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Avere un figlio e la paura di morire

Da Paterpuer @paterpuer
Un po' di mal di stomaco, poi il male cresce, diventa insopportabile. Samuele Yannick si era preso un virus intestinale, lo avevo collegato a quello.
Poi di nuovo male allo stomaco, insopportabile. Poi il dottore che mi tranquillizza, poi ancora male, sempre più insopportabile. Strano per uno che non aveva mai capito cosa fosse lo stomaco.
Poi gli esami e la certezza di un'operazione, piccola, semplice grazie al cielo ma pur sempre un'operazione.
Quindi tutto il resto, il trovarsi coinvolto in pensieri che solo fino a qualche anno fa non avrebbero avuto nemmeno diritto di cittadinanza nella testa: la paura di morire. Un qualcosa di nuovo che mi capita di provare da quando c'è il mio bambino.
Succede, a volte, che io e Paola si viaggi assieme per lavoro; lì l'irrazionale mi prende, mio malgrado. Penso: "E se - per disgrazia - dovessimo morire tutti e due?", "Chi lo coccolerà?", "Come ne sarebbe segnato?". Ma anche in quelle rare serate di uscita che ci concediamo assieme io e lei un pensierino paurosetto bussa qua e là fra il vario cogitare.
Figurarsi quindi quando si tratta di roba da ospedali, anche se di roba tranquilla (oserei dire tranquillissima). Nonostante tutto la mente si apre alle paure apocalittiche, ai fantasmi della malasanità, al fato, alle catastrofi...
C'è di più però. Se scavo e scompongo la paura mi accorgo che c'è anche una piccola componente di egocentrismo: "Non potrà crescere avendo l'educazione che gli darei io", "Ma mi ricorderebbe? Ricorderebbe il mio viso, la mia voce, il mio modo di stare con lui?"...
Uno strano mix che mi rende fallibile e terreno ma mi spinge a considerare come urgenti e primarie le sue proteste quando mi dice che non gioco abbasatnza con lui, che sono sempre a cucinare la sera quando torno dal lavoro.
Ecco quindi che anche la paura mi restituisce una delle sue funzioni: avvertire, riassestare, allertare per ristruttuare una vita migliore. In questi giorni di forzata sosta a casa (alternata a giornate di lavoro) e con la prospettiva di un piccolo periodo di riposo, mi accorgo che il loop che mi anima la mente non è più quello della paura ma quello della creatività. Come passare le giornate con lui? Cosa inventarsi per creare nuovi mondi avventurosi? Quante ore da vivere a dormire abbracciati nel lettone?
Per magia la paura si è trasformata in una voglia di rallentare, in accordo con i miei desideri e i suoi bisogni.

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