danza, con la trombetta in mano e la videocamera nell’altra, pronto a urlare “Dai, forza che ce la fai!”.

Perché oramai niente conta di più di quella domenica, di quell’attimo in cui tu eri lì pronto a tifare e a credere in lei, solo questo conta. Perché la madre accudisce e cresce mentre il padre insegna alla sua creatura come affrontare la vita, specialmente per una bimba.

Le sue prime insicurezze, gli armadi pieni di vestiti, i trucchi, le ore passate al telefono e in bagno, i primi fidanzatini che le spezzeranno il cuore e ti faranno capire che, per quanto tu possa proteggerla, ad un certo punto dovrai lasciarla andare, fare in modo che possa vivere la sua vita.

Perché i figli non sono nostri simulacri, reincarnazioni di noi stessi atte a realizzare tutto quello che non abbiamo potuto fare noi (il corso di piano, la carriera, il primario, l’avventura…) ma sono personcine indipendenti, con la loro testolina piena di idee ed un proprio carattere, un’indole indipendente che non potremo mai domare.

Prima di avere un figlio riempi la casa di manuali su come essere un buon genitore, metodo di questo/quello. Poi hai un figlio e, davanti ad una magia così grande, non c’è nessun libro che possa spiegarti cosa fare: devi semplicemente fare del tuo meglio e sapere che forse non è abbastanza, ma va bene così. I genitori perfetti non esistono, quelli che vediamo magari hanno fatto meno errori rispetto ad altri ma rimangono un caso isolato. Non esiste una ricetta universale per tutti.

Il vero genitore è quello che, nei limiti, lascia la figlia libera di fare qualche sbaglio, in modo che da sola possa imparare dall’esperienza quello che in vent’anni di coccole e carezze non sei riuscito a spiegarle. È la prova decisiva sul palcoscenico della vita, non possiamo interferire né aiutare: possiamo solo sperare che, quando e se cadrà, non si faccia troppo male e riesca a rialzarsi senza lividi.

Le soddisfazioni mutano, passando dal piacere materiale a cose incredibilmente semplici: un dentino, il primo sorriso, la manina che ti stringe il dito, la prima parola, i primi passi, la prima pedalata… È un crescendo di emozioni a cui non vorresti rinunciare, nonostante tutte le fatiche, perché sai che non ritorneranno mai più; rimarranno foto nell’album dei ricordi.

Quando uscirà con gli amici per la discoteca o studierà all’estero e tu, con la tua consorte, godrai il frutto di una vita di lavoro, potrai solo sperare che, in qualche gesto o parola, starai rivivendo attraverso i suoi occhi, i suoi gesti, i suoi pensieri. Una scintilla impercettibile, come alla sua nascita.

E nonostante tutte le difficoltà che incontrerai, gli ostacoli e i momenti di cedimento tu sarai sempre lì, pronto a rifarlo da capo. Perché sono stati attimi, istanti ed emozioni che hanno riempito di significato e giustificato un’intera esistenza.

Marco


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