di Cristiano Abbadessa
Leggo, ieri, un trafiletto nelle pagine culturali di Repubblica. Gli organizzatori della fiera “Più libri Più liberi”, in programma a Roma nel prossimo dicembre, lamentano il taglio dei contributi da parte dell’amministrazione locale e mettono in dubbio la sopravvivenza della manifestazione per il futuro. Il trafiletto si chiude con il commento dell’assessore alla cultura del comune di Milano, Stefano Boeri, che, ironizzando sulla scarsa sensibilità della giunta Alemanno, dice testualmente: «Se Roma non la vuole, potremmo prenderla noi».
Sarebbe il caso che, a questo punto, qualcuno spiegasse a Stefano Boeri che a Milano già esiste, da due anni, un salone della piccola e media editoria indipendente, che si chiama “Un libro a Milano” e che va in scena proprio nel prossimo fine settimana, da venerdì 25 a domenica 27 novembre. Ma, forse, l’assessore alla cultura dovrebbe già conoscere le iniziative fieristiche, sul tema, della città di cui è amministratore.
La storiella sarebbe anche divertente, se non portasse a qualche amara considerazione. Siamo ormai abituati a digerire le non sempre imperscrutabili logiche dei media: li abbiamo visti contribuire ad affossare Belgioioso, dare enorme spazio a un salone che neppure contatta gli editori per sapere se intendono parteciparvi (e non lo nominerò, per evitare anche la minima forma di pubblicità), ignorare manifestazioni che stanno consolidando la loro tradizione, oscurare del tutto alcune iniziative; diciamo che ci sono giornalisti che fanno onore al vecchio epiteto di pennivendoli, altri che manifestano una curiosità e un fiuto da cronisti autentici, e una mesta maggioranza che si è ridotta al rango di esecutore e passacarte (per cui la visibilità te la trovi da solo se hai il promotore giusto). Per cui, una certa imprevedibilità negli spazi concessi e negati è ormai da mettere nel conto. Ma la cosa diventa un po’ più preoccupante se la stessa imprevedibilità casuale (o, peggio, nient’affatto casuale) presiede ai comportamenti di chi fa parte di una giunta che, almeno in linea teorica, dovrebbe essere sganciata e alternativa rispetto a quell’oligarchia che domina il mercato editoriale, e magari persino attenta e bendisposta verso realtà minori che si sforzano di arricchire il panorama e l’offerta culturale.
In attesa che l’assessore si svegli e mostri maggiore indipendenza o spirito d’iniziativa, sarebbe però bello che almeno gli editori interessati si dessero da fare per illustrare al meglio questa iniziativa. Perché va pure detto, onestamente, che il salone milanese, a differenza di altri, è stato troppo sbrigativamente etichettato fin dalla nascita come una sorta di mercatino prenatalizio, buono per fare un po’ di cassa e nulla più.
Potrebbe invece essere anche dell’altro, e sostituire, in una sede importante, quello che fino a pochi anni fa era l’appuntamento di Belgioioso. Intendo dire che sarebbe opportuno riscoprire l’importanza delle fiere come momento di incontro fra gli operatori del settore, occasione per il confronto e la circolazione delle idee, magari persino per l’elaborazione di qualche strategia comune e la stipula di qualche accordo, o addirittura per arrivare a “fare sistema”. Perché siamo certi che i comuni interessi, e bisogni, degli editori partecipanti sono largamente superiori alla necessità di “farsi concorrenza” l’uno a spese dell’altro.
Per cominciare, in ogni caso, sarebbe bello che tutti noi, che abbiamo scelto di essere presenti a Milano, ci attivassimo con un po’ di voglia e di fantasia, nelle relazioni personali e in quelle mediate dalla rete, per promuovere e far conoscere “Un libro a Milano”, senza restare passivamente alla finestra.
Come minimo, potrebbe arrivare qualche lettore in più. E, magari, l’assessore Boeri potrebbe venire a conoscenza dell’esistenza del salone.
COMMENTI (1)
Inviato il 24 novembre a 14:39
Caro Abbadessa,
condivido in toto il suo articolo (neanche a me l'assessore Boeri pare molto sveglio. O forse è sveglio a settori, non so). Di "Un libro a Milano" ebbi a scrivere l'anno scorso, qui: http://cosedalibri.blogspot.com/2010/11/un-libro-milano.html
Epperò. E' sacrosanto affermare che si dovrebbe praticare l'attivismo tra amici e parenti per cercare di rinforzare le presenze, rafforzare l'immagine. Solo che gli organizzatori e gli espositori dovrebbero proporre qualcosa di più che facce vagamente annoiate e allestimenti mortali; l'ambiente, ancorché fighetto, dovrebbe essere davvero accogliente: mi aspetto una poltrona, una lampada la cui luce piova sopra quella poltrona, un distributore automatico di poesie su striscioline di carta. Certo, la presentazione con l'autore serve. Ma servono anche commessi appassionati, stimoli sensoriali, libri a prezzi bassi e persone che vogliano parlare. La luce cruda, una malcelata ansia di vendere, l'atmosfera da editore piccolo e quindi sfigato: tutto ciò dovrebbe scomparire a favore di una grande eleganza e di un enorme orgoglio. Se vuole ne parliamo ancora.
Anna Albano editor indipendente Milano