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Avvenimenti, passioni, aneddoti e ricette nel Risorgimento

Da Meriscarpi
Avvenimenti, passioni, aneddoti e ricette nel RisorgimentoBuongiorno! Oggi ho intenzione di proseguire con questa rubrica per ricordare il Contest, questo qui.Per chi si fosse perso qualcosa vi rimando alla prima puntata qui, e alla seconda qui.
Il re regna, la nobiltà comanda, il popolo obbidisce.Berretto rosso con fiocco nero. A sfoggiarlo al teatro d'Angennes di Torino, l'11 gennaio 1821, sono quattro studenti venuti ad ammirare Carlotta Marchionni, una delle attrici più famose del tempo, in amicizia con Silvio Pellico. Forse nulla più di una bravata da goliardi, ma la polizia vi ravvisa i colori della Carboneris e li arresta. Il giorno seguente all'università è protesta generale contro il governo che reagisce con la forza senza rendersi conto che non sono più i tempi da conte Solaro della Margarita: "Il re regna, la nobiltà governa, il popolo obbedisce". L'eco in città è forte, le vittime suscitano simpatia. Lo stesso principe Carlo Alberto invia loro dolci e denaro, secondo Brofferio va addirittura a visitarli mettendo le basi alla fama di perenne indeciso con cui passerà alla storia. "Italo Amleto" lo definirà il poeta Giosuè Carducci. Il soffio di nuove idee si fa sentire, soprattutto tra borghesia cittadina e frange della nobiltà liberale. Gruppi piccoli, ma significativi, a cui manca la forza delle masse popolari. Sono i "novatori" in cui prorompe il desiderio di progresso, cultura, bisogno di intraprendenza commerciale. Gli echi di Napoli, dove le truppe in rivolta hanno costretto il re a concedere la costituzione si propagano a raggiera allarmando il cancelliere austriaco Metternich. Con la Santa Alleanza le potenze si sono attrezzate per reprimere le rivolte popolari: se in uno stato dovessero scoppiare disordini rivoluzionari, gli altri sono autorizzati ad intervenire militarmente per ristabilire l'ordine. La firma è unanime, manca solo quella del plenipotenziario d'Inghilterra e di papa Pio VII. 
Banchetti e matrimoni  per tessere alleanzeVisite di famiglia e matrimoni, in un intreccio di parentele tra case regnanti, rappresentano la migliore occasione per confrontarsi e rinsaldare rapporti per "proteggere la religione, la pace e la giustizia in vincoli di una fraternità vera e indissolubile": il 30 settembre 1817 Carlo Alberto di Savoia sposa Maria Teresa di Lorena, figlia del granduca di Toscana, poi è la volta di Maria Teresa di Savoia accasata a Carlo Ludovico di Borbone, futuro duca di Lucca. Nel 1820 a muoversi è l'imperatore d'Austria Francesco I in viaggio a Napoli. Vi arriva il 26 aprile contemporaneamente al principe Antonio di Sassonia. La stessa sera ha luogo un pranzo di benvenuto, forzatamente sobrio dopo il lungo viaggio: due rilievi, due zuppe, otto ambigù, la novità del momento, una sorta di servizio alla francese con piatti caldi ben rifiniti in cucina e posti simmetricamente in tavola tutti insieme sui rèchauds, gli scaldavivande. A porgerli agli ospiti sono gli stessi camerieri. Il pranzo di gala vero e proprio, 1.500 invitati, si tiene l'11 maggio alla reggia di Capodimonte. L'intero Officio di Bocca è mobilitato per predisporre i vari servizi: - 1600 tazze da consomè, 100 timballi di maccheroni grandi, 30 galantine di gallinacci, 12 cosce di vitella alla reale arrostiti, 70 gallinacci per arrosto, galantine e addobbo incluse e 30 sopradette galantine, 200 pollanche per arrosto, 60 capponi, 8 pavoni, 68 lingue di manzo, 40 prosciutti grassi rifreddi, 40 insalate di pesce, 40 insalate di polleria, 36 salami grossi, 12 teste di cinghiale, 30 gatò di lepri, 11 pasticci rifreddi di fagiani, 6 pesci grandi bolliti pressa o poco di rotoli 197 circa, 150 rotoli di pesce per friggere, 3.000 pasticcetti, 11 pezzi dolci mangiabili, gilè, creme gelati. Per i vini 300 bottiglie di Sciampagna, 100 di Borgogna rosso e 100 di bianco, 100 di Grave, 100 di Porto, 100 di Lunel, 100 di Frontignans, 200 di Malga, 100 di Madera, 50 di Xeres secco, 50 di Ximenes, 100 di Paccaret, 100 di Marsala, 300 di Piedimonte - documentano Nicoletta d'Arbitrio e Luigi Zivello.
Un menù degno dell'ospite e della cucina di monzù Peppino, il capo cuoco di Giuseppe Lazzaro.
L'anno dopo, in pieno inverno, è lo stesso Ferdinando I a mettersi in viaggio per Lubiana, ma stavolta non sono feste e banchetti: il re, violando le promesse fatte ai carbonari dopo i moti di Nola,  va a sollecitare l'intervento della Santa Alleanza. Un voltafaccia che permette al  Metternich d'inviare un esercito: repressioni, arresti e condanne. Nel marzo 1821 viene abolita la costituzione e sciolto il parlamento. Negli stessi giorni è rivolta in Piemone: il tricolore sventola sulla cittadella fortificata di Alessandria, poi a Vercelli, Pinerolo, Fossano, Torino. Vittorio Emanuele I, incapace di fronteggiare gli avvenimenti, preferisce abdicare, preferisce abdicare in favore del fratello Carlo Felice in quei giorni a Modena. Quasi un destino beffardo: era lì per salutare il suocero Ferdinando che tornava proprio dal Congresso di Lubiana. Tocca al ventiduenne Carlo Alberto, principe di Carignano, dare una risposta concedendo una costituzione di tipo spagnolo, ma è subito sconfessato: "Riferite al principe che, se nelle sue vene c'è ancora una goccia del nostro sangue reale, parta subito per Novara e attenda lì i miei ordini".
La reazione non si fa attendere. Chiusa l'università, censurati i giornali e i teatri - per il nuovo re "i cattivi sono tutte persone colte, e i buoni sono tutti ignoranti" - l'aria del complotto è dietro l'angolo: Carlo Felice diventa agli occhi del popolo Carlo Feroce. Molti liberali, come Santorre di Santarosa, prendono la via dell'esilio, un centinaio sono inviati in quarantena politica a Cherasco, altri a Busca. "Un assolutismo completo, con tutte le sue conseguenze. Per chi non poteva rassegnarsi a mangiare, bere e dormire senza mai alzare gli occhi dalla vita trita, era un ambiente di piombo, una specie di mancanza d'aria respirabile da non potersi descrivere" ricorda Massimo D'Azeglio. 

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 Rissolotti di zucca alla genivese

Antremè. Imbianchite delle fette di zucca lunga, abbenchè le gialle sono preferibili; passatela al setaccio, e fatela bene asciugare a poco fuoco dentro una cazzarola; uniteci un poco di erbe fine passate con butirro, sale e droghe, fatela bene insaporire; allorchè sarà fredda uniteci ricotta, rossi d'uovi, e parmigiano grattato; formatene delle palle schiacciate, spolverizzate di farina, indoratele, appanatele e fatele friggere di bel colore servendole con petrosemolo fritto all'intorno. Se non avete ricotta se ne forma una salsa ben stretta con farina, e capo di latte. 


Vincenzo Agnoletti,  "Manuale del cuoco e del pasticcere", Pesaro, 1832-1834

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