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Avverbi. Qualche utile consiglio.

Creato il 13 novembre 2012 da Emanuelesecco
Avverbi. Qualche utile consiglio.
Ed eccomi nuovamente con voi, per un nuovo ed estremamente interessante, nonché umilmente umile, articolo che ha come argomento l'imminente e sinceramente obbrobrioso decadimento della lingua italiana. Precedentemente, con un altro post, ho trattato del caso...
Ok. Basta. Non vi nascondo la fatica che ho fatto a scrivere queste poche righe.
Come avrete certo capito dal titolo e dall'inutilmente (eh! eh!) pomposo paragrafo di apertura, oggi si parla di avverbi e del loro corretto utilizzo.
Prima di cominciare, quanti di voi li usano in maniera eccessiva? Nessuno? Non ci credo, anche solo per il semplice fatto che quando me l'hanno fatto notare, ero convinto di non usarli più di tanto. E mi sbagliavo. Eccome se mi sbagliavo.
Cominciamo subito dicendo cos'è un avverbio. Chiediamo pure aiuto a Wikipedia (non c'è nulla di male) se non ce lo ricordiamo:
«L'avverbio (dal latino ad verbum, "vicino al verbo", calco del greco epìrrhema) è una parte del discorso invariabile con funzione di "modificatore semantico". Viene usato per modificare o determinare il significato di altre categorie grammaticali (tipicamente gli aggettivi ma anche altri avverbi) o persino un'intera frase. Per la grammatica tradizionale (come attesta l'etimologia), l'avverbio era il modificatore del verbo».
Fin qui tutto bene. Anzi, leggiamo tra le righe che, per una buona scrittura in grado di descrivere la scena alla perfezione, l'avverbio è fondamentale. Dona specificità e significato, riesce persino a spiazzare il lettore, ed è un grandissimo aiuto che la lingua offre sia allo scrittore (se la batte bene con l'aggettivo) che al lettore.
In una particella così utile e bella dove può stare l'inghippo? Presto detto.
Il morbo che si sta diffondendo sempre di più nella lingua italiana, un vero e proprio cancro linguistico, è rappresentato da una specifica tipologia di avverbi: quelli che terminano in -mente.
Fateci caso per un momento: ovunque giriamo, qualsiasi cosa leggiamo, ascoltiamo, vediamo in tv, questa malattia è diventata la regola. Siamo sommersi da una valanga di idealmente, certamente, assolutamente, evidentemente, probabilmente, necessariamente, ugualmente, concettualmente, ecc. Per non parlare poi delle invenzioni linguistiche e non, alcune davvero patetiche e brutte (se vogliamo dirla tutta) e che sono finite anche loro per entrare nel gergo comune: neuronalmente, domenicalmente, avvicendevolmente, lentissimamente, settimanalmente, superbamente, settimanalmente, raffinatamente ecc.
Fissate bene questi e altri bersagli. Sono il vostro nemico.
Inutile dirlo, la solita mandria di fanfaroni, convinta del fatto che usare molti avverbi in -mente doni una sorta di immortale solennità ai concetti che devono esprimere (per la maggior parte un'accozzaglia di scempiaggini), continuano per la loro strada. Un esempio lampante è uno dei miei professori universitari (e sottolineo, universitari). Il bellimbusto, non contento di farci riempire pagine e pagine di appunti con i suoi avverbi, un giorno se ne venne fuori con un bel «per entrare fermamente e contestualizzare correttamente il concetto, dobbiamo farci idealmente un'idea di come...». Basta, mi fermo qui.
Come ho scritto sopra, non nego di essere stato - e di esserlo tuttora - un peccatore. Purtroppo, scrivendo di getto gli avverbi scappano bene e volentieri, e in fase di revisione possono sfuggire con facilità, rendendo così il nostro testo fin troppo ridondante e inutilmente (visto?!) lungo. Poi, non dico certo che l'avverbio in -mente sia il male assoluto, anzi. Usatelo pure quando non riuscite a trovare di meglio, però senza esagerare. Come avete potuto leggere, ho usato solo due avverbi in -mente per scrivere questo post, eppure sono un sacco di parole.
Come fare allora per evitare di incappare in vagonate di mente, mente e mente? Semplice: fare esercizio. Quando scrivete una frase cercate di essere più specifici possibile cercando delle scorciatoie, altri modi di dire, altre parole. Dopo un po' vi verrà automatico. Parola del sottoscritto.
Se non vi bastano le mie parole, vi affido a quelle di Beppe Severgnini:
«Possibilmente evitare gli avverbi in -mente. Derivano dall'ablativo singolare del sostantivo latino mens, mentis - quindi: con la mente, con l'intenzione - e sono inflazionati. Quasi sempre hanno dei sostituti, più corti e altrettanto efficaci: utilizziamoli. Qualche esempio: conseguentemente = quindi; estremamente = molto; indubbiamente = senza dubbio; lateralmente = di fianco; precedentemente = prima. Eccetera»1.
A presto e buon lavoro!
E.

1. Beppe Severgnini, L'italiano, lezioni semiserie, RCS Libri S.p.A., Milano, 2007, p. 24

Altri post riguardanti la lingua italiana sono: Assolutamente sì? Assolutamente no! e D eufonica. Qualche utile consiglio.

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