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Inaspettati, imprevedibili, inquietanti e geniali, questi sono i quattro aggettivi che rappresentano al meglio quattro ragazzi di Omaha, cittadina del Nebraska nota per aver dato i natali a Malcolm X, Marlon Brando e Fred Astaire. I quattro ragazzi si chiamano Tim Kasher, Ted Stevens, Matt Maginn e Cully Symington, e non sono certo nomi o volti nuovi nel panorama indie e in particolare nel post-hardcore; quattro belle bestiacce che singolarmente hanno fatto e fanno parte, o semplicemente collaborano con gruppi del calibro di Bright Eyes, The Good Life, Slowdown Virginia, Commander Venus, Mayday, Lullaby for the Working Class, My Jerusalem, Bishop Allen, Gutter Twins, Okkervil River e chissà quante altre piccole e grandi band, e insieme formano i Cursive, dal 1995 un punto fermo dell'underground statunitense e non solo.
Già dai primi lavori i Cursive sono riusciti a crearsi un sound caratteristico, che affonda le sue radici nel post-hardcore a cavallo tra gli anni '80 e '90, sia in quello più grezzo di gruppi come Embrace e Hot Water Music, sia soprattutto in quello più sperimentale e quasi avanguardistico dei Fugazi, gruppo di cui maggiormente si nota l'impronta nella band di Omaha. Nonostante le pesanti influenze i Cursive si sono distinti negli anni grazie a un sound fatto di improvvise variazioni ritmiche, pause e repentine ripartenze, strumenti non convenzionali per il genere e mescolanze a tratti estremamente stranianti, e per la capacità di affrontare senza troppi timori reverenziali tematiche sentimentali e sociali, personali e politiche, il tutto attraverso sapienti concept album. E' questa infatti la caratteristica più distintiva e interessante dei quattro; dopo i primi due album, "Such Blinding Stars for Starving Eyes" del 1997 e "The Storms of Early Summer: Semantics of Song" del 1998, la band si scioglie per poi rivedere la luce l'anno successivo con l'ingresso in squadra di Ted Stevens alla chitarra, da qui ha inizio un processo di maturazione artistica che li porta a pubblicare 6 EP e 3 concept album: "Domestica", che affronta il tema dell'amore e delle sue due facce, il bello del romanticismo e il dolore della separazione; l'album ottiene un meritato grande successo e viene seguito 3 anni dopo da "The Ugly Organ", che prosegue sul filo delle tematiche personali affrontando non molto velatamente il tema del sesso; infine arriva "Happy Hollow", che sposta il discorso su argomenti sociali, politici e religiosi anche scottanti come omosessualità, aborto e bigotti pregiudizi della società.
Nel 2009 esce "Mama, I'm swollen", che viene accolto molto positivamente dalla critica in tutto il mondo mentre il pubblico, a dispetto delle ottime vendite, non lo considera all'altezza dei precedenti. A questo punto la band sparisce dalla scena e mette in cantiere un nuovo concept album che vedrà la luce nei negozi di dischi il prossimo 21 febbraio e che da ieri é disponibile in streaming esclusivo su Rolling Stone. Già definito un album schizofrenico, "I Am Gemini", questo io titolo dell'album prodotto da Matt Bayles (già produttore di gentaglia del calibro di Norma Jean, Isis, Mastodon, Soundgarden e Pearl Jam), segna il ritorno alla sfera emozionale, affrontando in particolare i temi dell'inquietudine e del dualismo. L'intero disco ruota attorno alla storia di Cassius e Pollock, due gemelli, uno buono e uno cattivo, separati aléa nascita e che si ritrovano per un caso fortuito nella stessa casa, una casa infestata da creature spaventose, angeli e demoni. L'album é strutturato come fosse una recita teatrale, tanto che il booklet divide l'album in due atti e non c'é traccia dei titoli dei brani, c'é spazio invece per il racconto di situazioni, movimenti e sensazioni a cui i personaggi del racconto andranno incontro, e in mezzo ai quali sono incastonati i testi delle canzoni, quasi fosse il copione teatrale del racconto.
Il sipario si apre con la fumosa atmosfera e l'incalzante crescendo di "this house alive", brano dall'impronta dark e quasi grunge che proietta l'ascoltatore all'interno di una scricchiolante casa di legno avvolta dalla nebbia e da un'aura terrificante. L'incedere snervante della batteria sostenuta e della chitarra tremolante accompagnano la voce di Kasher che coinvolge da subito, risvegliando l'inquietudine più nascosta raccontando che "There are voices in the dead of night, a child screaming: 'I Am Gemini' ". La successiva "Warmer warmer" dà il via ad un terzetto di brani marcatamente indie ma con improvvisi cambi di ritmi ed atmosfere, con derive ora poppeggianti ora oscure, con un sound a tratti sussurrato e a tratti esplosivo e devastante, e un cantato che seguendo la trama passa da attimi dal tono quasi soffocato dalla paura e scatti nervosi che si chiudono con screaming davvero terrificanti. Così tra svisate piene di watt, rumori di fondo, ritmi spezzati e riprese al fulmicotone si procede nella narrazione attraverso "The sun and the moon" e "Drunken birds" e si arriva alla lenta "Lullaby for no name", ninna nanna strumentale che non promette nulla di buono, rappresenta infatti il preludio alla ritmata "Double dead" e soprattutto alla successiva "Gemini", pezzo forse migliore dell'intero album (anche se separare i singoli brani di un disco come questo significa decontestualizzarli e snaturarli), due minuti e mezzo di cavalcata marziale caratterizzata da un grandissimo lavoro di Cully Symington alla batteria e da vibranti crescendo ritmici a cui non a caso è affidato il giro di boa; sullo screaming e le distorsioni finali di "Gemini" si conclude infatti il primo atto della storia. La narrazione riprende con "Twin dragon/Hello Skeleton", che con i suoi quasi 6 minuti è il brano più lungo dell'intero disco, 6 minuti in cui si alternano melodie elettriche e incalzanti ritmi indie-rock e che preparano il terreno per "Wowowow", un brano di potente hardcore senza se e senza ma, con la chitarra di Stevens carica di watt come un mulo, le pelli dei tamburi di Symington tirate al massimo e la straziante voce di Kasher che si lancia in agghiaccianti urla nervose a chiudere il cerchio 3 minuti adrenalinici come pochi, tra violenti stop&go ormai distintivi della band e un finale di pianoforte inaspettatamente lento. la lenta chiusura di "Wowowow" spezza il tempo e rallenta il ritmo, lasciando un po' di respiro all'ascoltatore e introducendo la successiva "This house a lie", un minuto e mezzo di strumentale rilassamento che rappresenta la cosiddetta quiete prima della tempesta. "This house a lie" è l'ultimo attimo di respiro prima del devastante uno-due finale in apnea formato dai ritmati e incalzanti "The Cat and Mouse" e "A Birthday Bash", brani prettamente post-rock carichi di bassi e snervanti, con il solito Cully Symington a picchiare duro e ad interrompersi di colpo, accompagnando inaspettate svisate chitarristiche e le ormai solite variazioni tempistiche. Come ogni racconto che si rispetti all'ultima pagina, o meglio all'ultimo brano, è affidato l'epilogo, "Eulogy for no name" è cronologicamente ambientato anni dopo il resto della storia e ad accompagnarci ci sono ritmi e volumi bassi e la voce del nostro narratore che per l'occasione si fa profonda ricordando non poco quelle di altri narratori ormai remoti ma mai dimenticati della musica. Le parole di Kasher procedono lente per poi cedere sul finale a un crescendo musicale che esplode nervosamente offrendo una chiusura dalle venature quasi metal perfetta per mettere la parola fine ad un album vibrante come questo.
"I Am Gemini" è un concept album, e come tale va approcciato con il giusto atteggiamento e, cosa molto importante, con il booklet davanti come non fosse un disco ma uno spettacolo teatrale, perchè i brani, singolarmente molto buoni, diventano ottimi se inquadrati nel loro contesto, e ogni suono, ogni interruzione, ogni rumore ha un significato ed un obiettivo ben preciso ai fini della narrazione, ma soprattutto del coinvolgimento emotivo. "I Am Gemini" è un turbine di sensazioni, un continuo senso di paura e sospetto, è la struggente espressione di due aspetti contrastanti dell'animo, la tranquillità e il terrore, il conscio e l'inconscio che si alternano tra le stanze della casa, la ragione che spinge a non credere ai fantasmi e l'istinto di voltarsi di colpo e tendere l'orecchio ad ascoltare ogni singolo cigolio. "I Am Gemini" però è soprattutto un racconto che scorre senza cedimenti dall'inizio alla fine, tra ritmi altalenanti, colpi di scena e atmosfere inquietanti, per questo va inquadrato come tutt'uno, come opera intera, e nello stesso modo va giudicato. I Cursive confermano con questo ultimo lavoro una maturità compositiva e una capacità espressiva che li pongono senza dubbio un gradino sopra alla maggior parte delle band dell'underground, oltre che ottimi narratori thriller, capaci di coinvolgere l'ascoltatore e smuovere sensazioni, dubbi e paure recondite. E voi? Avete paura dei fantasmi?....
Voto: 8,5
Tracklist
1. This House Alive
2. Warmer Warmer
3. The Sun and Moon
4. Drunken Birds
5. Lullaby for No Name
6. Double Dead
7. Gemini
8. Twin Dragon/Hello Skeleton
9. Wowowow
10. This House a Lie
11. The Cat and Mouse
12. A Birthday Bash
13. Eulogy for No Name
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