Il terapeuta ayurvedico davanti a me poggia due dita della sua mano sul mio polso: sta auscultandolo. Dopo qualche minuto comincia a dirmi come sto, qual è il mio stato psicologico in questo periodo, quali malattie ho avuto, quali organi del mio corpo stanno bene e quali meno bene. Io sono sbalordito: è tutto esatto. Com’è possibile? Per capirlo, è necessario spiegare che cos’è l’Ayurveda.
«L’uomo è come una pianta. La sua bellezza si manifesta nelle foglie, ma dipende dalla cura delle sue radici». E’ un principio dell’ Ayurveda, parola sanscrita che significa “conoscenza della vita” e che dà nome a questo sistema di medicina nato in India quattro millenni fa. Le radici dell’uomo, secondo l’Ayurveda, sono tre energie vitali, o fluidi, presenti in tutti noi e chiamati dosha: la loro interazione determina in noi tutti i processi del corpo e della mente. Ma l’equilibrio (o lo squilibrio) fra i dosha è diverso per ogni persona, proprio come le impronte digitali, perché non esistono in natura due persone uguali: perciò il medico ayurvedico studia nel paziente l’interazione fra i dosha, per capire come questo determina la costituzione psico-fisica del suo paziente.
Per arrivare a questo risultato il terapeuta ayurvedico utilizza la “diagnosi degli 8 aspetti” (del polso, della pelle, degli occhi, della lingua, dell’urina, ecc.) in modo da elaborare cure altamente personalizzate. Perché ciò che può far bene a uno di noi potrebbe essere un veleno per un altro. L’Ayurveda infatti non cura la malattia: cura il malato, nella sua interezza. Ma prima di tutto sottolinea l’importanza della prevenzione delle malattie, insegnando come mantenere uno stile di vita sano, alla base del quale sta una corretta alimentazione, cioè una dieta “mirata” per ogni persona.
Questi antichi principi della medicina indiana stanno ormai diffondendosi anche nel nostro Paese. In Italia l’Ayurveda non è più un “oggetto misterioso”: dal 2002 è riconosciuto fra i sistemi di medicina “non convenzionali” e si calcola che siano circa 500mila i nostri connazionali che fanno o hanno fatto uso di farmaci ayurvedici, sotto la guida di circa 800 terapeuti. Un vero boom. Anzi, quasi una moda. «Pure troppo! Quando vedo nella vetrina di un negozio di estetista la scritta “si eseguono massaggi ayurvedici” mi dico: speriamo che sappia davvero quello che fa! L’Ayurveda è molto più di una serie di tecniche di massaggio…». Così commenta, con bonaria ironia, Amadio Bianchi, fra i maggiori esperti italiani di medicina tradizionale indiana. L’ironia di Bianchi è giustificata: l’Ayurveda è una scienza, non va confuso con le mode New Age e non va praticato “alla leggera”, in India viene insegnato nelle università con corsi della durata di sei-sette anni, e praticato da medici specializzati in migliaia di ospedali.
Amadio Bianchi durante un trattamento ayurvedico
Amadio Bianchi cominciò ad occuparsi di Ayurveda una trentina di anni fa, per curare se stesso in seguito a una grave malattia. Ha studiato presso i maggiori maestri indiani, è stato fra i membri fondatori della European Ayurvedic Association, oggi è coordinatore generale del Movimento Mondiale per l’Ayurveda e tiene corsi di formazione per terapeuti in tutta Europa. Eco News lo ha incontrato in occasione della recente pubblicazione del suo libro «La scienza della vita. Lo Yoga e l’Ayurveda» (Edizioni Spazio Attivo, 2010, pp. 236, euro 20). «Ho dedicato metà del mio libro ai principi dello Yoga e l’altra metà a quelli dell’Ayurveda perché questi due sistemi sono assolutamente complementari: insegnano a condurre uno stile di vita sano che previene la maggior parte delle malattie e mantiene la persona in uno stato di benessere psicofisico», mi spiega. «Quando una persona si rivolge a me io devo anzitutto capire chi è questa persona che ho davanti, prima ancora di curare la sua malattia: dato che ognuno di noi è unico, anche la definizione di “salute” varia per ciascuno di noi».
Non c’è da stupirsi quindi che la visita ayurvedica richieda tempo: di solito dura circa un’ora e mezza. Il paziente deve presentarsi digiuno da almeno quattro ore e l’atto centrale della “diagnosi degli 8 aspetti” è, come spiegavo sopra, l’auscultazione del polso: «ma noi non auscultiamo il battito cardiaco come fanno i medici allopatici in Occidente», dice Bianchi. «L’Ayurveda insegna a esercitare diversi livelli di pressione sul polso per percepire aspetti diversi del corpo e della psiche del paziente: c’è un livello di auscultazione superficiale in cui si percepisce l’aspetto emozionale della persona, c’è un livello profondo in cui si colgono le informazioni di tipo genetico, e un livello intermedio in cui si avverte l’influenza dei dosha sull’attività degli organi interni. Ci vuole pazienza per imparare», sorride Bianchi. «Attraverso la diagnosi arrivo a capire qual è la costituzione psico-fisica del paziente, cioè come agiscono i dosha nella persona che ho davanti a me», prosegue, «e a quel punto posso elaborare una terapia personalizzata: che può comprendere l’uso di erbe medicinali in decotti o pastiglie, oppure possono essere consigliati massaggi di olii medicati con erbe – l’Ayurveda conosce una ricchissima varietà di massaggi curativi – e sempre, in ogni caso, indico una dieta».
Ma perché un’attenzione così forte all’alimentazione? «Perché molte persone fanno ammalare se stesse nutrendosi in modo sbagliato», dice Bianchi. «Non possiamo nutrirci tutti nello stesso modo, dato che non siamo uguali. Senza contare che oggi, in Occidente, siamo tutti impernutriti: mangiamo troppo e male». Per elaborare una dieta il terapeuta ayurvedico parte dai 6 sapori che il nostro cervello percepisce (dolce, amaro, acido, salato, piccante e astringente), li mette in relazione con le caratteristiche dei cibi e il loro influsso sulla costituzione psico-fisica del paziente, e arriva così a indicare quali cibi sono adatti e quali no. Non esiste una dieta valida per tutti, però esistono regole alimentari generali per favorire una buona digestione e la depurazione dell’organismo: non mescolare cibi incompatibili fra loro («per esempio, mai il pesce o la carne insieme al latte», osserva Bianchi) e fare largo uso di quelle spezie e quelle erbe aromatiche che promuovono la digestione (come l’alloro), regolano la flora intestinale, stimolano i succhi gastrici e la ghiandola pituitaria; alcune hanno proprietà disinfettanti (ad esempio il crescione) o antiallergiche (come la curcuma), altre stimolano il sistema immunitario.
Ci sono poi cibi che vengono utilizzati anche nei massaggi: è celebre, per la sua piacevolezza, il “massaggio degli 8 sacchetti”, così chiamato perché viene praticato “a 8 mani”: quattro persone passano sul corpo del paziente sdraiato sacchetti colmi di riso caldo e crema di latte, con un forte effetto depurativo e de-stressante.
L’antica scienza indiana della salute ha ancora tanti segreti di benessere da rivelarci: starà a noi saperne fare tesoro.
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P.S.: Quello che avete letto qui sopra è un mio articolo pubblicato sul numero di settembre/ottobre della rivista Eco-News, una newsletter (cartacea e online) dedicata alla sostenibilità ambientale e patrocinata dal Ministero dell’Ambiente. Con questo articolo ho inaugurato su Eco-News una rubrica fissa intitolata MilleOrienti.
A parte ciò, voglio segnalare a tutti i lettori interessati in particolare allo Yoga la pubblicazione di una nuova edizione di un vero classico: L’autobiografia di uno Yogi del grandissimo Maestro Paramhansa Yogananda (Ananda Edizioni, 2010, pp. 490, euro 18). Quella che viene pubblicata ora – per la prima volta in italiano – è l’edizione del 1946, cioè l’edizione originale di un libro che tanta influenza ha avuto nel mondo dei praticanti di Yoga, e che ora è possibile dunque leggere nella sua versione originale, prima cioè dei cambiamenti che vennero apportati nelle pubblicazioni successive alla morte di Yogananda. Un libro imperdibile per tutti gli amanti dello Yoga.