Riemergo dal mio semi-letargo digitale. Gli ultimi mesi sono stati molto intensi e hanno, di fatto, cambiato radicalmente la mia vita e quella della mia famiglia. Prima i lavori in casa, poi la corsa per ultimare la Tesi di Dottorato entro la scadenza e, soprattutto, la nascita della mia primogenita Francesca Pia, il 31 gennaio 2011. In questo momento, mentre scrivo per il blog, con la mano sinistra (a fatica) digito sulla tastiera, mentre con la destra la cullo, tentando di farla addormentare: il digitale si interseca con il quotidiano. Lo spunto per questo post mi è venuto leggendo un articolo della sezione Basilicata dell'edizione cartacea del quotidiano "La Gazzetta del Mezzogiorno", di sabato 12 marzo. Il pezzo riporta la presentazione dei risultati dell'indagine"Abitudini e stili di vita degli adolescenti italiani", a cura della "Società Italiana di Pediatria", tenutasi presso l'Istituto Comprensivo "Sinisgalli" di Potenza (il raffronto tra dati nazionali e dati potentini è sul sito dell'Istituto). Lo studio è stato effettuato tra settembre e ottobre 2010, coinvolgendo un campione nazionale di circa 1300 studenti delle scuole medie inferiori, di età compresa tra i 12 e i 14 anni e somministrando loro un questionario durante l'orario scolastico. Tra le sezioni individuate, una è dedicata a "TV, Internet, videogiochi, cellulare". I dati fanno emergere un sostanziale "superamento" dell'utilizzo di Internet, rispetto alla televisione, per tempi inferiori a un'ora e superiori alle tre al giorno; durante i pasti principali e dopo cena la televisione la fa ancora da padrone, mentre di pomeriggio è altissima la percentuale dei ragazzi che usano della Rete. A Potenza, il 71,6% degli intervistati ha dichiarato di avere un profilo su Facebook (la percentuale nazionale si attesta al 67,1); molto alte, in tutta Italia così come nel capoluogo lucano, sono le percentuali legate ai servizi usufruiti online, quali "YouTube", "scaricare e condividere musica, immagini, video", "utilizzare Facebook, Twitter, ecc". E', inoltre, interessante il dato relativo a "cercare informazioni": i potentini si attestano al 72,8%, percentuale superiore alla media nazionale pari al 67,5%. Oltre a considerare questa indagine come un ulteriore ennesimo tassello da inserire nella vasta discussione sulla net generation, con tutte le varianti connesse di millennials, digital natives, ecc. (una buona sintesi è nell'articolo "The 'Net Generation' and the myth of research", segnalato, via Facebook, da Antonio Fini), è apprezzabile l'idea di utilizzare una scuola, alla presenza di insegnanti, genitori e studenti, per la presentazione dei dati di una ricerca di questo tipo, soprattutto per il dibattito che ne è poi scaturito. E' giusto coinvolgere tutti gli attori evitando, però, di cadere nell'errore di lanciarsi in facili generalizzazioni, magari senza aver mai toccato con mano le reali implicazioni della questione. Se da un lato, infatti, la Preside dell'Istituto ha affermato che "non si possono distogliere i ragazzi da Internet, ma guidarli a un uso consapevole e misurato", dall'altro gli interventi di alcuni genitori e dello stesso Dirigente Scolastico evidenziano ancora molte paure, dubbi e incertezze: in buona sostanza prevalgono gli aspetti "negativi", o presunti tali, rispetto agli innumerevoli vantaggi e possibilità, anche e soprattutto in termini educativi, che la Rete offre. La strada da seguire, comunque, è questa. Durante la ricerca di Dottorato, mi sono imbattuto in una forte esigenza, o meglio in un disperato bisogno, da parte dei docenti, di formazione specifica e non solo tecnologica, ma essenzialmente "tecno-pedagogica". Affiancare alle oramai innumerevoli ricerche legate ai ragazzi, al loro punto di vista, al loro "mondo" e alle loro "usanze" anche la "visuale" dei genitori e degli insegnanti, significa andare verso una cultura della condivisione degli obiettivi e delle aspettative di tutte le componenti del "sistema". Gli insegnanti devono essere maggiormente coinvolti, recuperando l'enorme bagaglio di esperienze sul campo da integrare con le potenzialità delle tecnologie di rete. Imporre dall'alto una serie di pratiche educative (si veda la "questione LIM"), una formazione solo tecnologica ("come si usa", "cosa fa", "funzioni e comandi" e così via), organizzare corsi e conferenze con esperti, ecc., sembra essere non più sufficiente. Soprattutto per bocca dei diretti interessati. Una parte cospicua dei docenti da me intervistati conosce i social media, o almeno ne ha sentito parlare. Al contrario, le domande che molti di loro si pongono sono del tipo: Come integro questi tool nella didattica d'aula? Come faccio a migliorare la mia progettazione educativa con l'ausilio delle tecnologie di rete? Cosa posso insegnare attraverso tali strumenti? E' tempo di operare una sorta di "controrivoluzione copernicana". Questo non significa riportare l'insegnante al centro del sistema, ma ripartire proprio da una ridefinizione del ruolo e delle competenze dei docenti per sfruttare tutte le potenzialità educative insite nelle tecnologie di rete. E ora alcune segnalazioni: - l'elenco delle pubblicazioni di Jane Hart, "My guides to using social media", fornisce una serie di spunti interessanti per un utilizzo pratico delle tecnologie digitali e di rete nella didattica; - l'http://formare.erickson.it/wordpress/it/category/2011/n-74-febbraio/, dedicato al microblogging e ad alcune esperienze europee sull'uso didattico dei social network; - un elenco di attività per potenziare le abilità legate alla comprensione e produzione orale e alla produzione scritta in lingua straniera, utilizzando una serie di web tool (dal blog di Ana Maria Menez). Infine, embedo l'ultimo video di Michael Wesch, in cui il ricercatore rielabora e attualizza alcuni dei temi da lui trattati nei suoi precedenti lavori.
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