B & B accusa e accusato tabule rase
Mi parve però che fosse l’altro ieri di atterrare dalle groppe del dio alato nella caput mundi col pretesto di conoscere oratori e dottrina del diritto della romana civiltà.
- “Ecco, qui , mi sussurra cheto in un orecchio, siamo nel foro, luogo della vita politica e giuridica di Roma, dove si incontrano e si sfidano le dee giuste e quelle ingiuste, le verità e le menzogne, le condanne e le assoluzioni, i corrotti e i corruttori,i ladri e i derubati.
- Ad un tratto, un grido furente dall’aula del foro : “ Quo usque tandem, Bukassina, abutere patientia nostra?”
- -“ Cosa dice costui, maestro, dimmi chè di latina lingua mastico poco.”
- -“ Quel che grida con eloquenza forma est Marcus Tullius Cicero comunamente dictus Cicerone, principe del forum. dice : Fino a quando, oh Bukassina, intendi abusare della nostra pazienza?”
- “E chi è cotesta Bukessina?”
- “Ella è l’accusa che non perdona e che il tiro delle condanne alza senza limite alcuno”
- “E chi difende lo giurista Cicerone ?”
“ Cesare Augusto, cavalier magnus, imperator populi libertatis , politicus pro domo sua”
- “Quale delitto avrà commesso il cavalier magnus se tanta accanita contro di lui è l’accusa?”
- “Andiamo a sentire ché l’udienza è libera, le orecchie possono ascoltare e solo la lingua tacere debet.”
- L’accusa Bukassina non si scompone di fronte all’irruente Cicero e dice : “ Roma è la patria del diritto e la giustizia non è un abuso ma una virtù del popolo sovrano, è uguale per tutti, patrizi o plebei, con lo stesso peso e la stessa misura e il nostro simbolo atavico è la bilancia che non pende né di qua, né di là. Una è l’eccezione: più alto è il monte e più carica la neve. E Cesare è un monte alto, pesante è la sua colpa e pesantissima la sua pena la corte dovrà dare. Non sono io che abuso della vostra pazienza, oh Cicero, è stato lui, Cesare Augusto, cavalier magnus, politucus et imperator, ad “abutere” di una nigra puella.”
Cicerone si alza, si porta in mezzo all’aula , rivolge lo sguardo prima al pubblico e poi alla corte, apre le braccia sconsolato e dice : “Sine prove , un semplice teorema non potest chiedere una condanna in assenza di reato provato e comprovato. Cesare è vittima di un fumus persecuturius di una rubera toga .”
La diatriba tra Cicero e la Bukassina continua sine die . Botte e risposte e anche la corte sembra stanca. Dal pubblico si alza una donna e chiede di parlare. La Bukassina domanda : “ E tu chi sei, un altro Cicero?” e la donna, dai capelli biondi e dagli occhi come due tizzoni accesi, dalle labbra carnose e scivolose, dice : “ Io sono Daniela Sancta che delle Sabine sono oriunda. Vi voglio solo ricordare, oh eccellentissima corte, che nostro padre Romolo rapì le dolci donne sabine che furon ben liete di giacere sotto il focus eroticus dei vitelloni romani e così han fatto grande questa città che stupida non è stata mia ogni sera. Nessuno condannò Romolo, anzi per suo nobil gesto fu riconosciuto eroe dall’umana gente. Voi non potete condannare il nostro Cesare, ammesso e non concesso che abbia soddisfatto le sue bramose voglie con la rubiconda puella.”
All’esterno del forum una massa di gente , tutta plebea , con striscioni e cartelli a gridare : “ Semo morti di fame, disperati e senza lavoro e voi state a litigà ppe na semplice chiavata. Ridateci libero Cesare , a noi ci serve er pane e no c’importa dei c…sui”
Cesare viene assolto per vox populi, vox dei. Cicero soddisfatto gli sussura : “Fortuna caeca est !” Ma lui non sorride. Sembra triste. Domando a Pitagora : “ Dimmi, mio sommo maestro,perché Cesare è triste ?” e lui di botto , in quattro e quattrotto , che di numeri e matematica s’intende,senza peli sulla lingua, mi risponde con un assunto antico : “Post coitum omne animal triste”.
B & B accusa e accusato tabule rase